Operazioni militari dal 26 ottobre al 26 novembre 1935

 

 

 

 

 

 

Fronte eritreo

Raggiunta, come vedemmo nel fascicolo precedente, la linea Adigrat-Adua-Axum, che consentiva di parare eventuali minacce avversarie, s'imponeva una sosta nelle operazioni. per preparare l'ulteriore balzo innanzi tutto il vasto sistema strategico e logistico.
Le informazioni che si avevano circa la dislocazione delle forze avversarie, davano per sicura l'esistenza di una massa principale di armati (da 5 a 10.000 uomini) nel Tembien (a sud di Adua), intorno alla quale massa gravitavano gruppi minori, particolarmente numerosi a cavallo della direttrice Adigrat-Macallè. Altre due masse più numerose, agli ordini rispettivamente del degiac Aialeu Burrù e del ras Cassa, erano segnalate in marcia verso settentrione, l'una a nord di Gondar e l'altra dal lago Tana verso nord-est.

 

La preparazione logistica
Condizione prima ed indispensabile per assicurare i rifornimenti di una massa di truppe così ingente come la nostra, era la costruzione delle strade: mentre, cioè, si davano gli ultimi tocchi alla rete di comunicazione, destinata a garantire il regolare flusso e riflusso tra il mare e l'altipiano. era necessità inderogabile prolungare, il più rapidamente possibile, fino alle nuove posizioni le strade già attestanti al vecchio confine. E ciò fu fatto, con una celerità e precisione quasi miracolose; non erano trascorsi, infatti. che pochi giorni dall'occupazione, e già i primi automezzi raggiungevano Adigrat prima, e poi Adua.
Si determinava. così, un formidabile movimento in avanti di tutto l'enorme complesso dei mezzi e dei servizi. Poche cifre possono valere a dare un'idea di questi trasporti, che sono senza precedenti in operazioni coloniali: alla base logistica avanzata di Adigrat, ad esempio, furono trasportate 5000 tonnellate di viveri, 5.000 di munizioni, 3.000 di materiali del genio. Tali trasporti richiesero 2.500 viaggi di autocarri, ogni viaggio essendo di 180 km., coperti in due o tre giornate, con una velocità media di 15 km. orari; fu necessario un consumo giornaliero di 150 tonnellate di carburante.
Ma occorreva, anche, assicurare i rifornimenti per le truppe che si sarebbero poscia spinte a sud della linea Adigrat-Adua, per le quali bisognava fare affidamento sui trasporti a salma. A tal fine. furono concentrati nella zona di Adigrat oltre a 4.000 muli, 2.600 cammelli e 1.600 asinelli.
Un complesso, in sostanza, veramente enorme di provvidenze e di opere, compiuto dalla nostra Intendenza, che rispose, poi, pienamente alle esigenze operative, così da non aggravare le truppe di disagi e fatiche non necessarie.


Le operazioni durante la sosta
Durante il periodo di sosta, la nostra aviazione continuava, instancabile, nella sua attività, sorvolando molto addentro il territorio nemico, effettuando ricognizioni a largo raggio e bombardando nuclei di armati, magazzini, centri di rifornimento.
Nostri reparti, frattanto, si spingevano in più direzioni a sud della linea Axum-Adua-Adigrat, agevolati dalle favorevoli accoglienze delle popolazioni. Così, ad esempio, il giorno 26 ottobre, truppe del Corpo d'Armata eritreo occupavano il villaggio di Adi Nefas, nel Faras Mai; il 28, reparti del I Corpo eseguivano una ricognizione su Hausien, importante centro sulla strada Adua-Macallè; il giorno 30, reparti di Camicie Nere del I Corpo d'Armata s'impadronivano dei pozzi di Mai Uecc, lungo la strada fra Edagà Hamus-Macallè, assicurandosi così un abbondante rifornimento d'acqua.
Negli ultimi giorni di ottobre, l'attività delle nostre avanguardie si faceva più intensa, e contemporaneamente il Comando Superiore annunciava, con un comunicato, che la preparazione logistica era ormai ultimata. La ripresa delle operazioni era, quindi, imminente.


