I mezzi ruotati

 

Autoblindo Fiat SPA AB 40

 

 

 

 

 

 

Origini e sviluppo

 

Lo sviluppo dell'autoblinda ebbe inizio nel 1938 quando FIAT e Ansaldo collaborarono per rispondere a due richieste del Regio Esercito di nuove autoblinde: la prima necessità era quella di sostituire le vecchie autoblindo Lancia 1ZM la FIAT-Terni-Tripoli e FIAT 611 in servizio mentre la seconda richiesta era quella di avere un mezzo per la Cavalleria che doveva sostituire la Lancia 1ZM in servizio presso la Polizia dell'Africa Italiana o PAI.


Sviluppo dell'AB40


Il Comando Supremo del Regio Esercito Italiano considerava le autoblindo fondamentali per la propria dottrina di guerra moderna, in primo luogo nel ruolo di ricognizione a lungo raggio e, in secondo luogo, per compiti di supporto alla fanteria. Il Regio Esercito fu uno dei primi a testare le autoblinde già nel 1912. Successivamente, durante la prima guerra mondiale, gli italiani rimasero positivamente colpiti dalle capacità delle autoblinde Lancia e FIAT. A metà degli anni '30, il Regio Esercito si accorse che le autoblindo Lancia 1ZM e FIAT-Terni-Tripoli prodotte durante la primo conflitto mondiale, pur essendo ancora moderatamente efficaci nel ruolo di supporto alla fanteria, erano ormai scarsamente armate, scarsamente protette e con caratteristiche di guida fuoristrada inferiori alla media. Nel 1932 venne prodotta la FIAT 611, si trattava di un camion blindato basato sul telaio FIAT 611C con una velocità di 28 km/h e un'autonomia di 180 km, ma questa bassa velocità e il corto raggio non impressionarono l'Alto Comando e ne furono prodotti meno di 50. Nel 1937 dieci Lancia 1ZM furono inviate in aiuto dei Nazionalisti nella Guerra Civile Spagnola, dove era chiaro che, pur essendo ancora efficienti come veicoli di supporto, non potevano più svolgere attività di ricognizione. Alla fine del 1937, il Regio Esercito decise di emettere un ordine per lo sviluppo di una nuova autoblindata per la ricognizione a lungo raggio. Negli anni '30 la PAI, il corpo di polizia preposto alla sicurezza delle colonie italiane, utilizzava ancora le vecchie Lancia 1ZM, poco adatte all'uso nel deserto, e improvvisava anche autocarri blindati per fronteggiare i gruppi anticolonialisti in Libia ed Etiopia. Nel 1935-1936 la PAI testò alcuni carri armati leggeri, ma non furono apprezzati per la loro gittata corta, ritenuta inadatta ai compiti richiesti. Nel 1937, di propria iniziativa, il comando della PAI richiese alle aziende italiane lo sviluppo di un prototipo di autoblindo per la ricognizione a lungo raggio.

