Operazioni militari dal 16 febbraio al 3 marzo 1936

 

 

 

 

 

 

Occupazione di Amba Alagi

Le battaglie del Tembien e dello Scirè

 

 

 

Dopo la vittoriosa battaglia dell'Endertà e non appena avuto sentore della entità della disastrosa sconfitta subita dal nemico, intuii che la campagna poteva avere, nel campo strategico, grandi possibilità di sviluppo.
La situazione avversaria poteva così sintetizzarsi:
- l'armata di ras Mulughietà in disordinata fuga ed in pieno dissolvimento ;
- l'armata di ras Cassa e ras Sejum, nel Tembien, fronteggiata a nord da posizioni saldamente organizzate a difesa e in condizioni di potere essere aggredita e assediata da sud;
- l'armata di ras Immirù dislocata nello Scirè, ancora intatta, ma in condizioni di potere essere attaccata da due corpi d'armata convergenti, sul campo di battaglia, da due direzioni diverse;

- disorientamento generale nei capi, incerti e contrastanti nei loro desideri e nei loro intendimenti; sfiducia nei gregari; sintomi di rivolta nelle popolazioni.
Questo il quadro generale della situazione delineatasi nel campo avversario, che mi induceva ad agire con la massima decisione dopo aver prontamente esaminato tutto l'imponente problema nel campo strategico-logistico, e vagliate tutte le difficoltà e le probabilità di successo.
Mi accingevo, così, senza indugio ad organizzare una seconda grandiosa battaglia che, per la prima volta nella storia militare coloniale, doveva, con attacco generale su tutti i settori, mettere contemporaneamente in moto cinque corpi d'armata, schierati su 250 chilometri di fronte, procedenti da nord a sud, da sud a nord e da est verso ovest, nonché masse imponenti di artiglierie di piccolo e di medio calibro, carri veloci ed interi stormi di aviazione.
Il concetto fondamentale per la nuova battaglia consisteva nel non dare tregua al nemico già scosso e di colpirlo con tutti i mezzi e senza interruzione sino ad annientarlo completamente.
Ponendo così in relazione le possibilità logistiche con il grado di urgenza delle successive operazioni, preparavo la battaglia ed ordinavo:
- all'aviazione il compito di inseguire a fondo le colonne nemiche che ripiegavano disordinatamente dal vasto campo di battaglia dell'Endertà fino ad annientarle e disperderle;
- al III Corpo d'Armata di trasferirsi nella zona di Gaela, mettendosi in condizioni di puntare a tergo delle formazioni nemiche o quanto meno contrastare la loro ritirata se in ciò fossero state indotte dalla situazione creatasi nel settore dell'Endertà;
- al Corpo d'Armata eritreo di rafforzare la sistemazione difensiva allo scopo di garantire con il minimo delle forze il possesso delle sue posizioni e concorrere con il massimo delle forze, e contemporaneamente, all'azione del III Corpo d'Armata;
- al II e al IV Corpo d'Armata di tenersi pronti per eseguire una azione concomitante nello Scirè;
- al I Corpo d'Armata di occupare le posizioni di M. Gomolò-Aderat-M. Garadsciam per poi successivamente, e a breve scadenza, proseguire su Amba Alagi e sui valichi laterali.
Tali ordini diramavo tra il 16 ed il 18 febbraio; contemporaneamente predisponevo i conseguenti ingenti e complessi provvedimenti logistici.
Nella mattinata del 16 l'aviazione individuava e perseguiva le due principali colonne nemiche che ripiegavano dal campo di battaglia dell'Endertà: una per Aderat su Alagi e l'altra, di consistenza maggiore valutata a circa ventimila uomini, per Samrè-Fenaroa su Socotà; a queste due, il giorno 17, se ne aggiungeva una terza proveniente dal Tembien e diretta verso Togorà.
Tali colonne, inseguite dal giorno 16 al giorno 19 dal tormento continuo ed inesorabile di violente azioni di bombardamento fin oltre Mai Ciò-Ezbà-Agumbertà, e continuamente battute dalle popolazioni e dagli Azebù Galla, da noi attratti ed armati, finivano per subire, con apatica rassegnazione, perdite tali da togliere loro qualsiasi facoltà reattiva.
Cosi l'esercito di ras Mulughietà poteva considerarsi completamente annientato.
