I mezzi ruotati
Autocannone 102/35 su SPA 9000 C
Origini e sviluppo
La necessità di avere artiglierie più mobili di quanto fosse
consentito dal traino animale era sentita in diverse nazioni
europee. In genere questa necessità era presente per le
artiglierie destinate al contrasto aereo, e sia in
Germania sia in Francia erano stati prodotti pezzi
contraerei dal calibro di 75 mm montati su affusti a
candeliere fissati ad autocarri. In Italia erano in corso di
costituzione 6 batterie su autocannoni da 75 mm di
progettazione congiunta Ansaldo Krupp, tuttavia lo stato
maggiore ravvisava la necessità di avere una mobilità
analoga per cannoni destinati alla specialità pesante
campale.
Nei primi giorni del maggio 1915 l'Ansaldo aveva prodotto 90
cannoni da 102/35 (di progettazione congiunta con la
Schneider e l'Armstrong) destinati all'armamento dei
cacciatorpediniere della Regia Marina. Considerando che
l'approntamento dei mezzi navali avrebbe richiesto ancora un
tempo piuttosto lungo, l'Ansaldo propose al Regio Esercito
di utilizzare 20 di questi cannoni su telaio SPA 9000 in
modo da avere un'elevata capacità di movimento sul campo di
battaglia. La commessa venne accettata dall'esercito, che
l'ampliò, tanto che nel luglio del 1915 erano già ordinati
72 complessi destinati ad armare 18 batterie. Dopo una
serie di prove piuttosto severe, soprattutto per i mezzi
dell'epoca, il mezzo fu ordinato il 7 settembre 1915.
La tecnica
Il complesso fu il primo autocannone di costruzione e
progettazione italiana, la bocca da fuoco era un cannone
navale 102/35 su affusto a candeliere, mentre il veicolo era
un autocarro SPA 9000.
La bocca da fuoco
La bocca da fuoco era il cannone 102/35 di progettazione
Ansaldo-Schneider-Armstrong. La canna era lunga 3.733 mm e
di calibro 101,6 mm. L'otturatore era a cuneo con
azionamento semiautomatico, quindi si poteva avere una
cadenza teorica di 20 colpi al minuto, tuttavia, per
limitare il surriscaldamento della canna, la cadenza di tiro
in caso di fuoco prolungato era limitata a un colpo ogni 4
minuti, limite non sempre rispettato dai gruppi di
artiglieria.
La culla era tubolare ed avvolgeva la canna, sopra la culla
erano posti i cilindri idraulici dei freni di rinculo e dei
recuperatori (tre cilindri).
Il piedistallo dell'affusto era fissato al pianale
dell'autocarro, aveva forma tronco-conica ed era in acciaio
fuso.
I serventi erano protetti da uno scudo in tre sezioni, del
peso di 300 kg, con la sezione centrale curva, che copriva
la parte della culatta del pezzo. Lo scudo aveva una
finestra di puntamento sul lato sinistro, in corrispondenza
dei congegni di elevazione e di brandeggio. Dopo le prime
esperienze di impiego bellico l'elevazione massima fu
portata 34°.
L'autocarro
L'autocarro su cui era sistemato il pezzo era uno SPA
(Società Piemontese Automobili) 9000C. Le varianti al
veicolo standard erano date dalla corazzatura del motore e
del radiatore. Il motore era un monoblocco da 5.670 cm³, 4
cilindri, alimentato a benzina che erogava 35 CV a 1200 rpm.
Il cambio era a 4 velocità e retromarcia, con trasmissione a
catena sulle ruote posteriori gemellate, ed ognuno dei due
semiassi posteriori era mosso da una catena a rulli,
protetta da un carter che impediva a fango e polvere di
venire in contatto con gli organi mobili. Le ruote
posteriori erano doppie affiancate e di diametro maggiore
delle ruote anteriori (unicamente direttrici). Tutte le
ruote erano a razze con anello di gomma piena sul cerchione.
Il sistema frenante agiva sul semiasse delle ruote
posteriori, ed era molto soggetto a malfunzionamenti per
presenza di sporcizia nel dispositivo.
Le prestazioni del complesso, del peso globale di 6900 kg,
quindi superiore al massimo previsto per l'autocarro,
erano di una velocità massima su strada di 20 km/h ed una
velocità di crociera di 16 km/h, pendenza massima superabile
del 15%.