Prototipo


FIAT e Ansaldo collaborarono al progetto, decidendo di unire le due richieste e di produrre un unico veicolo che rispondesse alle esigenze della PAI e del Regio Esercito e così nacque il progetto dell'AB40. Un primo modello in legno dell'autoblindo fu presentato agli ufficiali dell'esercito durante la visita allo stabilimento Ansaldo di Genova l'11 aprile 1938. Il modello era molto simile al veicolo finale, con quattro ruote motrici, 4 ruote sterzanti con sospensioni indipendenti, motore a benzina, armamento composto da tre mitragliatrici da 8 mm e 4 membri dell'equipaggio. Dopo la produzione del modello in legno, furono costruiti due prototipi dell'autoblindata, allora chiamata Autoblindomitragliatrice. Non si riesce a trovare una data precisa per la costruzione del primo prototipo, ma le foto disponibili sono datate 5 maggio 1939 e il prototipo venne immatricolato come Autoblinda RE. La configurazione della corazzatura anteriore su questo primo prototipo e sul prototipo dell'autoblindata destinata alla PAI, inizialmente targata "Polizia Coloniale 0021", sarebbe quella mantenuta sul modello definitivo. Tuttavia i fari non erano ancora nelle carenature interne alla sovrastruttura e gli sportelli di manutenzione sul cofano motore erano privi di prese d'aria. La presentazione ufficiale dei due prototipi di autoblindo per la polizia coloniale e per  l'esercito avvenne il 15 maggio 1939, in occasione dell'inaugurazione dello stabilimento FIAT Mirafiori di Torino e successivamente mostrati per la prima volta a Mussolini, allo Stato Maggiore dell'Esercito e ai comandanti della PAI. I due veicoli differivano in alcuni dettagli. La versione della polizia coloniale era dotata di un grande faro fissato sul tetto della torretta e aveva un'antenna radio verticale fissata sulla parte anteriore destra della sovrastruttura, una sirena sulla parte posteriore dello scafo e una piastra corazzata che copriva le ruote di scorta. La versione destinata all'esercito, provvisoriamente reimmatricolata come "Test TO.64", si distingueva per l'inclinazione della corazzatura nella parte anteriore della sovrastruttura e per il fatto che le ruote di scorta non erano protette. Rispetto al prototipo individuato nelle foto del 5 maggio 1939, durante il collaudo del maggio/giugno 1939, il prototipo del Regio Esercito aveva le prese d'aria sul ponte motore. Su entrambi i veicoli tutti i fari erano dotati di corazza. Si ignora se il prototipo del 5 maggio 1939 e quello targato "Test TO.64" siano lo stesso veicolo, ma gli archivi FIAT di Torino non menzionano la produzione di altri prototipi. Il primo prototipo della versione destinata all'esercito targato "Test TO.64", venne inviato al Centro Studi della Motorizzazione di Roma nel giugno 1939 per essere sottoposto a prove di valutazione. Il veicolo partecipò poi alle manovre dell'agosto 1939 in Piemonte e in seguito ricevette la targa posteriore "RE 3" su targa triangolare. Al termine dei test, gli ingegneri del Centro Studi sulla Motorizzazione suggerirono alcune modifiche e miglioramenti, in particolare per semplificare la forma dei parafanghi e incorporare i fari anteriori nella piastra anteriore della sovrastruttura per evitare che limitassero la visibilità sulla strada. I lati della parte anteriore della sovrastruttura furono modificati, riprendendo l'esempio della prima versione del prototipo per facilitarne la costruzione. Furono condotti tests sul prototipo destinato alla PAI, reimmatricolato "Polizia Coloniale 0501". Il veicolo, inviato in Africa Orientale Italiana e sbarcò a Massaua, in Eritrea, il 3 giugno 1939. Da lì partì per un giro di prova di 13.000 km prima di ritornare a Massaua il 12 settembre. Nonostante le difficili condizioni meteorologiche, l'autoblindata fu considerata un successo. Fu poi rispedito in Italia accompagnato da una relazione favorevole contenente alcune proposte di modifica: aggiunta di un supporto per mitragliatrice antiaerea sulla torretta, sostituzione dell'enorme faro fisso sulla torretta con uno più piccolo e manovrabile dal comandante, installazione di un sistema che permetteva il ripiegamento dell'antenna radio sul lato destro della sovrastruttura e rimozione della protezione della ruota di scorta. Dopo aver ricevuto questi miglioramenti, il prototipo, denominato AB6, fu inviato al centro di formazione PAI di Tivoli. Nell'estate del 1940 venne reimmatricolato come "Polizia Africa Italiana 0501" e poi inviato in Libia. I tests dimostrarono che il veicolo aveva ottime caratteristiche di guida fuoristrada e una corazzatura più che adeguata al ruolo a cui era destinato. Tuttavia furono apportate alcune modifiche per velocizzare la produzione ed eliminare alcuni difetti. I tests dimostrarono che l'armamento, composto da tre mitragliatrici medie, non era adatto al supporto della fanteria, ma l'imminente entrata in guerra e la necessità di nuovi veicoli costrinsero comunque la produzione ad avviarsi, mentre i tecnici FIAT e Ansaldo svilupparono una nuova versione. Lo spessore della corazza si rivelò più che adeguato per difendere l'equipaggio dal fuoco della fanteria e lo scafo si rivelò molto versatile ed adeguato alle esigenze. I progettisti tentarono di modificare la torretta per montare un armamento principale più potente. Il 18 marzo 1940 la denominazione venne cambiata e il veicolo ricevette il nome Autoblindo Mod. 1940 o AB40. Fu prodotto un ultimo prototipo dell'AB40, targato "RE 116B". Si distingueva dai veicoli precedenti per l'assenza di un faro sulla torretta, l'eliminazione delle due prese d'aria posteriori sulla torretta, l'adozione di nuovi cerchi ruota e l'aggiunta di un faro Notek sulla parte anteriore della sovrastruttura. Sul modello standard dell'AB40 non erano montati l'attacco per il cannone antiaereo ed il faro Notek, i parafanghi anteriori furono accorciati mentre sul parafango anteriore destro fu aggiunto un secondo clacson. La produzione in serie iniziò nel gennaio 1941 e le prime 5 pre serie AB40, immatricolate da 117B a 121B, furono completate nel marzo dello stesso anno. Nel luglio 1941 furono consegnate 17 autoblinde e altri 80 telai aspettavano di essere dotati di torrette.