Il giorno 17, il III Corpo d'Armata, attraverso un terreno aspro e difficile e costruendo una pista di circa 80 chilometri, iniziava i movimenti per concentrarsi nella zona di Gaela. Il giorno 20 il funzionamento della nuova linea di comunicazione era assicurato ed il III Corpo d'Armata si schierava sulle posizioni tra Adi Farris e passo Taraghè a controllo dei guadi del Ghevà.
Nello stesso giorno il I Corpo d'Armata occupava le posizioni di Monte Gomolò-Aderat-Monte Garadsciam, dominanti da sud la conca di Buia, e serrava sotto le grandi unità dipendenti per prepararsi all'ulteriore sbalzo.
Frattanto, il II Corpo d'Armata, assicurata la difesa dei campi trincerati di Adua e di Axum, predisponeva la riunione della sua massa di manovra, mentre il IV Corpo d'Armata iniziava la radunata delle sue divisioni nella zona di Debri Mariam.
Tutti questi complessi ed ingenti movimenti si compivano regolarmente, vincendo, mercé la perfetta organizzazione delle truppe e dei servizi, difficoltà che potevano ritenersi insuperabili. Basti accennare al trasporto giornaliero di migliaia di tonnellate di materiali di ogni genere; al caratteristico autotrasporto, da Massaua alla zona di Adua, di 1500 muli; al trasferimento di parecchi gruppi di artiglieria di medio calibro, trainati da pesanti trattori, per circa 500 chilometri con tappe medie di 150 chilometri in parte su piste costruite durante l'azione; allo schieramento, infine, di oltre 800 stazioni R. T.
Il giorno 26 la preparazione della grande battaglia poteva considerarsi compiuta su tutti i settori.
Il suo sviluppo nel quadro generale doveva assicuraririi, in un primo tempo, il possesso dei passi di Alagi per impedire qualsiasi, per quanto improbabile, anzi impossibile, ritorno offensivo avversario, e sopratutto precludere la sua ritirata dal Tembien; in un secondo tempo battere le forze del Tembien e disperdere quelle che, per vie di ritirata eccentriche e difficili, avessero potuto sfuggire alla stretta; per rivolgermi, infine, con le maggiori probabilità di successo, contro ras Immerù.
Le grandi unità la sera del 26 febbraio risultavano così schierate:
- I Corpo d'Armata, costituito dalle divisioni «Sabauda» e «Sila» (meno un reggimento di fanteria ed un gruppo di artiglieria), «Pusteria», 4a CC. NN. «3 Gennaio», dal VI gruppo CC. NN., dal gruppo squadroni carri veloci, dall'VII gruppo battaglioni eritrei, dalla banda Aibà e dalle artiglierie mobili autotrainate di corpo d'armata, ammassato sulle posizioni di M. Garadsciam-Aderat-M. Gomolò;
- IlI Corpo d'Armata, costituito dalla 1a divisione CC. NN. «23 Marzo», dalla 1a divisione eritrea, da un reggimento di fanteria e da un gruppo di artiglieria della divisione «Sila», dal battaglione GG. FF., dal gruppo squadroni eritrei, ammassato sul Ghevà fra Adi Farris e passo Taraghè;
- Corpo d'Armata eritreo, costituito dalla 2a divisione CC. NN. «28 Ottobre», dal I gruppo CC. NN., dal gruppo battaglioni nazionali granatieri ed alpini, dalla 2a divisione eritrea e dalle artiglierie mobili autotrainate di corpo d'armata, ammassato sulle posizioni di Uarieu;
- II Corpo d'Armata, costituito dalle divisioni «Gavinana», «Gran Sasso», 3a CC. NN. «21 Aprile», da uno squadrone carri veloci, dalla III brigata eritrea, dal gruppo spahis, dal gruppo bande, dalle artiglierie mobili autotrainate di corpo d'armata, dalle bande irregolari, ammassato ad oriente della conca di Selaclacà;
- IV Corpo d'Armata, costituito dalle divisioni «Cosseria» e 5a CC. NN. «1° Febbraio», dal XX battaglione carri d'assalto, dal XXVII battaglione eritreo, dalle artiglierie mobili autotrainate di C. A., ammassato a cavallo del Mareb nella zona tra Mai Agais e Mai Zubarbit.
I corpi d'armata, compreso quello eritreo, risultavano, così, tutti composti con elementi dell'esercito, delle camicie nere ed eritrei.
Oltre tali masse di manovra, il presidio dei campi trincerati di Macallè, di Axum, delle posizioni del Mareb, del Tembien, di Debra Aila, di Aderat e delle linee di comunicazioni, affidato a venticinque battaglioni e ad un poderoso schieramento di 63 batterie da posizione, garantiva il possesso di tutto il territorio precedentemente occupato.


