Fronte eritreo
Raggiunta, come
vedemmo nel fascicolo precedente, la linea Adigrat-Adua-Axum, che consentiva
di parare eventuali minacce avversarie, s'imponeva una sosta nelle
operazioni. per preparare l'ulteriore balzo innanzi tutto il vasto sistema
strategico e logistico.
Le informazioni che si avevano circa la dislocazione delle forze avversarie,
davano per sicura l'esistenza di una massa principale di armati (da 5 a
10.000 uomini) nel Tembien (a sud di Adua), intorno alla quale massa
gravitavano gruppi minori, particolarmente numerosi a cavallo della
direttrice Adigrat-Macallè. Altre due masse più numerose, agli ordini
rispettivamente del degiac Aialeu Burrù e del ras Cassa, erano segnalate in
marcia verso settentrione, l'una a nord di Gondar e l'altra dal lago Tana
verso nord-est.
La preparazione logistica
Le operazioni durante la sosta
Durante il periodo di sosta, la nostra aviazione continuava, instancabile,
nella sua attività, sorvolando molto addentro il territorio nemico,
effettuando ricognizioni a largo raggio e bombardando nuclei di armati,
magazzini, centri di rifornimento.
Nostri reparti, frattanto, si spingevano in più direzioni a sud della linea
Axum-Adua-Adigrat, agevolati dalle favorevoli accoglienze delle popolazioni.
Così, ad esempio, il giorno 26 ottobre, truppe del Corpo d'Armata eritreo
occupavano il villaggio di Adi Nefas, nel Faras Mai; il 28, reparti del I
Corpo eseguivano una ricognizione su Hausien, importante centro sulla strada
Adua-Macallè; il giorno 30, reparti di Camicie Nere del I Corpo d'Armata
s'impadronivano dei pozzi di Mai Uecc, lungo la strada fra Edagà
Hamus-Macallè, assicurandosi così un abbondante rifornimento d'acqua.
Negli ultimi giorni di ottobre, l'attività delle nostre avanguardie si
faceva più intensa, e contemporaneamente il Comando Superiore annunciava,
con un comunicato, che la preparazione logistica era ormai ultimata. La
ripresa delle operazioni era, quindi, imminente.
Le operazioni
Il movimento ebbe inizio all'alba del 3 novembre, e le prime due giornate di
esso si svolsero senza nessun contrasto da parte avversaria. Pur essendo
notevolmente disturbate da un'abbondante pioggia (fatto stagionale
assolutamente inconsueto), le truppe compirono nei giorni 3 e 4 circa 70
chilometri di strade e piste difficili e tormentate, attestando, alle sera
del 4, sulla linea Gabalà Colonna dancala)-Uogorò (I Corpo d'Armata),
incontro della mulattiera Hausien-Dolo col torrente Sullo (Corpo d'Armata
eritreo).
Su questa fronte, le truppe sostavano. nei giorni 5 e 6, per necessità
logistiche. Nella mattinata del 5, il degiac Uoldegabriel, capo dell'Agamè,
si presentava alle nostre linee, a fare atto di sottomissione e di fedeltà;
analogamente si comportavano nota-bili e clero del paese, la cui popolazione
non mancava di mostrare la sua soddisfazione per l'arrivo delle truppe
italiane.
Seguitavano, frattanto, la penetrazione di pattuglie a sud di Hausien e
l'azione di rastrellamento, necessaria per assicurarsi che nell'ampio ed
intricato terreno non si occultassero nuclei nemici. Fu durante una di
queste azioni, il giorno 6, che un battaglione del Corpo d'Armata eritreo si
scontrava con un forte gruppo di avversari annidato sul monte Gundi, nella
regione del Gheralta. Dopo vivo combattimento. il nemico si ritirava, con
perdite non molto lontane da un terzo della sua forza, compresi i
prigionieri.
Dopo la breve sosta, l'avanzata veniva ripresa il mattino del 7,
raggiungendo a sera il margine nord della conca di Macallè, a mezza tappa
circa dall'abitato. Nella stessa giornata, anche il II Corpo d'Armata
avanzava sulla nostra destra, stabilmente occupando il paese di Selaclaca.
una trentina di chilometri ad ovest di Axum.
L'aviazione, intanto, che ancora il giorno 6 aveva rilevato in Macallè la
presenza di nuclei avversari, il 7 la segnalava sgombra. Senz'altro. quindi.
veniva ordinata, per il giorno 8, l'avanzata generale sulla fronte
Dolò-Macallè. Una colonna, costituita dalla divisione eritrea del gen.