Il concetto d'azione per l'avanzata su Macallè
Quale obbiettivo principale della nuova avanzata fu prescelto Macallè. sia perché centro importante sulla via di Dessiè e capoluogo dell'Endertà, sia perché il nome di Macallè si ricongiunge ad un altro episodio glorioso della campagna del 1895-96: la leggendaria difesa del forte, di cui fu anima l'eroico maggiore Galliano, caduto poi ad Adua.
Dovendosi prevedere la presenza di considerevoli truppe avversarie nella zona, si rendeva necessario un adeguato spiegamento di forze. Il compito principale fu affidato al I Corpo d'Armata (gen. Santini) ed al Corpo d'Armata eritreo (gen. Pirzio Birolil, i quali dovevano avanzare rispettivamente lungo le direttrici Adigrat-Dolò-Macallè e Entisciò-Hausien-Macallè. Il movimento dei due Corpi d'Armata doveva essere protetto, sulla destra, dal II Corpo d'Armata (geli. Maravigna) con puntate offensive dalla strada Adua-Axum verso la vallata del Tacazzè; a sinistra, da una colonna speciale. comandata dal generale Mariotti e costituita esclusivamente con reparti indigeni. in buona parte cammellati, che doveva risalire dal bassopiano dancalo. e tendere anch'essa, per Renda Coma-Amba Gabalà-Derà-Azbi, alla zona Dolò-Macallè. Questa colonna, a sua volta, era fiancheggiata da uno scaglione celere di irregolari, al comando del tenente colonnello Lorenzini.
In riserva, le divisioni «Sila  e «Gran Sasso».
Un insieme, dunque, forte, protetto, e idoneo ad affrontare anche l'imprevisto.

 

Le operazioni
Il movimento ebbe inizio all'alba del 3 novembre, e le prime due giornate di esso si svolsero senza nessun contrasto da parte avversaria. Pur essendo notevolmente disturbate da un'abbondante pioggia (fatto stagionale assolutamente inconsueto), le truppe compirono nei giorni 3 e 4 circa 70 chilometri di strade e piste difficili e tormentate, attestando, alle sera del 4, sulla linea Gabalà Colonna dancala)-Uogorò (I Corpo d'Armata), incontro della mulattiera Hausien-Dolo col torrente Sullo (Corpo d'Armata eritreo).
Su questa fronte, le truppe sostavano. nei giorni 5 e 6, per necessità logistiche. Nella mattinata del 5, il degiac Uoldegabriel, capo dell'Agamè, si presentava alle nostre linee, a fare atto di sottomissione e di fedeltà; analogamente si comportavano nota-bili e clero del paese, la cui popolazione non mancava di mostrare la sua soddisfazione per l'arrivo delle truppe italiane.
Seguitavano, frattanto, la penetrazione di pattuglie a sud di Hausien e l'azione di rastrellamento, necessaria per assicurarsi che nell'ampio ed intricato terreno non si occultassero nuclei nemici. Fu durante una di queste azioni, il giorno 6, che un battaglione del Corpo d'Armata eritreo si scontrava con un forte gruppo di avversari annidato sul monte Gundi, nella regione del Gheralta. Dopo vivo combattimento. il nemico si ritirava, con perdite non molto lontane da un terzo della sua forza, compresi i prigionieri.
Dopo la breve sosta, l'avanzata veniva ripresa il mattino del 7, raggiungendo a sera il margine nord della conca di Macallè, a mezza tappa circa dall'abitato. Nella stessa giornata, anche il II Corpo d'Armata avanzava sulla nostra destra, stabilmente occupando il paese di Selaclaca. una trentina di chilometri ad ovest di Axum.
L'aviazione, intanto, che ancora il giorno 6 aveva rilevato in Macallè la presenza di nuclei avversari, il 7 la segnalava sgombra. Senz'altro. quindi. veniva ordinata, per il giorno 8, l'avanzata generale sulla fronte Dolò-Macallè. Una colonna, costituita dalla divisione eritrea del gen. Vaccarisi, doveva affluire nella conca da nord-ovest mentre un'altra, agli ordini del col. Broglia. costituita dalla banda del degiac Gugsa e da tre battaglioni (uno del 60° fanteria, uno del 3° bersaglieri ed uno di camicie nere) doveva tendervi da nord-est.
Nelle prime ore del giorno 8, mentre la colonna Vaccarisi si portava direttamente a presidiare il margine sud della conca, la colonna Broglia entrava in città; pressoché contemporaneamente, truppe del I Corpo d'Armata occupavano Dolò.
Nessuna reazione da parte avversaria.