Occupazione dei passi di Alagi


Da informazioni in mio possesso sembrava che il Negus, messosi in movimento il giorno 20 verso il nord, pensasse a riordinare gli armati di ras Mulughietà, unirli a quelli dislocati fra Quoram e Mai Ciò, in tutto circa 20.000 uomini, e parare alla minaccia che gli si delineava su Amba Alagi.
Per quanto un movimento controffensivo nemico fosse da ritenere improbabile, risultava sempre più opportuno precludere all'avversario ogni velleità di ripresa procedendo senza indugio alla occupazione dei passi di Alagi.
Pertanto, il I Corpo d'Armata, raccolto come si è visto, fui dal giorno 20, sulle posizioni di monte Gomolò-Aderat-Garadstim, nella mattinata del 27 muoveva su tre colonne: colonna di destra (divisione Pusteria), per Gutba Hairat-Amba Corcorà su Amba e passi Togorà; colonna centrale (VI gruppo CC. NN.), su passo Alagi; colonna di sinistra (divisione «Sabauda»), per Mai Dolo-Adi Abeitò-Amba Mairà-Bet Mairà su colle Falagà.
Le colonne laterali dovevano procedere per l'alto per avvolgere eventuali resistenze avversarie ed aprire la strada all'occupazione di passo Alagi alla colonna centrale.
L'azione, come previsto, si svolgeva regolarmente. Nella giornata del 27 venivano occupate le posizioni a nord-est di Amba Togorà, a sud-est di q. 2310 e ad est di Mairà; nella giornata del 28, superando forti difficoltà di terreno, gli obbiettivi venivano raggiunti senza incontrare resistenze avversarie.
Numerosi morti e materiali abbandonati, rinvenuti durante l'avanzata dal corpo d'armata, nonché recenti traccie di accampamenti e di fortificazioni, compreso un cannone con relativo munizionamento, testimoniavano ancora una volta la disfatta dell'armata di ras Mulughietà e denotavano, infine, anche l'abbandono dell'idea di qualsiasi tentativo di resistenza.
Il 28 febbraio il tricolore Italiano sventolava sul passo di Alagi, che aveva visto, in altri tempi, il sacrificio di To-selli e dei Suoi.


Battaglia del Tembien


Dopo la disfatta di ras Mulughietà ed il movimento del III Corpo d'Armata verso il Ghevà le condizioni di ras Cassa e di ras Sejum erano ormai diventate critiche.
Ignorando la gravita della situazione di ras Mulughietà, volutamente tenuta loro nascosta, senza ordini precisi, i due ras erano incerti sulle decisioni da prendere: se ritirarsi su Amba Alagi, riunirsi a ras Immerù, se resistere in posto.
Frattanto, il III Corpo d'Armata serrava verso Ghevà ed il Corpo d'Armata eritreo perfezionava i suoi apprestamenti difensivi ed organizzava la sua massa di manovra.
Alla sera del 26 febbraio allo schieramento dei due Corpi d'Armata ras Cassa e ras Sejum opponevano circa 30.000 armati, frazionati fra Debra Amba (fronte a nord), Amba Tzellerè (fronte a sud), Melfà (fronte a passo Abarò), credendo in tal modo di poter parare a qualsiasi eventualità.