Vaccarisi, doveva affluire nella conca da nord-ovest mentre un'altra, agli
ordini del col. Broglia. costituita dalla banda del degiac Gugsa e da tre
battaglioni (uno del 60° fanteria, uno del 3° bersaglieri ed uno di camicie
nere) doveva tendervi da nord-est.
Nelle prime ore del giorno 8, mentre la colonna Vaccarisi si portava
direttamente a presidiare il margine sud della conca, la colonna Broglia
entrava in città; pressoché contemporaneamente, truppe del I Corpo d'Armata
occupavano Dolò.
Nessuna reazione da parte avversaria.
Festose accoglienze tributava alle nostre truppe la
popolazione di Macallè, mentre il tricolore veniva issato sull'alto del
forte Enda Jesus. donde esso aveva già sventolato di fronte all'intero
esercito di Menelik nel dicembre 1895 e nel gennaio 1896.
Mentre si concludeva così felicemente quest'altra, importante tappa della
nostra avanzata nel Tigrai, la colonna dancala seguitava nel suo movimento
fiancheggiante, occupando la località di Ari il giorno 10 e quella di Azbi
il 12; quì veniva attaccata da circa 500 armati del degiac Cassa Sebhat, e
sosteneva un aspro combatti-mento, che si chiudeva col ripiegamento nemico e
con perdite sensibili da una parte e dall'altra. Il giorno seguente, nella
zona di Dessà, la colonna si congiungeva al I Corpo d'Armata.
Anche il II Corpo d'Armata continuava a premere, a sud di Axum, le poche
forze lasciate indietro dal ras Sejum, in ritirata dietro il Tacazzè. i cui
guadi più importanti venivano quindi raggiunti ed occupati dai nostri.
Un'accurata ed efficace azione (li rastrellamento veniva condotta anche
nelle zone del Gheralta e del Tembien, con colonne mosse, il 12 novembre, da
Macallè e da Hausien, le quali affrontavano e sbaragliavano gli ultimi
nuclei avversari sparsi nella regione, non senza qualche cruento scontro; in
uno di questi, il giorno 17, nei pressi dell'Amba Bethlem (ad est di Abbi
Addi, capoluogo del Tembien) cadeva un capitano insieme con due ascari;
alcuni altri rimanevano feriti. Da parte nemica nove morti; e 10 ancora ne
lasciava in un altro scontro, sempre nel Tembien, il 28 dello stesso mese.
La nostra aviazione, frattanto, che sia nella fase della preparazione
dell'avanzata su Macallè sia durante l'avanzata stessa e la fase di
assestamento delle nuove linee, aveva sempre dato il più prezioso concorso
informativo ai nostri Comandi, non desisteva dall'esplorare attentamente le
retrovie avversarie. Così, nella giornata
del 16 novembre, potè essere avvistata una forte colonna (di circa 5.000
uomini) che scendeva lungo la valle del Mai Mescic, a nord di Amba Alagi.
Venne, quindi, predisposta un'azione di bombardamento, ed il mattino del 18.
venti apparecchi convergevano, da campi diversi, sulla valle del Mai Mescic,
sorprendendo la colonna avversaria in uno stretto avvallamento, racchiuso
tra alti roccioni, ed in formazione molto densa. Sei tonnellate di bombe e
spezzoni vennero rovesciate sull'avversario, soggetto inoltre anche al
mitragliamento da parte di nostri apparecchi che audacemente si abbassavano
a breve distanza dal suolo, nonostante il tiro dei cannoni antiaerei e delle
mitragliatrici nemiche.
Fronte somalo
Dopo il felice esito dell'azione su Dagnerrei, le nostre truppe dei settore
somalo avevano proseguito nella loro avanzata lungo il fiume, occupando i
vari villaggi rivieraschi. Qualche tentativo di reazione avversaria veniva
prontamente respinto, come, ad esempio, il 21 ottobre, presso Gheledi, ove
il Sultano degli Sciaveli, Olol Dinle, sosteneva un vivace scontro,
occupando il villaggio ed ottenendo la sottomissione di taluni Capi, con 500
fucili. ed il 28 dello stesso mese, fra Scillavè e Gorrahei, ove nostre
pattuglie di dubat mettevano in fuga folti gruppi di armati etiopici.