Progetto


Le specifiche più importanti per i progettisti erano le caratteristiche di guida fuoristrada. Il veicolo fu costruito partendo dal telaio del trattore d'artiglieria TM40, un veicolo con quattro enormi ruote adibito al traino di pezzi d'artiglieria medi, in sviluppo dal 1938 ed entrato in servizio solo nel 1942. Uno dei maggiori problemi con le precedenti auto blindate era il tempo necessario per disimpegnarsi da uno scontro a fuoco. Per ritirarsi, questi vecchi mezzi blindati dovevano compiere manovre complesse e lente, spesso impraticabili nelle strette vie dei villaggi africani. Il problema è stato risolto aggiungendo un'altra postazione di guida sul lato destro della parte posteriore dell'abitacolo della nuova autoblindata. Il sistema di sterzo fu modificato, consentendo sia al conducente anteriore che a quello posteriore di sterzare con tutte e quattro le ruote.

Motore e sospensioni


Il veicolo era alimentato da un motore a benzina FIAT SPA ABM 1 a 6 cilindri in linea raffreddato ad acqua da 78 CV. Era posizionato nella parte posteriore dello scafo, con un carburatore Zenith tipo 42 TVP alloggiato nella parte posteriore del vano motore. Il motore fu progettato dalla FIAT e prodotto dalla sua controllata SPA di Torino. L'AB40 aveva una velocità su strada di 80 km/h, mentre l'autonomia era di circa 400 km. C'erano tre serbatoi di carburante. Il principale, da 118 litri, era posto tra il pavimento del vano equipaggio e la piastra corazzata inferiore, il secondario da 57 litri era posto davanti al conducente mentre quello di riserva da 20 litri era montato sotto la mitragliatrice posteriore. Il totale era di 195 litri. Il veicolo aveva quattro ruote motrici e tutte le ruote sterzanti con ammortizzatori indipendenti su ciascuna ruota, che davano un'eccellente mobilità fuoristrada alle auto blindate. Inoltre, le ruote di scorta, poste ai lati dello scafo, venivano lasciate libere di ruotare per aiutare il veicolo a superare gli ostacoli.