Davo, pertanto i seguenti ordini:
per il giorno 27: al Corpo d'Armata eritreo di occupare saldamente la posizione di Uork Amba per costituire un saldo appoggio alle posizioni di passo Uarieu;
- al III Corpo d'Armata di occupare le posizioni a nord di Debuk;
per il giorno 28 : al Corpo d'Armata eritreo di procedere su Debra Amba;
- al III Corpo d'Armata di risalire la testata del Mai Barrus ed occupare le posizioni fronteggianti Amba Tzellerè; per il giorno 29: riunione dei due Corpi d'Armata nella zona di Abbi Addi.
In tale reciproca situazione, dati gli ordini per serrare il cerchio, data l'avvenuta occupazione di Debrà Ailà e delle posizioni di Aderat, a ras Cassa e a ras Sejum non rimaneva che ritirarsi lungo la difficile, aspra ed eccentrica direttrice: Ambarà-confluenza Ghevà-Tacazzè-Semien, oppure gettarsi a piccoli gruppi alla macchia o, infine, accettare il combattimento correndo il rischio di essere catturati e di vedere il loro esercito distrutto.
Nelle prime ore del giorno 27, rocciatori alpini e camicie nere del Corpo d'Armata eritreo iniziavano la scalata della dolomitica Uork Amba e con azione di sorpresa alle ore sei e trenta se ne impadronivano catturando anche un cannone. Il nemico reagiva risolutamente con violente ripetute azioni, tendenti a riprendere l'amba, e tentando anche di aggirarla con movimento a largo raggio verso Dembelà. Tutti gli attacchi venivano decisamente respinti con gravi perdite da parte dell'avversario ed anche da parte nostra. Il possesso di Uork Amba dava sicura garanzia per il proseguimento dell'azione.
Contemporaneamente il III Corpo d'Armata, senza incontrare resistenze, raggiungeva le posizioni a nord di Dubuk, mentre una colonna nemica facente parte delle forze schierate sulle posizioni di Deber Ansa, valutata a circa 10.000 armati, inseguita e bersagliata dall'aviazione, si ritirava verso Amba Ambarà, rinunciando così definitivamente alla lotta. Altre forze si ritiravano verso Abbi Addi, ed ovunque piccoli ma intensi movimenti in varie direzioni entro il cerchio delle nostre truppe, denotavano orgasmo e disorientamento e facevano intravedere la decisione di volere ancora combattere.
Nella giornata del 28 il Corpo d'Armata eritreo procedeva dapprima indisturbato, ma successivamente incontrava delle resistenze sulle pendici occidentali di amba Debra Amba delle quali aveva ragione e procedeva all'occupazione dell'amba stessa. Frattanto, il III Corpo d'Armata, pur seriamente contrastato su tutto il fronte e quindi costretto a combattere dalle ore sette e trenta alle ore diciannove, a sera raggiungeva gli obiettivi prefissati, investendo da vicino e mettendo il piede su Amba Tzellerè, ed estendeva poi il suo fianco sinistro ad ovest di tale amba a sbarramento della valle Bararus.
Da informazioni di prigionieri si poteva desumere che ras Cassa con circa 10.000 armati, cannoni e mitragliatrici, si trovasse nella zona di Abbi Abbi, mentre altri armati ripiegavano verso sud-ovest.
Durante la notte qualche tentativo di attacco nemico sul fronte del III Corpo d'Armata veniva decisamente respinto.
Nella giornata del 29 i corpi d'armata riprendevano l'azione e verso mezzogiorno si congiungevano a tre km. ad ovest di Abbi Addi, serrando così entro il cerchio le truppe superstiti dell'esercito di ras Cassa e di ras Sejum.
Poco dopo giungeva da nord ai roccioni di Abbi Addi la prima autocolonna di rifornimento viveri per i due Corpi d'Armata.
Sono da notare le speciali difficili azioni del III Corpo d'Armata, il quale dopo di aver dovuto organizzare la linea di operazione Macallè-Ghevà per combattere a fronte rovesciato, doveva cambiare ancora la sua linea di operazioni rifornendosi da Hausien dopo essere stato rifornito, per mezzo di aerei, di viveri e di acqua.
Alla sera di tale giorno le notizie sulla situazione avversaria erano contrastanti. Talune davano ras Cassa e ras Sejum in ritirata verso sud-ovest, altre li davano nascosti fra le anfrattuosità del terreno; ancora gruppi di armati cercavano scampo in ogni di-rezione.
Contro tali resti informi dell'esercito dei due ras ordinavo operazioni di rastrellamento.
Nella giornata del 1° marzo e in quelle successive veniva completamente occupata Amba Tzellerè, roccaforte di ras Cassa, ed estesa l'occupazione all'intero Tembien: occupazione che dava luogo ad azioni di nuclei nemici, taluni ancora numerosi, che cercavano scampo attraverso i vari passaggi tutti presidiati.
In tutto il Tembien, così a lungo contrastato e ormai definitivamente conquistato, questi armati in fuga, e l'abbandono di fucili, mitragliatrici, quadrupedi, materiali vari, attendamenti, viveri offrivano la sicura visione della vittoria e della disfatta completa degli eserciti dei due ras i quali, seguiti da pochissimi armati, cercavano una qualsiasi via di ritirata.