La bocca da fuoco era sistemata sul pianale posteriore, che
fungeva anche da pavimento per i serventi quando manovravano
il pezzo.
Quando il cannone era in batteria, venivano applicati alla
parte posteriore due puntelli in acciaio, uniti a due
forcelle dell'autotelaio e terminanti con due vomeri che
venivano interrati. Inoltre sotto al pianale veniva
abbassato un telaio rigido per impedire che il peso del
pezzo gravasse sulle balestre. I puntelli ed i vomeri erano
trasportati dagli autocarri di scorta, quindi i tempi di
messa in batteria del complesso erano notevolmente lunghi.
Per questo motivo furono inizialmente fissate all'autocarro
due code di legno, fornite di vomere leggero, che, nel corso
della marcia, erano ribaltate sul telaio del veicolo. Le
code, provate il 1º dicembre 1917 per i tiri contro un
riflettore in caverna, dimostrarono la loro efficacia. Il
pezzo si dimostrò anche più stabile della configurazione
normale quando sparava con la seconda carica.
Il sistema d'arma
Fin dalla progettazione fu chiaro che l'autocannone aveva
bisogno operativamente di un certo numero di veicoli di
supporto, quindi il semplice complesso autocarro-cannone si
trasformò in un sistema d'arma complesso (per i tempi in cui
operò). I principali veicoli di questo sistema, a parte l'autocannone,
avevano i compiti di trasporto personale, trasporto
munizioni e supporto tecnico-logistico. I veicoli erano
distribuiti a livello gruppo o a livello batteria.
Batteria
La batteria, su quattro autocannoni, aveva anche
quattro veicoli "autoscorta", destinati al trasporto dei
serventi dei pezzi, che erano SPA 9000C, con il motore ed il
radiatore protetti come quelli dell'autocannone, ma con il
cassone adattato al trasporto degli 8 serventi, dei puntelli
e dei vomeri. Inoltre su ogni veicolo erano trasportati 8
cofani per munizioni, contenenti ciascuno 9 proietti e 9
cariche di lancio quattro autocarri munizioni, che erano SPA
8000 in grado di trasportate 12 cofani per munizioni
analoghi a quelli portati dal veicolo scorta (quindi un
totale di 108 colpi). La batteria era formata anche da:
quattro autocarri porta bagaglio, modello SPA 8000, che non avevano protezione al radiatore ed al motore (in quanto non era previsto l'impiego sulla linea pezzi) ed erano forniti di tettuccio a mantice per proteggere il conducente. Il cassone poteva trasportare 12 artiglieri e poteva essere protetto da un telo impermeabile;
un veicolo officina mobile, su autocarri SPA 9000C, con il cassone furgonato con carrozzeria metallica, privi di blindatura anteriore. Gli attrezzi da officina (tornio e trapano a colonna) erano messi in funzione direttamente dal motore dell'autoveicolo tramite sistemi di cinghie e pulegge;
un autocarro comando modello Lancia 1Z, con centrale telefonica;
un autocarro osservatorio, modello Lancia 1Z con scala;
una autovettura per ufficiali, modello Isotta Fraschini OC5 o TM 70/80 per il comandante di batteria;
due moto per ufficiali di collegamento, con sidecar prodotti dalla ditta Frera;
due moto per staffette della ditta Frera.
Gruppo
Il gruppo era su un reparto comando e tre o quattro
batterie, il comando di gruppo aveva a disposizione:
una autovettura per ufficiali
un autocarro osservatorio
due autocarri porta bagaglio
due moto per ufficiali di collegamento
due moto per staffette
due biciclette
per ovvi motivi di standardizzazione i veicoli del comando
di gruppo erano uguali ai veicoli corrispondenti delle
batterie.
Le caratteristiche tattiche
Il cannone era stato progettato per l'uso navale, quindi la
balistica interna era ottimizzata per avere grande gittata e
traiettoria molto tesa, tuttavia quest'ultima
caratteristica non era ottimale per l'impiego su terreno
montagnoso, in quanto i bersagli defilati in molti casi
sarebbero stati battuti con più efficacia da un obice.
Inoltre la carica di lancio, molto potente per il calibro
del cannone, studiata appunto per poter impegnare
imbarcazioni nemiche alla massima distanza, provocava un
rapido surriscaldamento della canna, con conseguente
riduzione delle caratteristiche balistiche del pezzo per
l'aumento del vento e, proseguendo nell'uso dell'arma,
ad una rapida usura della bocca da fuoco.