Scafo e armatura


L'armatura dell'intero scafo e della sovrastruttura era costituita da piastre imbullonate di 9 mm di spessore. La torretta era costituita anche da piastre spesse 9 mm sulla parte anteriore, sui lati e sul retro. Anche i parafanghi delle ruote erano blindati per impedire al fuoco nemico di perforare i pneumatici. Il fondo aveva una protezione di 8 mm mentre lo scafo e il tetto della torretta ricevevano piastre da 6 mm. In generale, per i compiti che l'autoblindata leggera doveva svolgere, la corazzatura era più che adeguata, proteggendo l'equipaggio dalle armi e dalle schegge della fanteria nemica. Lo scafo dell'autoblindo aveva una struttura interna su cui erano imbullonate le piastre. Nella parte posteriore della sovrastruttura erano presenti le due porte di accesso blindate, divise in due parti apribili separatamente. La parte superiore aveva una fessura per utilizzare le armi personali dell'equipaggio per la difesa ravvicinata. A destra il clacson era posto anteriormente, il piccone era posto sul lato destro e il tubo di scarico era posto sul parafango posteriore. Le due ruote di scorta erano collocate in due carenature ai lati della sovrastruttura. Nella versione "Ferroviaria" il supporto nella carenatura fu modificato per consentire di fissare due ruote su ciascun lato anziché una. Sopra il vano motore c'erano due prese d'aria e due portelli per la manutenzione del motore. Sul retro si trovavano la griglia di raffreddamento e le due luci posteriori.

Sistema radiofonico


Non si sa molto del sistema radio della pre serie AB40, tranne che non era lo stesso sistema dell'AB standard, poiché l'antenna era montata sul lato destro del veicolo. Sui veicoli di serie, sulla parete sinistra della sovrastruttura, al centro, era posizionato il sistema radio modello RF3M prodotto da Magneti Marelli. Dopo il marzo 1941 venne installato su tutti i veicoli della serie AB. Consisteva in un trasmettitore e un ricevitore posti uno sopra l'altro. Sotto di essi, sul pavimento, era posizionata l'alimentazione elettrica, mentre le batterie erano collocate nel doppio fondo del pavimento, vicino al serbatoio principale del carburante. C'erano due paia di cuffie e microfoni, uno utilizzabile dal conducente anteriore e il secondo dal mitragliere posteriore. A sinistra era posizionata l'antenna, che poggiava su un supporto a "V" saldato nella parte posteriore della sovrastruttura. L'antenna montata potrebbe essere abbassata per essere orizzontale. Quando sollevato era alto 3 m, ma poteva raggiungere i 7 m in piena estensione, con un'autonomia massima di 60 km. Infatti per poter aprire la parte superiore della porta sinistra è stato necessario alzare di qualche grado l'antenna.

