Occupazione di Amba Alagi
Le battaglie del Tembien e dello Scirè
Dopo la vittoriosa battaglia dell'Endertà e non appena
avuto sentore della entità della disastrosa sconfitta subita dal nemico,
intuii che la campagna poteva avere, nel campo strategico, grandi
possibilità di sviluppo.
La situazione avversaria poteva così sintetizzarsi:
- l'armata di ras Mulughietà in disordinata fuga ed in pieno dissolvimento ;
- l'armata di ras Cassa e ras Sejum, nel Tembien, fronteggiata a nord da
posizioni saldamente organizzate a difesa e in condizioni di potere essere
aggredita e assediata da sud;
- l'armata di ras Immirù dislocata nello Scirè, ancora intatta, ma in
condizioni di potere essere attaccata da due corpi d'armata convergenti, sul
campo di battaglia, da due direzioni diverse;
- disorientamento generale nei capi, incerti e
contrastanti nei loro desideri e nei loro intendimenti; sfiducia nei
gregari; sintomi di rivolta nelle popolazioni.
Questo il quadro generale della situazione delineatasi nel campo avversario,
che mi induceva ad agire con la massima decisione dopo aver prontamente
esaminato tutto l'imponente problema nel campo strategico-logistico, e
vagliate tutte le difficoltà e le probabilità di successo.
Mi accingevo, così, senza indugio ad organizzare una seconda grandiosa
battaglia che, per la prima volta nella storia militare coloniale, doveva,
con attacco generale su tutti i settori, mettere contemporaneamente in moto
cinque corpi d'armata, schierati su 250 chilometri di fronte, procedenti da
nord a sud, da sud a nord e da est verso ovest, nonché masse imponenti di
artiglierie di piccolo e di medio calibro, carri veloci ed interi stormi di
aviazione.
Il concetto fondamentale per la nuova battaglia consisteva nel non dare
tregua al nemico già scosso e di colpirlo con tutti i mezzi e senza
interruzione sino ad annientarlo completamente.
Ponendo così in relazione le possibilità logistiche con il grado di urgenza
delle successive operazioni, preparavo la battaglia ed ordinavo:
- all'aviazione il compito di inseguire a fondo le colonne nemiche che
ripiegavano disordinatamente dal vasto campo di battaglia dell'Endertà fino
ad annientarle e disperderle;
- al III Corpo d'Armata di trasferirsi nella zona di Gaela, mettendosi in
condizioni di puntare a tergo delle formazioni nemiche o quanto meno
contrastare la loro ritirata se in ciò fossero state indotte dalla
situazione creatasi nel settore dell'Endertà;
- al Corpo d'Armata eritreo di rafforzare la sistemazione difensiva allo
scopo di garantire con il minimo delle forze il possesso delle sue posizioni
e concorrere con il massimo delle forze, e contemporaneamente, all'azione
del III Corpo d'Armata;
- al II e al IV Corpo d'Armata di tenersi pronti per eseguire una azione
concomitante nello Scirè;
- al I Corpo d'Armata di occupare le posizioni di M. Gomolò-Aderat-M.
Garadsciam per poi successivamente, e a breve scadenza, proseguire su Amba
Alagi e sui valichi laterali.
Tali ordini diramavo tra il 16 ed il 18 febbraio; contemporaneamente
predisponevo i conseguenti ingenti e complessi provvedimenti logistici.
Nella mattinata del 16 l'aviazione individuava e perseguiva le due
principali colonne nemiche che ripiegavano dal campo di battaglia dell'Endertà:
una per Aderat su Alagi e l'altra, di consistenza maggiore valutata a circa
ventimila uomini, per Samrè-Fenaroa su Socotà; a queste due, il giorno 17,
se ne aggiungeva una terza proveniente dal Tembien e diretta verso Togorà.
Tali colonne, inseguite dal giorno 16 al giorno 19 dal tormento continuo ed
inesorabile di violente azioni di bombardamento fin oltre Mai
Ciò-Ezbà-Agumbertà, e continuamente battute dalle popolazioni e dagli Azebù
Galla, da noi attratti ed armati, finivano per subire, con apatica
rassegnazione, perdite tali da togliere loro qualsiasi facoltà reattiva.