Battaglia dello Scirè


Dopo l'attacco nemico, avvenuto il 25 dicembre scorso e che ci aveva costretti ad abbandonare i guadi del Tacazzè sui quali era dislocato il gruppo bande con compito di osservazione, l'esercito di ras Immirù e del degiac Aiuleu Burrù si era dislocato nello Scirè con la massa principale nella regione Semamà-Selaclacà e con elementi di osservazione nell'alto Adi Abò, nel Medebai Tabor e nell'Adi Arbatè.
La tempestiva dislocazione della 5a divisione CC. NN. nella regione del Debri Mariam aveva arrestato qualsiasi mossa tendente a oltrepassare il Mareb.
Tale situazione, pur subendo particolari variazioni, si era così stabilizzata, e il giorno 25 ras Immirù opponeva al nostro schieramento cinque - sei mila uomini dislocati in osservazione, tra Adi Abò-Adi Arbatè-Medebai Tabor ed una massa di circa 25.000 nella zona di Coiezà.
La battaglia, dopo una fase preparatoria, intesa ad attuare complessi provvedimenti logistici e compiere lavori stradali per raccogliere il IV Corpo d'Armata dalla zona Adi Quala-Debrì Mariam-Tucul a quella del Mareb, doveva svolgersi in due tempi; primo tempo: nei giorni 29 febbraio e 1° marzo il II Corpo d'Armata doveva avvicinarsi per Selaclacà alle posizioni di Coiezà, mentre il IV doveva raggiungere per Ad Nebrid, Az Darò; secondo tempo: sviluppo della battaglia e per il quale mi ero riservato di dare ordini secondo le circostanze e la situazione, col concetto che i due corpi d'armata si concentrassero sul campo di battaglia per battere in cooperazione le forze nemiche. All'alba del giorno 29 il II ed il IV Corpo d'Armata iniziavano la marcia secondo il piano prestabilito.
Il II Corpo d'Armata, con le divisioni Gavinana e 3a CC. NN. in prima schiera e la divisione Gran Sasso-III brigata eritrea e reparti minori di riserva di corpo d'armata, aveva come obiettivi le alture ad ovest di Selaclacà e di Acab Saat; il IV corpo con le divisioni Cosseria e 5a CC. NN. doveva raggiungere Ad Nebrid.
Il IV Corpo d'Armata senza incontrare resistenze avversarie ma superando gravi difficoltà dovute sopratutto all'asprezza del terreno e alla scarsità di acqua, sostava a sera a nord di Ad Nebrid, che non aveva potuto raggiungere.
Sul fronte del II Corpo d'Armata, verso le ore 13, l'avversario attaccava la divisione Gavinana; ne conseguiva un duro combattimento che si protraeva sino a notte, ma il nemico veniva ovunque fermato e contrattaccato.
Il corpo d'armata sostava sulle posizioni ad ovest di Selaclacà -Adi Haimanal-Acab Saat.
Siccome le informazioni sull'avversario facevano prevedere serie resistenze e data la ritardata marcia del IV Corpo, veniva deciso di perfezionare il 1° marzo il dispositivo offensivo schierando la divisione Gran Sasso sulla destra della Gavinana, e rinforzando lo schieramento delle artiglierie con l'entrata in azione di un gruppo da 149 che, partito dalla zona di passo Dogheà (settore di Macallè) nel pomeriggio del 26, con rapida ed esemplare marcia di 500 chilometri aveva raggiunto nel pomeriggio del 29 la zona di Selaclacà e quindi in grado di prendere posizione nella mattinata del 1° marzo.
Frattanto il IV Corpo proseguiva la sua difficilissima marcia.
Nella giornata del 1° marzo il nemico contrastava il compiersi delle suaccennate operazioni sul fronte del II Corpo con ripetuti attacchi sui fianchi che venivano ovunque respinti.
Alla sera il II Corpo risultava schierato sulle posizioni ad ovest di Acab Saat-Adi Haimanal-Selaclacà con tre divisioni in prima schiera: Gran Sasso (a destra), Gavinana (al centro), 3a divisione CC. NN. (a sinistra) e con la riserva di Corpo d'Armata ad ovest della selletta di q. 2140. Notizie sull'avversario confermavano la presenza di numerose forze sui monti di Coiezà, ma lasciavano intravedere sintomi di un possibile ripiegamento.
Decidevo, quindi, di avanzare decisamente sulla zona di Adi Dahanò-Semamà occupando il giorno dopo i monti di Coiezà, con il II Corpo d'Armata e le alture fra Mai Surrù e Hamlò col IV Corpo per poi preparare l'ulteriore sbalzo su Adi Dahanò. Nella giornata i corpi d'armata proseguivano la marcia e raggiungevano quasi completamente gli obbiettivi prefissati. Il II Corpo di Armata, seriamente ostacolato, sosteneva su quasi tutta la fronte violenti ma vittoriosi combattimenti efficacemente appoggiati dall'artiglieria di corpo d'armata. A sera il nemico era ovunque respinto; durante la notte qualche piccolo scontro.
Il IV Corpo proseguiva la marcia, ostacolato soltanto dalle difficoltà del terreno e che poteva superare mercé la buona volontà ed il concorso delle truppe e dei servizi. Anche questo corpo d'armata veniva rifornito a mezzo aerei.
Ormai i due corpi d'Armata, ravvicinati sul campo di battaglia, dovevano il giorno dopo, far sentire la reciproca influenza.
Difatti, all'alba del giorno 3, i corpi d'armata riprendevano la marcia ed il nemico, scosso dai combattimenti sostenuti nei giorni precedenti contro il II Corpo d'Armata e minacciato da nord dal IV Corpo, ormai vicino, non accettava battaglia ed iniziava il ripiegamento verso il Tacazzè: ripiegamento che, martellato senza posa dall'aviazione, si tramutava ben presto in fuga caotica e disordinata.
E così con la distruzione dell'armata di ras Immirù anche la battaglia dello Scirè si concludeva come le altre, vittoriosamente.

