Gli avvenimenti militari

 

 

 

 

 

Operazioni militari dal 1° gennaio al 20 gennaio 1936

 

 

 

Delle due masse etiopiche concentrate nel settore somalo, la più attiva, fino agl'inizi dell'anno, si era mostrata quella al comando di ras Desta Damtu. genero dell'Imperatore. (Questo capo abissino, ambizioso quanto crudele, non era stato neppure alieno da dichiarazioni vanagloriose. che compiacentemente erano state raccolte dalle gazzette europee: si era detto, infatti, che egli avesse promesso al Negus di ricacciare gl'Italiani in mare, dando appuntamento a Mogadiscio ai giornalisti che seguivano le sue operazioni.
Da Neghelli. intanto, sede del suo Comando, egli si era sospinto, entro il mese di dicembre, verso sud. avanzando contro il fianco sinistro del nostro schieramento, probabilmente con lo scopo di costringere le nostre colonne operanti sull'Uebi Scebeli e sul Fai a segnare il passo. L'avanzata abissina si svolgeva su quattro colonne, sia per presentare una fronte avviluppante sia per poter sfruttare più largamente le risorse del paese. Alla fine di dicembre, gli elementi più avanzali risultavano attestali al corso del Daua Parma, nel tratto compreso ira Dolo e la frontiera del Chenia, alla quale ras Desta appoggiava la sua ala destra; aveva egli, forse, in animo di tentare l'aggiramento delle nostre posizioni di Dolo, per giungere, successivamente, ad investire anche quelle di Lugh Ferrandi. Ma di fronte ai saldi apprestamenti difensivi predisposti dai Comandi Italiani sul Daua Parma, ras Desta dovette avere qualche esitazione, preferendo attardarsi con la massa delle forze nel territorio compreso tra l'Uebi Gestro ed il Canale Doria. e tra questo e il Daua Parma.

 

Le azioni diversive


II Generale Graziani. frattanto, sorvegliava attentamente le mosse dell'avversario, cercando di rendersi esatto conto della sua entità, della dislocazione, delle sue reali possibilità offensive, mediante la esplorazione aerea ed una serie di operazioni a raggio ristretto, su punti diversi della fronte, con scopi informativi ed anche diversivi: bisognava che il nemico non fosse orientato circa le intenzioni del nostro Comando ed i movimenti delle nostre forze.
A tali intenti risposero sia Tardità ricognizione guidata dal Capo degli Sciaveli. Olol Dinle. lungo la valle dell'Uebi Scebeli (vedi fascicolo precedente) sia un'altra azione, compiuta nei primi giorni dell'anno sul Canale Doria.
II 1. gennaio, essendosi avuta notizia di concentramenti abissini nella località di Areri (sulla destra del Canale, a circa 60 km. da Dolo) veniva subito spinto in quella direzione un reparto di dubat. Questo, non appena giunto in vista degli avamposti nemici, veniva fatto segno a fuoco vivissimo, ma il nostro reparto esplorante controbatteva energicamente l'avversario, infliggendogli perdite notevoli, e si sistemava nella località di Amino.
Rinforzati, quindi, da un altro scaglione e da autoblinde, il giorno dopo i valorosi dubat si risospingevano innanzi, e con impetuosa azione riuscivano a sloggiare il nemico da due successivi ordini di trinceramenti, travolgendolo e costringendolo alla fuga: distrutto, quindi, il campo abissino, il reparto ritornava ad Amino.
Al combattimento di Areri interveniva anche, con lodevole iniziativa, un battaglione arabo-somalo, che trovavasi in esplorazione tra il Canale Doria e l'Uebi Gestro. Guadato il Canale, il battaglione faceva sentire la sua decisiva pressione sul fianco del nemico.

Con azione costante ed infaticabile, frattanto, l'aviazione seguitava a rilevare le posizioni dell'esercito di ras Desta e ad infliggere ad esso, con ripetuti bombardamenti e mitragliamenti, i maggiori danni possibili, non ostante che gli Etiopici, ormai sempre più familiarizzatisi con il mimetismo, si dissimulassero abilmente nella fitta boscaglia e nelle pieghe del terreno. Ciò costringeva spesso i nostri apparecchi ad abbassarsi a quota bassissima, impavidamente esponendosi alle offese ed anche alla barbara rappresaglia degli Etiopici: fu in una di queste azioni, appunto, che perdette, tanto eroicamente e miseramente, la vita il tenente Minniti (medaglia d'oro).
Verso la metà di gennaio, ad ogni modo, il nostro Comando poteva avere la precisa sensazione che le truppe avversarie erano state ridotte alquanto a mal partito dal martellio inesorabile dell'aviazione e dalle audaci puntate terrestri: lungi dal l'attuare i suoi propositi offensivi, ras Desta era costretto a guardare una stretta difensiva, insaccato, in posizione non scevra da pericoli, tra Daua e Giuba, con il fianco sinistro (Uebi Gestro) completamente scoperto, e per di più a grande distanza dalle sue basi, con le conseguenti difficoltà per i rifornimenti.
Conscio della sua superiorità materiale e morale, quindi, il generale Graziani risolse di passare senz'altro all'offensiva.