Interno


Nella parte anteriore dell'autoblindo, il conducente anteriore aveva, oltre alla feritoia e all'iposcopio per la guida, il volante, il cruscotto e, davanti al volante, il serbatoio del carburante da 57 litri e il serbatoio del liquido dei freni. Alla sua sinistra c'era la leva del cambio a 6 marce, il freno a mano, il pannello dell'interfono e la leva di comando che, una volta abbassata, permetteva al conducente posteriore di prendere il controllo del veicolo. A destra, in alto, c'era una manovella che permetteva di alzare o abbassare l'antenna radio e una scatola con un iposcopio di riserva. Lo schienale del conducente poteva essere abbassato per consentirgli di accedere alla sua posizione. Sui due lati, sopra le carenature delle ruote, c'erano due fari con le porte blindate che venivano alzate e abbassate dal pilota con una leva. Dietro il posto di guida, nella torretta, c'era la posizione del comandante/artigliere del veicolo. Non c'era il cestello della torretta, ma c'era un supporto con pedali che sparava con le mitragliatrici. Ai lati dello scafo si trovavano le rastrelliere per le munizioni che occupavano gran parte dello spazio libero. Sul pavimento, a destra, c'era un grande contenitore che conteneva canne di mitragliatrice e attrezzature. Dietro le scaffalature c'era spazio sufficiente per un paio di piccoli contenitori per l'attrezzatura e un estintore sul lato sinistro. Nella parte posteriore c'erano l'autista posteriore a sinistra e il mitragliere a destra. I loro sedili erano pieghevoli e il volante era fissato con una vite a farfalla ed era facilmente rimovibile, per facilitare l'accesso e l'uscita dell'equipaggio. Tra i due sedili si trovavano il cruscotto, la leva del cambio a quattro marce, il freno a mano e la leva di controllo della direzione. Il pannello dell'interfono era tra la fessura visiva e il supporto della palla della mitragliatrice. Tra i due membri dell'equipaggio e il vano motore non c'era una paratia corazzata, ma due serbatoi. A destra c'era il serbatoio del carburante da 57 litri e, a destra, quello per gli impianti di raffreddamento del motore ad acqua. Il problema della mancanza di paratia non fu mai risolto e il rischio di incendio fu sempre molto alto. Sotto il mitragliere si trovava la batteria del veicolo e a destra della mitragliatrice c'erano le cuffie e il radiomicrofono. Nella parte posteriore del veicolo si trovava il vano motore, di non facile accesso per la manutenzione perché dotato di sole due porte di accesso. Dietro il motore c'era il radiatore e il serbatoio dell'olio.

Torretta


La torretta dell'AB40 si chiamava Mod. 1940, fu sviluppata e prodotta dall'Ansaldo e fu la stessa utilizzata sul prototipo L6/40, denominato M6T. La torretta monoposto era ottagonale, con un portello sul tetto per il comandante/artigliere del veicolo. Sulle fiancate, la torretta era dotata di tre feritoie laterali e di una posteriore e di due prese d'aria per evitare il rischio di intossicazione dell'equipaggio, in quanto il veicolo non disponeva di ventilatori né di estrattori di fumo. Sul tetto accanto al portello si trovava il periscopio del comandante del carro armato, che permetteva la visione del campo di battaglia e poteva ruotare di 360°.

Armamento


L'armamento era composto da tre mitragliatrici Breda Mod. 38 calibro 8 mm. Questi avevano 24 caricatori rotondi ricurvi posizionati sulla parte superiore. Questa mitragliatrice è stata derivata dalla mitragliatrice Breda Mod. 37 media da fanteria. L'elevazione massima delle mitragliatrici in torretta era di +18°, mentre l'abbassamento massimo era di -9°. La terza mitragliatrice era posizionata sul lato destro del veicolo, orientata all'indietro, e posizionata su un supporto a sfera. La mitragliatrice posteriore poteva essere smontata e montata su un supporto antiaereo, lo stesso utilizzato sui carri armati della serie "M", sul tetto della torretta. Dalle fotografie si vede però che solo le autoblindo pre serie ricevettero l'attacco antiaereo.

Munizioni


In totale, c'erano 2.040 colpi di munizioni RB Breda 8x59 caricati in 85 caricatori per mitragliatrice conservati in rastrelliere di legno verniciate di bianco. 45 erano immagazzinati sul lato destro dello scafo e 40 su quello sinistro. Per la mitragliatrice erano disponibili i proiettili M.39, anche se raramente utilizzati. Il proiettile pesava 12 grammi e, con una velocità iniziale di 780 m/s, poteva penetrare una piastra da 16 mm a 90° ad una distanza di 100 m. Le munizioni standard con la stessa velocità della volata penetravano 11 mm a 100 m. Questo armamento non era l'ideale, soprattutto perché i caricatori trasportavano solo 24 colpi, il che non consentiva di continuare il fuoco di soppressione.