Cosi l'esercito di ras Mulughietà poteva considerarsi completamente
annientato.
Il giorno 17, il III Corpo d'Armata, attraverso un terreno aspro e difficile
e costruendo una pista di circa 80 chilometri, iniziava i movimenti per
concentrarsi nella zona di Gaela. Il giorno 20 il funzionamento della nuova
linea di comunicazione era assicurato ed il III Corpo d'Armata si schierava
sulle posizioni tra Adi Farris e passo Taraghè a controllo dei guadi del
Ghevà.
Nello stesso giorno il I Corpo d'Armata occupava le posizioni di Monte
Gomolò-Aderat-Monte Garadsciam, dominanti da sud la conca di Buia, e serrava
sotto le grandi unità dipendenti per prepararsi all'ulteriore sbalzo.
Frattanto, il II Corpo d'Armata, assicurata la difesa dei campi trincerati
di Adua e di Axum, predisponeva la riunione della sua massa di manovra,
mentre il IV Corpo d'Armata iniziava la radunata delle sue divisioni nella
zona di Debri Mariam.
Tutti questi complessi ed ingenti movimenti si compivano regolarmente,
vincendo, mercé la perfetta organizzazione delle truppe e dei servizi,
difficoltà che potevano ritenersi insuperabili. Basti accennare al trasporto
giornaliero di migliaia di tonnellate di materiali di ogni genere; al
caratteristico autotrasporto, da Massaua alla zona di Adua, di 1500 muli; al
trasferimento di parecchi gruppi di artiglieria di medio calibro, trainati
da pesanti trattori, per circa 500 chilometri con tappe medie di 150
chilometri in parte su piste costruite durante l'azione; allo schieramento,
infine, di oltre 800 stazioni R. T.
Il giorno 26 la preparazione della grande battaglia poteva considerarsi
compiuta su tutti i settori.
Il suo sviluppo nel quadro generale doveva assicuraririi, in un primo tempo,
il possesso dei passi di Alagi per impedire qualsiasi, per quanto
improbabile, anzi impossibile, ritorno offensivo avversario, e sopratutto
precludere la sua ritirata dal Tembien; in un secondo tempo battere le forze
del Tembien e disperdere quelle che, per vie di ritirata eccentriche e
difficili, avessero potuto sfuggire alla stretta; per rivolgermi, infine,
con le maggiori probabilità di successo, contro ras Immerù.
Le grandi unità la sera del 26 febbraio risultavano così schierate:
- I Corpo d'Armata, costituito dalle divisioni «Sabauda» e «Sila» (meno un
reggimento di fanteria ed un gruppo di artiglieria), «Pusteria», 4a
CC. NN. «3 Gennaio», dal VI gruppo CC. NN., dal gruppo squadroni carri
veloci, dall'VII gruppo battaglioni eritrei, dalla banda Aibà e dalle
artiglierie mobili autotrainate di corpo d'armata, ammassato sulle posizioni
di M. Garadsciam-Aderat-M. Gomolò;
- IlI Corpo d'Armata, costituito dalla 1a divisione CC. NN. «23
Marzo», dalla 1a divisione eritrea, da un reggimento di fanteria
e da un gruppo di artiglieria della divisione «Sila», dal battaglione GG.
FF., dal gruppo squadroni eritrei, ammassato sul Ghevà fra Adi Farris e
passo Taraghè;
- Corpo d'Armata eritreo, costituito dalla 2a divisione CC. NN.
«28 Ottobre», dal I gruppo CC. NN., dal gruppo battaglioni nazionali
granatieri ed alpini, dalla 2a divisione eritrea e dalle
artiglierie mobili autotrainate di corpo d'armata, ammassato sulle posizioni
di Uarieu;
- II Corpo d'Armata, costituito dalle divisioni «Gavinana», «Gran Sasso», 3a
CC. NN. «21 Aprile», da uno squadrone carri veloci, dalla III brigata
eritrea, dal gruppo spahis, dal gruppo bande, dalle artiglierie mobili
autotrainate di corpo d'armata, dalle bande irregolari, ammassato ad oriente
della conca di Selaclacà;
- IV Corpo d'Armata, costituito dalle divisioni «Cosseria» e 5a
CC. NN. «1° Febbraio», dal XX battaglione carri d'assalto, dal XXVII
battaglione eritreo, dalle artiglierie mobili autotrainate di C. A.,
ammassato a cavallo del Mareb nella zona tra Mai Agais e Mai Zubarbit.