Festose accoglienze tributava alle nostre truppe la popolazione di Macallè, mentre il tricolore veniva issato sull'alto del forte Enda Jesus. donde esso aveva già sventolato di fronte all'intero esercito di Menelik nel dicembre 1895 e nel gennaio 1896.
Mentre si concludeva così felicemente quest'altra, importante tappa della nostra avanzata nel Tigrai, la colonna dancala seguitava nel suo movimento fiancheggiante, occupando la località di Ari il giorno 10 e quella di Azbi il 12; quì veniva attaccata da circa 500 armati del degiac Cassa Sebhat, e sosteneva un aspro combatti-mento, che si chiudeva col ripiegamento nemico e con perdite sensibili da una parte e dall'altra. Il giorno seguente, nella zona di Dessà, la colonna si congiungeva al I Corpo d'Armata.
Anche il II Corpo d'Armata continuava a premere, a sud di Axum, le poche forze lasciate indietro dal ras Sejum, in ritirata dietro il Tacazzè. i cui guadi più importanti venivano quindi raggiunti ed occupati dai nostri.
Un'accurata ed efficace azione (li rastrellamento veniva condotta anche nelle zone del Gheralta e del Tembien, con colonne mosse, il 12 novembre, da Macallè e da Hausien, le quali affrontavano e sbaragliavano gli ultimi nuclei avversari sparsi nella regione, non senza qualche cruento scontro; in uno di questi, il giorno 17, nei pressi dell'Amba Bethlem (ad est di Abbi Addi, capoluogo del Tembien) cadeva un capitano insieme con due ascari; alcuni altri rimanevano feriti. Da parte nemica nove morti; e 10 ancora ne lasciava in un altro scontro, sempre nel Tembien, il 28 dello stesso mese.
La nostra aviazione, frattanto, che sia nella fase della preparazione dell'avanzata su Macallè sia durante l'avanzata stessa e la fase di assestamento delle nuove linee, aveva sempre dato il più prezioso concorso informativo ai nostri Comandi, non desisteva dall'esplorare attentamente le retrovie avversarie. Così, nella giornata
del 16 novembre, potè essere avvistata una forte colonna (di circa 5.000 uomini) che scendeva lungo la valle del Mai Mescic, a nord di Amba Alagi. Venne, quindi, predisposta un'azione di bombardamento, ed il mattino del 18. venti apparecchi convergevano, da campi diversi, sulla valle del Mai Mescic, sorprendendo la colonna avversaria in uno stretto avvallamento, racchiuso tra alti roccioni, ed in formazione molto densa. Sei tonnellate di bombe e spezzoni vennero rovesciate sull'avversario, soggetto inoltre anche al mitragliamento da parte di nostri apparecchi che audacemente si abbassavano a breve distanza dal suolo, nonostante il tiro dei cannoni antiaerei e delle mitragliatrici nemiche.

 

Fronte somalo

Dopo il felice esito dell'azione su Dagnerrei, le nostre truppe dei settore somalo avevano proseguito nella loro avanzata lungo il fiume, occupando i vari villaggi rivieraschi. Qualche tentativo di reazione avversaria veniva prontamente respinto, come, ad esempio, il 21 ottobre, presso Gheledi, ove il Sultano degli Sciaveli, Olol Dinle, sosteneva un vivace scontro, occupando il villaggio ed ottenendo la sottomissione di taluni Capi, con 500 fucili. ed il 28 dello stesso mese, fra Scillavè e Gorrahei, ove nostre pattuglie di dubat mettevano in fuga folti gruppi di armati etiopici.
Ai primi di novembre, in seguito a notizie, risultate fondate, che il nemico andava eseguendo forti concentramenti di truppe e notevoli lavori difensivi nella zona di Gorrahei, il Comando superiore risolvette di preordinare un'azione per la conquista di tale località. Ad essa era attribuita dagli abissini grande importanza per il possesso dell'intera regione dell'Ogaden, di cui Gorrahei può considerarsi la chiave, per i numerosi pozzi d'acqua ivi esistenti, ed anche perchè il villaggio di Gorrahei ed il forte che lo protegge, situati come sono a cavaliere della via di comunicazione per Harrar, che si svolge attraverso la valle del Fafan, era il naturale caposaldo avanzato della fronte Sassabaneh-Dagabur.