Pneumatici


I pneumatici utilizzati sull'AB40 furono prodotti dallo stabilimento Pirelli di Milano, come quasi tutti i pneumatici delle vetture italiane. Pirelli produsse diversi pneumatici per i cerchi da 60 cm utilizzati sui mezzi da trasporto TM40 e anche sui blindati della serie AB. Furono utilizzati tre tipi di pneumatici: nel teatro africano furono usati utilizzati pneumatici "Libia" da 25 x 60 cm; per l'utilizzo in Europa, come l'Italia e i Balcani, furono utilizzati pneumatici "Artiglio" da 22,8 x 60 cm.; il terzo tipo venne utilizzato sulla versione "Ferroviaria", le ruote utilizzate erano quelle del treno modificate dalla FIAT per adattarle al cerchio AB40.

Prototipo PAI AB40


Il prototipo PAI, di cui esistono diverse fotografie, era diverso dall'AB40 standard. I cerchioni erano più elaborati e per velocizzare la produzione, queste furono sostituite da un modello a sei razze più resistente. La fessura per le armi personali sulla porta laterale non era installata, al suo posto c'era solo una fessura meno sofisticata utilizzata per lo stesso ruolo. Un altro dettaglio evidente era l'antenna radio montata sul lato sinistro. Sull'AB40 e sui successivi ibridi AB40/41, l'antenna era montata sul lato destro. Il sistema radio del prototipo è ignoto. La torretta aveva quattro prese d'aria ma nessuna feritoia e, come sui prototipi, sul tetto della torretta era montato un faro fisso. Sul lato destro, vicino alla porta, era fissato il cric che sui modelli standard veniva trasportato all'interno del capiente box sul lato destro del veicolo. I parafanghi erano più lunghi e più grandi per proteggere le ruote dal fuoco nemico. Tuttavia, spesso, durante la guida fuoristrada, i parafanghi urtavano ostacoli e si piegavano e in alcuni casi, la parte piegata tagliava il pneumatico. I registri dell'Ufficio Autonomo Approvvigionamenti Automobilistici Regio Esercito, che elencano i veicoli prodotti con relativa immatricolazione, numero di telaio e numero di motore, menzionano la versione AB40 come veicolo ancora prodotto nel 1941 e all'inizio del 1942. Secondo questi registri le autoblindo immatricolate dal 116B al 551B sarebbero AB40, ovvero 435 unità prodotte.

Impiego

 

Nel 1936, dopo una riorganizzazione del Corpo di Polizia operante in territorio libico, fu creato il Corpo di Polizia Coloniale, per presidiare il governatorato italiano in Etiopia e le colonie dell'Africa Orientale Italiana. Il nuovo corpo era sotto il comando del Ministero italiano delle Colonie, poi ribattezzato Ministero dell'Africa Italiana. Questo è stato il primo caso in Italia in cui una forza armata era alle dipendenze di un ministero civile. Creato dal Regio Decreto n. 1211 del 10 giugno 1937, i suoi gradi ed i suoi compiti erano ben definiti. Doveva essere un corpo civile militarmente organizzato, facente parte delle forze armate dello Stato, con funzioni di polizia politica, polizia giudiziaria e polizia amministrativa. Il Corpo di Polizia Coloniale (cambiò denominazione il 15 maggio 1939) aveva una forza organica di 6.344 soldati composta da 87 ufficiali, 368 sottufficiali, 1.475 agenti di polizia italiani, 4.064 agenti di polizia eritrei e 350 agenti di polizia somali. All'inizio della guerra erano presenti anche un totale di 735 agenti di polizia libici. I soldati africani erano chiamati acari di Polizia. Il comando dell'unità era a Roma, la scuola della Polizia dell'Africa Italiana era a Tivoli, l'Ispettorato per l'Africa Orientale era ad Addis Abeba, in Etiopia, e l'Ispettorato per la Libia era a Tripoli. Nella Caserma Pantanella in Via Degli Orti a Tivoli furono creati complessivamente 61 battaglioni che furono poi assegnati a 6 basi ad Addis Abeba, Asmara, Bengasi, Gondar, Mogadiscio e Tripoli e a 5 unità speciali, come lo Squadrone Azzurro con 11 agenti di polizia italiani e 11 agenti di polizia somali che avevano il compito di scortare il governatore della Somalia. La Scuola della Polizia dell'Africa Italiana fu inaugurata a Tivoli il 1° dicembre 1937 e acquistò presto grande prestigio negli ambienti militari internazionali. Ai futuri ufficiali veniva richiesto di conoscere almeno due lingue straniere, tra cui l'amarico quale lingua etiope più comune, l'arabo, l'inglese, il francese, il tedesco, il somalo e il tigrino, parlato principalmente in Eritrea ed Etiopia. Il primo battaglione uscito dalla scuola fu inviato in Somalia e fu ribattezzato 1° Battaglione "Antonio Cecchi" del famoso esploratore ucciso il 26 novembre 1896 in Somalia da membri di tribù locali. Dopo il primo battaglione se ne formarono altri sei, tutti intitolati a famosi pionieri italiani in Africa:

  • 2° Battaglione "Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi"

  • 3° Battaglione "Giuseppe Giulietti"

  • 4° Battaglione "Eugenio Ruspoli"

  • 5° Battaglione "Gaetano Casati"

  • 6° Battaglione "Vittorio Bottego"

  • 7° Battaglione "Romolo Gessi"

Dopo la sconfitta delle truppe italiane nell'Africa Orientale Italiana, in Eritrea gli agenti di polizia della Polizia dell'Africa Italiana furono ricostituiti nel il Corpo dei Carabinieri Reali dell'Eritrea sotto il controllo britannico. La Questura di Asmara, capitale dell'Eritrea, fu affidata alla Polizia Africana Italiana, trasformata nel Gruppo Autonomo Guardie di Pubblica Sicurezza dell'Eritrea. Rimasero sul posto oltre un centinaio tra ufficiali, sottufficiali e guardie, tra cui numerosi ascari di Polizia, che lottarono contro il banditismo diffuso nell'ormai ex colonia. Solo il 15 settembre 1952 il Corpo venne sciolto.

Non appena ricevuto l'ordine di produzione, la FIAT iniziò a costruire le catene di montaggio e a produrre le nuove autoblindo. 5 veicoli di pre serie furono ultimati nel marzo 1941 e furono consegnati al Centro Addestramento Veicoli Corazzati di Pinerolo per l'addestramento degli equipaggi. Un altro numero imprecisato di veicoli pre serie, leggermente modificati con l'aggiunta di un faro sul tetto della torretta, furono inviati al Centro Addestramento della Polizia Italo Africana a Roma. A causa dell'entrata in guerra, la PAI non ricevette molti AB, che andarono invece all'esercito. Quando iniziò la campagna d'Africa, il 13 settembre 1940, la PAI appoggiò con compagnie di motociclisti la 132ª Divisione Corazzata "Ariete" del Regio Esercito. Nel 1941, tutte le autoblindo di sua proprietà, 60 AB40 e AB41, furono utilizzate per equipaggiare 5 compagnie di autoblindo e furono inviate in Africa. Il primo giorno di guerra, una compagnia con 10 vecchi blindati attraversò il confine con l'Egitto. Dopo pochi chilometri quasi tutti i mezzi furono distrutti dal fuoco amico. Da quel momento tutte le autoblindo AB40 e AB41 del PAI portarono dipinta la bandiera italiana sulle fiancate e sulla parte anteriore della sovrastruttura per distinguerle anche a distanza. Quando non erano in servizio, rimanevano nelle baracche di Bengasi e Tripoli. Per il resto della campagna d'Africa gli AB del PAI combatterono a fianco dei reparti del Regio Esercito. Non è chiaro quando ma, prima della campagna di Tunisia, a causa delle perdite subite, gli agenti di polizia della PAI e i pochissimi sopravvissuti furono aggregati nei reparti dell'esercito. Gli uomini della PAI ed alcuni autoblindo AB41 combatterono a Roma nei giorni successivi all'Armistizio dell'8 settembre 1943.