I corpi d'armata, compreso quello eritreo, risultavano, così, tutti composti
con elementi dell'esercito, delle camicie nere ed eritrei.
Oltre tali masse di manovra, il presidio dei campi trincerati di Macallè, di
Axum, delle posizioni del Mareb, del Tembien, di Debra Aila, di Aderat e
delle linee di comunicazioni, affidato a venticinque battaglioni e ad un
poderoso schieramento di 63 batterie da posizione, garantiva il possesso di
tutto il territorio precedentemente occupato.
Da informazioni in mio possesso sembrava che il Negus, messosi in movimento
il giorno 20 verso il nord, pensasse a riordinare gli armati di ras
Mulughietà, unirli a quelli dislocati fra Quoram e Mai Ciò, in tutto circa
20.000 uomini, e parare alla minaccia che gli si delineava su Amba Alagi.
Per quanto un movimento controffensivo nemico fosse da ritenere improbabile,
risultava sempre più opportuno precludere all'avversario ogni velleità di
ripresa procedendo senza indugio alla occupazione dei passi di Alagi.
Pertanto, il I Corpo d'Armata, raccolto come si è visto, fui dal giorno 20,
sulle posizioni di monte Gomolò-Aderat-Garadstim, nella mattinata del 27
muoveva su tre colonne: colonna di destra (divisione Pusteria), per Gutba
Hairat-Amba Corcorà su Amba e passi Togorà; colonna centrale (VI gruppo CC.
NN.), su passo Alagi; colonna di sinistra (divisione «Sabauda»), per Mai
Dolo-Adi Abeitò-Amba Mairà-Bet Mairà su colle Falagà.
Le colonne laterali dovevano procedere per l'alto per avvolgere eventuali
resistenze avversarie ed aprire la strada all'occupazione di passo Alagi
alla colonna centrale.
L'azione, come previsto, si svolgeva regolarmente. Nella giornata del 27
venivano occupate le posizioni a nord-est di Amba Togorà, a sud-est di q.
2310 e ad est di Mairà; nella giornata del 28, superando forti difficoltà di
terreno, gli obbiettivi venivano raggiunti senza incontrare resistenze
avversarie.
Numerosi morti e materiali abbandonati, rinvenuti durante l'avanzata dal
corpo d'armata, nonché recenti traccie di accampamenti e di fortificazioni,
compreso un cannone con relativo munizionamento, testimoniavano ancora una
volta la disfatta dell'armata di ras Mulughietà e denotavano, infine, anche
l'abbandono dell'idea di qualsiasi tentativo di resistenza.
Il 28 febbraio il tricolore Italiano sventolava sul passo di Alagi, che
aveva visto, in altri tempi, il sacrificio di To-selli e dei Suoi.
Battaglia del Tembien
Dopo la disfatta di ras Mulughietà ed il movimento del III Corpo d'Armata
verso il Ghevà le condizioni di ras Cassa e di ras Sejum erano ormai
diventate critiche.
Ignorando la gravita della situazione di ras Mulughietà, volutamente tenuta
loro nascosta, senza ordini precisi, i due ras erano incerti sulle decisioni
da prendere: se ritirarsi su Amba Alagi, riunirsi a ras Immerù, se resistere
in posto.
Frattanto, il III Corpo d'Armata serrava verso Ghevà ed il Corpo d'Armata
eritreo perfezionava i suoi apprestamenti difensivi ed organizzava la sua
massa di manovra.
Alla sera del 26 febbraio allo schieramento dei due Corpi d'Armata ras Cassa
e ras Sejum opponevano circa 30.000 armati, frazionati fra Debra Amba
(fronte a nord), Amba Tzellerè (fronte a sud), Melfà (fronte a passo Abarò),
credendo in tal modo di poter parare a qualsiasi eventualità.