Ulteriori difetti erano legati al concetto stesso dell'arma,
che, avendo un'altezza notevole rispetto al suolo, era
difficilmente occultabile e poco stabile sia in marcia sia
in batteria a causa del baricentro elevato. I tempi di messa
in batteria fra l'altro si rivelarono fin dall'inizio
piuttosto lunghi, e, la necessità di trasportare i vomeri ed
i serventi sul veicolo "autoscorta" limitò la mobilità
dell'intera linea pezzi delle batterie.
Modalità di impiego
Le modalità di impiego dei pezzi prevedevano che fossero
usati per batteria (non per gruppo) e che fossero alle
dipendenze dirette dei comandi superiori (di armata o di
corpo d'armata) utilizzati in difesa come rincalzo
all'artiglieria campale o per essere riunite (utilizzati per
gruppo) per realizzare un intervento rapido in supporto
dell'azione di attacco.
L'impiego
La richiesta delle armi proseguì fino al settembre 1916,
quando lo Stato Maggiore riconobbe che gli svantaggi legati
al sistema d'arma non compensavano il vantaggio di avere
un'unica piattaforma per il veicolo ed il pezzo
d'artiglieria. La produzione proseguì quindi solo fino
all'ottobre 1917 per un totale di 135 autocannoni. Il costo
del sistema d'arma fu presumibilmente uno dei fattori che ne
determinarono la dismissione, considerando che una batteria
costava più di due milioni di lire dell'epoca, contro un
bilancio del Regno d'Italia nel 1914 ammontante ad un totale
di tre miliardi di lire.
Dall'aprile 1916 alla fine della prima guerra mondiale, i
gruppi su 102/35-SPA 9000 operarono in tutte le battaglie
sul fronte italiano. Naturalmente i criteri di impiego
prevedevano uno staziona-mento relativamente arretrato e
disperso, per poi convergere rapidamente in rincalzo alle
artiglierie campali già schierate per aumentarne la relativa
potenza di fuoco. In sostanza i criteri di impiego erano
quelli dell'artiglieria campale (controllata dalle
divisioni), mentre la posizione gerarchica era alle
dipendenze dirette delle armate. Nel corso della guerra
furono costituiti sette gruppi armati con questo mezzo: uno,
perso nella ritirata da Caporetto, venne successivamente
ricostituito.
I primi gruppi, costituiti nell'aprile del 1916, furono il I
Gruppo e il IV Gruppo, che giunsero in zona di guerra a metà
maggio, e furono immediatamente schierati in posizione
difensiva per fermare la Strafexpedition.
Nel corso della sesta battaglia dell'Isonzo (agosto 1916) le
batterie, schierate inizialmente a nord-ovest di Monfalcone
per ingannare il nemico sulla direzione dell'attacco, furono
rapidamente spostate a cavallo della ferrovia
Gorizia-Cormons, dove cooperarono all'avanzata delle
fanterie. In particolare il I Gruppo partecipò all'attacco
su Monte Cauriol, dove sorprese il nemico con una marcia
notturna di 130 km.
Il II, III e VI Gruppo, riuniti nella zona di Gorizia,
parteciparono alla decima battaglia dell'Isonzo
(maggio-giugno 1917).
Tutti i gruppi da 102/35-SPA 900 parteciparono
all'undicesima battaglia dell'Isonzo (agosto-settembre
1917), con il VI Gruppo che operò al di là del fiume in
appoggio diretto alle fanterie che avanzavano. Terminata la
battaglia il IV, V, e VI Gruppo restarono a disposizione
della 1ª e della 6ª Armata sul fronte dell'Isonzo.
Gli autocannoni parteciparono anche alla battaglia di
Caporetto ed alla successiva ritirata sul Tagliamento e
successivamente sul Piave. Il IV Gruppo, schierato nella
stretta di Selisce, fu costretto a ritirarsi fin dalla
mattina del 24 ottobre 1917, perdendo un autocannone,
immobilizzato dall'artiglieria nemica. Il V ed il VI
Gruppo si ritirarono nelle ore successive del 24 ottobre ed
il giorno seguente, dopo aver impegnato (nei limiti delle
possibilità di tiro dei pezzi) le fanterie austro-tedesche.