Il Regio Esercito utilizzò le AB40 solo in Italia e nei Balcani. In Italia, le prime 5 unità di pre produzione, uno dei due prototipi e un numero imprecisato di unità furono utilizzate nel Centro di Addestramento Autoblindo di Pinerolo. Qui, nel marzo 1941, iniziarono i corsi di addestramento degli equipaggi sulle nuove autoblinde. I primi equipaggi del Regio Esercito che impiegarono gli AB40 e AB41 allo scoppio della guerra non avevano un addestramento specifico per i nuovi mezzi ma erano addestrati a combattere sui vecchi Lancia 1ZM. L'AB40 venne ampiamente utilizzato dagli allievi del centro di addestramento, assieme agli AB41 (probabilmente ibridi AB40/41), dopo l'Armistizio di Cassibile dell'8 settembre 1943. Nel 1942 il Regio Esercito prelevò dal Centro Addestramento Veicoli Corazzati 12 autoblindo, 8 AB40 e 4 AB41, che furono portate negli stabilimenti FIAT di Torino, dove furono modificate per essere utilizzate sulle ferrovie. Questi vagoni blindati, soprannominati "Ferroviarie", venivano utilizzati per impedire il sabotaggio da parte dei partigiani jugoslavi sulle linee ferroviarie dei territori occupati dagli italiani nei Balcani. Le 12 autoblindo furono sostituiti dagli AB41 nei mesi successivi. L'AB40 fu impiegata durante la battaglia per la conquista tedesca di Roma, ed alcuni esemplari schierati a difesa della capitale dai militari italiani furono distrutti in combattimento alla Montagnola sulla via Laurentina dai paracadutisti tedeschi il 10 settembre 1943.

Conclusione


L'AB40 fu un'autoblindata rivoluzionaria per il Regio Esercito , con alcune caratteristiche molto moderne, come la doppia posizione di guida e le sospensioni indipendenti per ciascuna ruota. Tuttavia, il suo armamento era insufficiente per il ruolo di supporto della fanteria. Questo deficit portò i tecnici FIAT e Ansaldo a sviluppare una nuova versione, l'AB41 meglio armato, e altri veicoli sullo stesso telaio. I pochi esemplari prodotti furono utilizzati per lo più per addestrare gli equipaggi dei mezzi blindati italiani.

Specifiche AB40



Produzione totale 3 prototipi, 5 preserie e 24 veicoli finiti e consegnati al Regio Esercito. 435 AB41 armato con il motore SPA ABM 1

 

Specifiche tecniche Autoblindo Fiat-SPA AB 40

 

Specifiche tecniche Autoblindo Fiat-SPA AB 40

Tipo

Autoblindo

Costruttore

Fiat-Ansaldo

Data impostazione

1938

Utilizzatore

PAI; Regio Esercito

Dimensioni

5,20x 1,92 x 2,29 metri

Peso totale, pronto per la battaglia

6,4 tonnellate

Equipaggio

4 (Comandante/Artigliere, Autista)

Propulsione

FIAT-SPA ABM 1, 6 cilindri da 78 cv a benzina

Potenza del motore

78 CV

Rapporto peso/potenza

10,40 hp/t

Trazione

4 ruote motrici

Sospensioni

indipendenti a 4 ruote sterzanti

Velocità (su strada)

75 chilometri all'ora

Velocità (fuori strada)

50 chilometri all'ora

Autonomia

400 chilometri

Armamento primario

2 mitragliatrici Breda 38 8x59mm con 2.040 colpi

Armamento secondario

1 mitragliatrici Breda 38 8x59mm in casamatta

Armatura

17 mm anteriore, laterale e posteriore

Esemplari

3 prototipi, 5 pre serie e 24 veicoli finiti e consegnati al Regio Esercito.

 

Fonte

tanks-encyclopedia.com articolo di Arturo Giusti

Wikipedia