Davo, pertanto i seguenti ordini:
per il giorno 27: al Corpo d'Armata eritreo di occupare saldamente la
posizione di Uork Amba per costituire un saldo appoggio alle posizioni di
passo Uarieu;
- al III Corpo d'Armata di occupare le posizioni a nord di Debuk;
per il giorno 28 : al Corpo d'Armata eritreo di procedere su Debra Amba;
- al III Corpo d'Armata di risalire la testata del Mai Barrus ed occupare le
posizioni fronteggianti Amba Tzellerè; per il giorno 29: riunione dei due
Corpi d'Armata nella zona di Abbi Addi.
In tale reciproca situazione, dati gli ordini per serrare il cerchio, data
l'avvenuta occupazione di Debrà Ailà e delle posizioni di Aderat, a ras
Cassa e a ras Sejum non rimaneva che ritirarsi lungo la difficile, aspra ed
eccentrica direttrice: Ambarà-confluenza Ghevà-Tacazzè-Semien, oppure
gettarsi a piccoli gruppi alla macchia o, infine, accettare il combattimento
correndo il rischio di essere catturati e di vedere il loro esercito
distrutto.
Nelle prime ore del giorno 27, rocciatori alpini e camicie nere del Corpo
d'Armata eritreo iniziavano la scalata della dolomitica Uork Amba e con
azione di sorpresa alle ore sei e trenta se ne impadronivano catturando
anche un cannone. Il nemico reagiva risolutamente con violente ripetute
azioni, tendenti a riprendere l'amba, e tentando anche di aggirarla con
movimento a largo raggio verso Dembelà. Tutti gli attacchi venivano
decisamente respinti con gravi perdite da parte dell'avversario ed anche da
parte nostra. Il possesso di Uork Amba dava sicura garanzia per il
proseguimento dell'azione.
Contemporaneamente il III Corpo d'Armata, senza incontrare resistenze,
raggiungeva le posizioni a nord di Dubuk, mentre una colonna nemica facente
parte delle forze schierate sulle posizioni di Deber Ansa, valutata a circa
10.000 armati, inseguita e bersagliata dall'aviazione, si ritirava verso
Amba Ambarà, rinunciando così definitivamente alla lotta. Altre forze si
ritiravano verso Abbi Addi, ed ovunque piccoli ma intensi movimenti in varie
direzioni entro il cerchio delle nostre truppe, denotavano orgasmo e
disorientamento e facevano intravedere la decisione di volere ancora
combattere.
Nella giornata del 28 il Corpo d'Armata eritreo procedeva dapprima
indisturbato, ma successivamente incontrava delle resistenze sulle pendici
occidentali di amba Debra Amba delle quali aveva ragione e procedeva
all'occupazione dell'amba stessa. Frattanto, il III Corpo d'Armata, pur
seriamente contrastato su tutto il fronte e quindi costretto a combattere
dalle ore sette e trenta alle ore diciannove, a sera raggiungeva gli
obiettivi prefissati, investendo da vicino e mettendo il piede su Amba
Tzellerè, ed estendeva poi il suo fianco sinistro ad ovest di tale amba a
sbarramento della valle Bararus.
Da informazioni di prigionieri si poteva desumere che ras Cassa con circa
10.000 armati, cannoni e mitragliatrici, si trovasse nella zona di Abbi
Abbi, mentre altri armati ripiegavano verso sud-ovest.
Durante la notte qualche tentativo di attacco nemico sul fronte del III
Corpo d'Armata veniva decisamente respinto.
Nella giornata del 29 i corpi d'armata riprendevano l'azione e verso
mezzogiorno si congiungevano a tre km. ad ovest di Abbi Addi, serrando così
entro il cerchio le truppe superstiti dell'esercito di ras Cassa e di ras
Sejum.
Poco dopo giungeva da nord ai roccioni di Abbi Addi la prima autocolonna di
rifornimento viveri per i due Corpi d'Armata.
Sono da notare le speciali difficili azioni del III Corpo d'Armata, il quale
dopo di aver dovuto organizzare la linea di operazione Macallè-Ghevà per
combattere a fronte rovesciato, doveva cambiare ancora la sua linea di
operazioni rifornendosi da Hausien dopo essere stato rifornito, per mezzo di
aerei, di viveri e di acqua.