Il Maresciallo d'Italia PIETRO BADOGLIO


L'ordine del giorno alle truppe


Dopo la grande battaglia dell'Endertà, che ha condotto poi alla occupazione di Amba Alagi, e le vittoriose battaglie del Tembien e dello Scirè, gli eserciti etiopici del fronte nord sono stati definitivamente battuti e dispersi.
Il nemico ha perduto molte migliaia di uomini, ingenti quantità di armi e materiali di ogni genere.
Le nostre perdite, al confronto, sono state lievi, sebbene per noi dolorose.
Questi nostri fratelli sono caduti mentre in Italia si organizzava e si celebrava il 40° anniversario di Adua. La Patria riconoscente ora unisce i recenti caduti con quelli di allora, in un unico fascio con un sentimento in cui al dolore prevale l'orgoglio per i figli valorosi che, esciti dal suo seno, si sono qua immolati per la sua grandezza.
La maggiore grandezza della Patria alla quale essi sono legati, rende il loro eroismo più fulgido ed assicura il loro ricordo imperituro.
In poco meno di un mese tre grandi armate etiopiche sono state battute e disperse ed i loro comandanti, con pochi armati al seguito, costretti alla fuga per le vie più recondite e a cercare scampo di caverna in caverna.
Tutto ciò è avvenuto per virtù di capi e per valore di soldati, ai quali tutti senza distinzione deve andare il pensiero riconoscente della Patria.
Questo è il migliore elogio che faccio alle mie truppe. A. O., 3 marzo 1936-XIV.


Il Maresciallo d'Italia PIETRO BADOGLIO


IL DUCE
BADOGLIO


«Maresciallo Badoglio-Macallè.
L'annuncio della vittoria schiacciante sulle armate di ras Cassa e di ras Sejum fa esultare l'animo di tutti gli italiani. La vittoria che si deve alla genialità ed all'energia di V. E., all'indomito coraggio delle truppe nazionali ed eritree resterà incisa per sempre nella storia dell'Italia Fascista. Con un ordine del giorno porti il saluto e la espressione della riconoscenza del popolo italiano a tutte le truppe che hanno vittoriosamente combattuto.


Viva l'Italia! Viva il Re! 2 marzo XIV. MUSSOLINI»


S. E. Badoglio ha così risposto al Duce:
«L'alta parola di elogio di V. E. ha colmato di orgoglio l'animo di tutti i combattenti in Africa Orientale che sono decisi, a qualunque costo, a realizzare con le armi la politica di italiana fierezza del Governo di V. E. Io personalmente devotamente ringrazio.


4 marzo XIV. BADOGLIO»


 

 

  

Amedeo Tosti