Ai primi di novembre, in seguito a notizie, risultate fondate, che il nemico
andava eseguendo forti concentramenti di truppe e notevoli lavori difensivi
nella zona di Gorrahei, il Comando superiore risolvette di preordinare
un'azione per la conquista di tale località. Ad essa era attribuita dagli
abissini grande importanza per il possesso dell'intera regione dell'Ogaden,
di cui Gorrahei può considerarsi la chiave, per i numerosi pozzi d'acqua ivi
esistenti, ed anche perchè il villaggio di Gorrahei ed il forte che lo
protegge, situati come sono a cavaliere della via di comunicazione per
Harrar, che si svolge attraverso la valle del Fafan, era il naturale
caposaldo avanzato della fronte Sassabaneh-Dagabur.
Il nemico, infatti, aveva rinforzato il presidio della posizione, portandolo
ad oltre 3000 uomini, e ponendolo agli ordini di un capo molto apprezzato:
il degiac Afework; ripetuti ordini di trincee erano stati tracciati attorno
alla posizione, armata con non meno di una sessantina di mitragliatrici e
quattro cannoni.
Su queste munite difese si abbatteva, nei giorni 2 e 4 novembre, la furia
distruttrice di un nostro potente bombardamento aereo, che recava ad esse
danni visibili ed ingenti.
Il giorno 5, all'attacco della sconvolta posizione avversaria movevano due
colonne, comandata l'una dal colonnello di Fanteria Maletti. da nord, e
l'altra dal colonnello di Fanteria Carnevale, da est; il generale di Brigata
di Fanteria Frusci aveva la direzione del l'operazione.
Senonchè, il mattino stesso del 5, nostre ricognizioni aeree segnalavano che il nemico, atterrito dalla violenza del nostro bombardamento e duramente provato (come si apprese, poi, dai prigionieri) aveva nella notte sgomberato Gorrahei. Entrando, infatti, le nostre colonne, trovarono, ovunque, le tracce del disastro avversario; nelle trincee svonvolte erano abbandonati fucili, munizioni, viveri, materiali. Si apprese più tardi che lo stesso Afework era rimasto gravemente ferito, il giorno 4; ciò che aveva molto demoralizzato i suoi guerrieri.
Un'altra importante azione, il giorno 22. ci dava il possesso di Lama Scillindi, villaggio sito circa 100 chilometri a nord di Dolo, sull'Uehi Gestro, ove l'aviazione aveva segnalato un concentra-mento di numerose forze avversarie, probabilmente destinate a farne base di partenza per eventuali attacchi alle nostre posizioni. Si sapeva che il comando abissino, in quel settore, era affidato al ras Destà, genero dell'Imperatore, ritenuto molto abile ed ambizioso, ed era da ritenere ch'egli meditasse qualche colpo contro le nostre posizioni di Dolo. Bisognava prevenirlo. Alla sera del 21, i nostri elementi più avanzati giunsero a contatto degli avamposti abissini, ed ai primi albori del 22 veniva sferrato l'assalto, mentre nostri apparecchi da bombardamento giungevano puntualmente nel cielo di Lama Scillindi, per concorrere al combattimento.
Il nemico aveva, forse, ritenuto di poter essere al sicuro da ogni nostra
sorpresa, per le difficoltà del terreno, aggravate dalle recenti abbondanti
piogge, che gonfiando i vari rami del Giuba, avevano trasformato le piste a
nord di Dolo ed il terreno circostante in un solo, vasto acquitrino. Le
nostre truppe, tuttavia, avevano potuto compiere una rapida marcia di circa
100 chilometri, riuscendo così ad infliggere con abile sorpresa il primo,
violento colpo di artiglio alle schiere di ras Destà.
La nostra aviazione, intanto, ne sorvegliava senza tregua le mosse, pronta a
piombare addosso agli avversari non appena si fossero azzardati ad emergere
dalla fitta, protettrice boscaglia. Così, ad esempio, il 6 dicembre,
notevoli concentramenti erano avvistati ed inesorabilmente battuti e
dispersi, tra Filtù e Neghelli, tra il Ganale boria ed il Daua Parma ed il
giorno 14 ancora presso Neghelli.
In varie e successive azioni, inoltre, l'aviazione sorvolava e bombardava le
fortificazioni di Dagabur, nell'Ogaden, con le quali l'avversario contava di
poter impedire la nostra ulteriore avanzata verso Harrar e la ferrovia di
Gibuti.
Gli abitanti stessi di Harrar, però, che si ritenevano, forse, fuori del
nostro raggio di azione, dovevano vedere, ancora prima della fine dell'anno,
l'ala tricolore trasvolare nel cielo della loro città.
Amedeo Tosti