Alla sera di tale giorno le notizie sulla situazione avversaria erano
contrastanti. Talune davano ras Cassa e ras Sejum in ritirata verso
sud-ovest, altre li davano nascosti fra le anfrattuosità del terreno; ancora
gruppi di armati cercavano scampo in ogni di-rezione.
Contro tali resti informi dell'esercito dei due ras ordinavo operazioni di
rastrellamento.
Nella giornata del 1° marzo e in quelle successive veniva completamente
occupata Amba Tzellerè, roccaforte di ras Cassa, ed estesa l'occupazione
all'intero Tembien: occupazione che dava luogo ad azioni di nuclei nemici,
taluni ancora numerosi, che cercavano scampo attraverso i vari passaggi
tutti presidiati.
In tutto il Tembien, così a lungo contrastato e ormai definitivamente
conquistato, questi armati in fuga, e l'abbandono di fucili, mitragliatrici,
quadrupedi, materiali vari, attendamenti, viveri offrivano la sicura visione
della vittoria e della disfatta completa degli eserciti dei due ras i quali,
seguiti da pochissimi armati, cercavano una qualsiasi via di ritirata.
Battaglia dello Scirè
Dopo l'attacco nemico, avvenuto il 25 dicembre scorso e che ci aveva
costretti ad abbandonare i guadi del Tacazzè sui quali era dislocato il
gruppo bande con compito di osservazione, l'esercito di ras Immirù e del
degiac Aiuleu Burrù si era dislocato nello Scirè con la massa principale
nella regione Semamà-Selaclacà e con elementi di osservazione nell'alto Adi
Abò, nel Medebai Tabor e nell'Adi Arbatè.
La tempestiva dislocazione della 5a divisione CC. NN. nella
regione del Debri Mariam aveva arrestato qualsiasi mossa tendente a
oltrepassare il Mareb.
Tale situazione, pur subendo particolari variazioni, si era così
stabilizzata, e il giorno 25 ras Immirù opponeva al nostro schieramento
cinque - sei mila uomini dislocati in osservazione, tra Adi Abò-Adi
Arbatè-Medebai Tabor ed una massa di circa 25.000 nella zona di Coiezà.
La battaglia, dopo una fase preparatoria, intesa ad attuare complessi
provvedimenti logistici e compiere lavori stradali per raccogliere il IV
Corpo d'Armata dalla zona Adi Quala-Debrì Mariam-Tucul a quella del Mareb,
doveva svolgersi in due tempi; primo tempo: nei giorni 29 febbraio e 1°
marzo il II Corpo d'Armata doveva avvicinarsi per Selaclacà alle posizioni
di Coiezà, mentre il IV doveva raggiungere per Ad Nebrid, Az Darò; secondo
tempo: sviluppo della battaglia e per il quale mi ero riservato di dare
ordini secondo le circostanze e la situazione, col concetto che i due corpi
d'armata si concentrassero sul campo di battaglia per battere in
cooperazione le forze nemiche. All'alba del giorno 29 il II ed il IV Corpo
d'Armata iniziavano la marcia secondo il piano prestabilito.
Il II Corpo d'Armata, con le divisioni Gavinana e 3a CC. NN. in
prima schiera e la divisione Gran Sasso-III brigata eritrea e reparti minori
di riserva di corpo d'armata, aveva come obiettivi le alture ad ovest di
Selaclacà e di Acab Saat; il IV corpo con le divisioni Cosseria e 5a
CC. NN. doveva raggiungere Ad Nebrid.
Il IV Corpo d'Armata senza incontrare resistenze avversarie ma superando
gravi difficoltà dovute sopratutto all'asprezza del terreno e alla scarsità
di acqua, sostava a sera a nord di Ad Nebrid, che non aveva potuto
raggiungere.
Sul fronte del II Corpo d'Armata, verso le ore 13, l'avversario attaccava la
divisione Gavinana; ne conseguiva un duro combattimento che si protraeva
sino a notte, ma il nemico veniva ovunque fermato e contrattaccato.
Il corpo d'armata sostava sulle posizioni ad ovest di Selaclacà -Adi
Haimanal-Acab Saat.