 

La battaglia


Concetti fondamentali di essa furono: attaccare contemporaneamente con più colonne, per disorientare l'avversario e non dargli tempo di riaversi ; gravitare con le forze sulla sinistra, per cercare di staccare il nemico dalla frontiera protettrice del Chenia; spingere lo sfruttamento del successo fino al massimo limite consentito dalle esigenze logistiche.
Alla concezione seguì rapida l'esecuzione. I movimenti preliminari furono iniziati il giorno 10. Occorrevano numerosi traghetti sul Giuba e sul Daua Parma, per il passaggio dei materiali e delle truppe; ma nonostante il crescere delle correnti, i ponti di barche poterono essere gettati e rispondere pienamente allo scopo.
Il giorno 12 gennaio, l'avanzata veniva iniziata da due colonne: una principale, al comando del generale Bergonzoli, lungo il Canale Boria: l'altra, al comando del luogotenente Agostini, lungo il Daua Parma.

Sboccate da Oddo, le due colonne, nella giornata stessa del 12. avevano facilmente ragione della resistenza opposta dagli elementi più avanzati nemici.
Giunta all'altezza di Gogoru, il giorno 13, la colonna di destra (Bergonzoli) si scindeva in due aliquote; una, autocarrata, composta di truppe di colore e di squadroni mitraglieri Aosta, al comando del colonnello Martini, puntava direttamente su Neghelli; l'altra, a protezione del fianco destro, seguitava a,risalire il Canale Do ria. in direzione di Bander.

La colonna Agostini, invece, seguitava nella sua marcia lungo il Daua Parma, raggiungendo la sera del 13 il torrente di Bou Bou ed occupando gl'importanti pozzi di Giazza.

Man mano che si procedeva nell'avanzata, le resistenze dell'avversario si facevano più accanite, ed aspri combattimenti si impegnavano con nuclei abissini, annidati in caverne insidiosissime oppure sistemati su posizioni successive, fortemente apprestate a difesa, con trincee, ridottini, appostamenti per mitragliatrici.
Più decisa opposizione incontrò la colonna centrale (Martini) la quale dovette sostenere un duro combattimento, nel pomeriggio del 13, a Ddci-Ddei, sul margine di un vasto pianoro ; respinto sul cader del giorno, il nemico ritentava, con forze più numerose, l'attacco il mattino del 14, ma dopo qualche ora di lotta, era nuovamente costretto a ripiegare, inseguito da nostre autoblinde.
La colonna dr destra, che seguiva il Canale Boria, aveva intanto preso contatto anch'essa col nemico, e dopo aver sostenuto vivaci combattimenti, raggiungeva il giorno 14 Galgallò, ove, nell'ansa del fiume, un grosso scaglione abissino, saldamente afforzato, tentava di ostacolarle il passo.
Aspramente si combatteva lungo le giornate del 14 e del 15, ed anche durante la notte, ma alla fine le nostre truppe riuscivano a soverchiare la resistenza degli avversari. che parte si arrendevano, parte si davano alla fuga.
I duri colpi toccati a Ddei-Ddei ed a Galgallò furono ben presto accusati dal nemico; nella giornata del 16, infatti, esso abbandonata precipitosamente sia le posizioni di Galgallò davanti alla colonna Bergonzoli, sia quelle di Bogol Magno davanti alla colonna Martini; la colonna Agostini, aprendosi la strada fra le insidie tese da piccoli distaccamenti di retroguardia abissini ed attraverso un terreno fittamente boscoso ed accidentato, progrediva anch'essa e raggiungeva la piana di Libidei.

Tutto il nostro fronte, cosi, era in rapido movimento, alle calcagna del nemico in ritirata.
La colonna del Canale Doria raggiungeva, il 16 stesso, l'importante località di Bander; quella del centro, traversando la piana di Ringi, puntava rapidamente su Filtu: quella di sinistra, infine. dopo aver rastrellato gruppi numerosi di sbandati abissini, spingeva avanti delle ricognizioni, allo scopo di riconoscere le comu-ideazioni tra la colonia inglese del Chenia ed i territori abissini.
Un primo effetto del successo delle nostre armi si aveva proprio in questo settore orientale, con la spontanea sottomissione delle popolazioni Digodia, le quali, con a capo il loro sultano Nabar Addi. si presentavano a fare atto di fedeltà al Governo Italiano, dichiarando inoltre d} esser pronte a combattere al nostro fianco. Queste popolazioni — è da ricordare — avevano già accettato il protettorato dell'Italia con la convenzione stipulata a Lugh, il 25 novembre 1895, col capita/io Vittorio Bottego.