Il nemico, infatti, aveva rinforzato il presidio della posizione, portandolo ad oltre 3000 uomini, e ponendolo agli ordini di un capo molto apprezzato: il degiac Afework; ripetuti ordini di trincee erano stati tracciati attorno alla posizione, armata con non meno di una sessantina di mitragliatrici e quattro cannoni.
Su queste munite difese si abbatteva, nei giorni 2 e 4 novembre, la furia distruttrice di un nostro potente bombardamento aereo, che recava ad esse danni visibili ed ingenti.
Il giorno 5, all'attacco della sconvolta posizione avversaria movevano due colonne, comandata l'una dal colonnello di Fanteria Maletti. da nord, e l'altra dal colonnello di Fanteria Carnevale, da est; il generale di Brigata di Fanteria Frusci aveva la direzione del l'operazione.

 

Senonchè, il mattino stesso del 5, nostre ricognizioni aeree segnalavano che il nemico, atterrito dalla violenza del nostro bombardamento e duramente provato (come si apprese, poi, dai prigionieri) aveva nella notte sgomberato Gorrahei. Entrando, infatti, le nostre colonne, trovarono, ovunque, le tracce del disastro avversario; nelle trincee svonvolte erano abbandonati fucili, munizioni, viveri, materiali. Si apprese più tardi che lo stesso Afework era rimasto gravemente ferito, il giorno 4; ciò che aveva molto demoralizzato i suoi guerrieri.
Sollecitamente, nostri elementi celeri si lanciavano all'inseguimento dei fuggiaschi, e non ostante le difficoltà opposte da una improvvisa piena del Fafan, le retroguardie avversarie venivano più volte addentate, lasciando in nostra mano prigionieri ed armi.
Il giorno 11 novembre, alfine, un'autocolonna, al comando del colonnello Maletti, prendeva contatto nell'alta valle del Fafan con forti gruppi nemici, rinforzati da un migliaio di regolari autocarrati, provenienti da Dagabur. Ne nasceva un accanito scontro, alla fine del quale l'avversario veniva battuto e respinto per più chilometri, lasciando sul terreno notevole numero di morti, tra i quali un europeo non identificato, e molte armi, munizioni, autocarri.
Nel settore Ogaden la nostra linea si consolidava così nella regione di Gabredarre, a nord di Gorrahei.

 

Un'altra importante azione, il giorno 22. ci dava il possesso di Lama Scillindi, villaggio sito circa 100 chilometri a nord di Dolo, sull'Uehi Gestro, ove l'aviazione aveva segnalato un concentra-mento di numerose forze avversarie, probabilmente destinate a farne base di partenza per eventuali attacchi alle nostre posizioni. Si sapeva che il comando abissino, in quel settore, era affidato al ras Destà, genero dell'Imperatore, ritenuto molto abile ed ambizioso, ed era da ritenere ch'egli meditasse qualche colpo contro le nostre posizioni di Dolo. Bisognava prevenirlo. Alla sera del 21, i nostri elementi più avanzati giunsero a contatto degli avamposti abissini, ed ai primi albori del 22 veniva sferrato l'assalto, mentre nostri apparecchi da bombardamento giungevano puntualmente nel cielo di Lama Scillindi, per concorrere al combattimento.
Questo si concludeva alle ore 12 con la ritirata precipitosa del nemico.

 

Il nemico aveva, forse, ritenuto di poter essere al sicuro da ogni nostra sorpresa, per le difficoltà del terreno, aggravate dalle recenti abbondanti piogge, che gonfiando i vari rami del Giuba, avevano trasformato le piste a nord di Dolo ed il terreno circostante in un solo, vasto acquitrino. Le nostre truppe, tuttavia, avevano potuto compiere una rapida marcia di circa 100 chilometri, riuscendo così ad infliggere con abile sorpresa il primo, violento colpo di artiglio alle schiere di ras Destà.
La nostra aviazione, intanto, ne sorvegliava senza tregua le mosse, pronta a piombare addosso agli avversari non appena si fossero azzardati ad emergere dalla fitta, protettrice boscaglia. Così, ad esempio, il 6 dicembre, notevoli concentramenti erano avvistati ed inesorabilmente battuti e dispersi, tra Filtù e Neghelli, tra il Ganale boria ed il Daua Parma ed il giorno 14 ancora presso Neghelli.
In varie e successive azioni, inoltre, l'aviazione sorvolava e bombardava le fortificazioni di Dagabur, nell'Ogaden, con le quali l'avversario contava di poter impedire la nostra ulteriore avanzata verso Harrar e la ferrovia di Gibuti.
Gli abitanti stessi di Harrar, però, che si ritenevano, forse, fuori del nostro raggio di azione, dovevano vedere, ancora prima della fine dell'anno, l'ala tricolore trasvolare nel cielo della loro città.

 

Amedeo Tosti