All'atto dell'attacco il II ed il III Gruppo furono
richiamati dal fronte del Trentino su cui erano schierati.
Entrambi parteciparono al fallito tentativo di blocco
dell'avanzata nemica sulla linea degli sbocchi. Nel corso
del ripiegamento sul Tagliamento dei due gruppi il II Gruppo
fu rallentato dai blocchi stradali, tanto che arrivò a
Codroipo quando la città era già stata occupata dalle forze
tedesche, cosicché fu costretto a rendere inservibile il
materiale, mentre il personale riuscì (almeno in parte) ad
attraversare il fiume.[18] Il I Gruppo, che si trovava a
Padova per la revisione dei motori degli automezzi, fu
inviato d'urgenza sul Tagliamento per difendere la riva
destra, ripiegando successivamente sul Piave insieme agli
altri gruppi.
Le batterie efficienti furono schierate a copertura di
Treviso sulla riva sinistra del Piave, da cui furono
successivamente ritirate partecipando alla difesa della
linea del Piave e del Monte Grappa.
Nella primavera del 1918 i gruppi furono riuniti in una
nuova unità, il 23º Raggruppamento pesante campale, che
comprendeva oltre ai gruppi su autocannoni, anche il VII
Gruppo, su tre batterie da 75 mm Déport autoportate e due
gruppi (XXXIV e XXXVI) di obici 149/35 Mod. 1901, ogni
gruppo era su tre batterie di quattro pezzi ciascuna. La
creazione del raggruppamento significò una variazione dei
criteri di impiego dei pezzi, dato che il raggruppamento
dipendeva direttamente dal Comando Supremo, ed in tal modo i
gruppi erano sottratti al controllo delle armate, per poter
essere utilizzati eventualmente a massa.
Nel corso della battaglia del solstizio i gruppi
parteciparono attivamente al tiro di controbatteria e
contropreparazione, il V Gruppo, esposto direttamente
all'offensiva nemica che aveva superato il Piave, fu
costretto a ritirarsi. I Gruppi IV, V e VI furono
successivamente (23 giugno) spostati sul fronte del Grappa,
dove ripresero l'azione di fuoco il 24 giugno, dopo solo 19
ore di interruzione.
Nella battaglia di sfondamento i gruppi operarono nuovamente
sotto il controllo operativo delle armate (3ª Armata: I, IV,
V e VI Gruppo; 8ª Armata: II e III Gruppo). Il V ed il VI
Gruppo alla vigilia dell'offensiva furono spostati su
posizioni avanzate, da cui protessero la fanteria attaccante
anche nel corso della crisi dell'attraversamento del Piave
da parte dell'artiglieria campale. Il 31 ottobre fu
ordinato ai gruppi di attraversare il Piave per partecipare
all'inseguimento del nemico. Il raggruppamento fu assegnato
ad operare con le tre divisioni di cavalleria che avanzavano
verso il Tagliamento, in questo modo, per la prima volta, il
raggruppamento agiva come unità organica in una situazione
di guerra mobile, tuttavia, dopo solo tre giorni, la tregua
con l'Austria del 4 novembre fermava le batterie sulla linea
del Tagliamento.
Dopo la fine della prima guerra mondiale le autobatterie
furono tutte radiate, ed i pezzi furono probabilmente
restituiti alla Regia Marina. Comunque il pezzo da
102/35 venne riutilizzato nel corso della seconda guerra
mondiale in sette esemplari montati su autocarri Fiat 634N,
utilizzati in Africa Settentrionale come batteria mobile
inquadrata in unità della MILMART al seguito della Divisione
corazzata "Ariete".
Munizionamento del 102/35 nella versione terrestre:
granata mod. Ansaldo (13,350 kg) caricata ad alto esplosivo
shrapnel-granata mod. Pancani (14.650 kg) (sviluppato nel 1917)
granata inerte (per esercitazione)
Specifiche tecniche Autocannone da 102/35 su SPA 9000 C |
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Dimensioni |
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Peso totale, pronto per la battaglia |
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Equipaggio |
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Propulsione |
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Potenza del motore |
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Velocità (su strada) |
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Armamento |
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Armatura |
Fonti
Wikipedia
FIlippo Cappellano, Batterie Volanti - Autocannoni e artiglierie portate italiane (1915-1943), Storia Militare Dossier N° 13, marzo-aprile 2014