Percepita la crisi dell'avversario, il generale Graziani passava decisamente all'ultima fase delle operazioni: lo sfruttamento del successo. Assunto, quindi, personalmente il comando del distaccamento celere misto autocarrato, costituito da due gruppi di squadroni Genova ed Aosta, dal X battaglione arabo-somalo, da una batteria e da un reparto di autoblinde — con comandanti in sottordine, il generale Bergonzoli ed il colonnello Micheli — dalla piana di Ringi si lanciava verso il Neghelli.
Lungo il percorso, colonne di fuggiaschi in miserevoli condizioni, laceri, affamati, assetati, attestavano la gravita della disfatta toccata da ras Desta; qualche piccolo nucleo, che tentava di opporre un'estrema resistenza, veniva facilmente travolto.
Anche la colonna del Daua Parma, frattanto, seguitava nella sua avanzata, occupando il giorno 18, dopo un vivace combattimento, la località di Malca Ghersi.
Il mattino del 20 gennaio, infranto l'ultimo, disperato tentativo di riscossa di un gruppo di armati etiopici, gruppi di squadroni dei Dragoni di Genova e dei Lancieri Aosta occupavano Neghelli, capoluogo dei Galla Borana. Nella sedè del quartier generale di ras Desta apparivano evidenti le tracce di una fuga precipitosa : la sua radio, il suo bagaglio personale e perfino le sue insegne di comando cadevano nelle nostre mani.
Così, dopo ben 380 chilometri di avanzata vittoriosa, si concludeva l'ultimo episodio della felice manovra, genialmente concepita ed energicamente attuata dal generale Graziani.
L'armata di ras Desta poteva considerarsi ormai sparita, come elemento di forza nel settore somalo ; 10.000 uomini, circa, erano caduti nella battaglia, ed il resto non era più che una torma sparuta di fuggiaschi, privi di ogni valore combattivo. Nessuna minaccia più poteva concretarsi per il fianco sinistro del nostro schieramento.
Magnifico era stato, durante tutta la battaglia, il contegno di tutte le nostre truppe, nazionali ed indigene: non ostante il clima avverso, la lunghezza estenuante delle marce, la durezza delle limitazioni — come, ad esempio, il razionamento dell'acqua, la cui necessità più di ogni altra cosa doveva pesare a reparti riarsi dal sole, dalla fatica, dalla polvere — nulla era valso a fiaccare lo spirito indomito dei nostri soldati, i quali, anzi, rinunziavano talvolta, con commovente spontaneità, a qualche distribuzione sussidiaria di viveri e d'acqua. Accadde, così, che al momento dell'occupazione di Neghelli, la colonna potesse disporre di provviste sufficienti ancora per nove giorni e di acqua per sei.

Con nobile gesto, il generale Graziani ritenne, a battaglia finita, di dover segnalare alla Nazione, oltre il bellissimo slancio e la resistenza delle truppe combattenti, anche le prove di abnegazione e di disciplina di tutti gli addetti ai servizi, tributando un altissimo elogio:»
«agli automobilisti, che senza riposo diurno e notturno trasportarono truppe e rifornimenti per centinaia e centinaia di chilometri attraverso terreni impervi e malsicuri;
agli idrici, che con lavoro improbo fornirono molte centinaia di metri cubi d'acqua potabile;
ai radiotelegrafisti, che notte e giorno garantirono il funzionamento dei collegamenti;
ai pontieri, che incessantemente assicurarono i passaggi attraverso il Giuba ed il Daua Parma a migliaia di autocarri;
alla sanità, che rapidamente fu sempre pronta ad esplicare ovunque la sua opera umanitaria;
al commissariato, che seppe superare i dati teorici del suo rendimento facendo giungere ovunque alle truppe combattenti le loro complete spettanze ».
La travolgente vittoria riportata nella battaglia del Canale Doria riscuoteva anche l'alto elogio del Duce, che inviava al generale Graziani il seguente telegramma:
«La vittoriosa conclusione della battaglia contro l'armata di ras Desta ha fatto vibrare d'orgoglio l'animo del popolo italiano.
Mentre esprimo a V. E. il mio più vivo compiacimento, mando il mio elogio agli ufficiali e alle truppe nazionali e somale che per tutto il periodo delle operazioni hanno dato prove d'alto valore e di grande resistenza.
Sono sicuro che sotto la forte guida di V. E. le truppe nazionali e somale raggiungeranno vittoriosamente altre mete».

 

 

Amedeo Tosti