Siccome le informazioni sull'avversario facevano prevedere serie resistenze
e data la ritardata marcia del IV Corpo, veniva deciso di perfezionare il 1°
marzo il dispositivo offensivo schierando la divisione Gran Sasso sulla
destra della Gavinana, e rinforzando lo schieramento delle artiglierie con
l'entrata in azione di un gruppo da 149 che, partito dalla zona di passo
Dogheà (settore di Macallè) nel pomeriggio del 26, con rapida ed esemplare
marcia di 500 chilometri aveva raggiunto nel pomeriggio del 29 la zona di
Selaclacà e quindi in grado di prendere posizione nella mattinata del 1°
marzo.
Frattanto il IV Corpo proseguiva la sua difficilissima marcia.
Nella giornata del 1° marzo il nemico contrastava il compiersi delle
suaccennate operazioni sul fronte del II Corpo con ripetuti attacchi sui
fianchi che venivano ovunque respinti.
Alla sera il II Corpo risultava schierato sulle posizioni ad ovest di Acab
Saat-Adi Haimanal-Selaclacà con tre divisioni in prima schiera: Gran Sasso
(a destra), Gavinana (al centro), 3a divisione CC. NN. (a
sinistra) e con la riserva di Corpo d'Armata ad ovest della selletta di q.
2140. Notizie sull'avversario confermavano la presenza di numerose forze sui
monti di Coiezà, ma lasciavano intravedere sintomi di un possibile
ripiegamento.
Decidevo, quindi, di avanzare decisamente sulla zona di Adi Dahanò-Semamà
occupando il giorno dopo i monti di Coiezà, con il II Corpo d'Armata e le
alture fra Mai Surrù e Hamlò col IV Corpo per poi preparare l'ulteriore
sbalzo su Adi Dahanò. Nella giornata i corpi d'armata proseguivano la marcia
e raggiungevano quasi completamente gli obbiettivi prefissati. Il II Corpo
di Armata, seriamente ostacolato, sosteneva su quasi tutta la fronte
violenti ma vittoriosi combattimenti efficacemente appoggiati
dall'artiglieria di corpo d'armata. A sera il nemico era ovunque respinto;
durante la notte qualche piccolo scontro.
Il IV Corpo proseguiva la marcia, ostacolato soltanto dalle difficoltà del
terreno e che poteva superare mercé la buona volontà ed il concorso delle
truppe e dei servizi. Anche questo corpo d'armata veniva rifornito a mezzo
aerei.
Ormai i due corpi d'Armata, ravvicinati sul campo di battaglia, dovevano il
giorno dopo, far sentire la reciproca influenza.
Difatti, all'alba del giorno 3, i corpi d'armata riprendevano la marcia ed
il nemico, scosso dai combattimenti sostenuti nei giorni precedenti contro
il II Corpo d'Armata e minacciato da nord dal IV Corpo, ormai vicino, non
accettava battaglia ed iniziava il ripiegamento verso il Tacazzè:
ripiegamento che, martellato senza posa dall'aviazione, si tramutava ben
presto in fuga caotica e disordinata.
E così con la distruzione dell'armata di ras Immirù anche la battaglia dello
Scirè si concludeva come le altre, vittoriosamente.
Il Maresciallo d'Italia PIETRO BADOGLIO
L'ordine del giorno alle truppe
Dopo la grande battaglia dell'Endertà, che ha condotto poi alla occupazione
di Amba Alagi, e le vittoriose battaglie del Tembien e dello Scirè, gli
eserciti etiopici del fronte nord sono stati definitivamente battuti e
dispersi.
Il nemico ha perduto molte migliaia di uomini, ingenti quantità di armi e
materiali di ogni genere.
Le nostre perdite, al confronto, sono state lievi, sebbene per noi dolorose.
Questi nostri fratelli sono caduti mentre in Italia si organizzava e si
celebrava il 40° anniversario di Adua. La Patria riconoscente ora unisce i
recenti caduti con quelli di allora, in un unico fascio con un sentimento in
cui al dolore prevale l'orgoglio per i figli valorosi che, esciti dal suo
seno, si sono qua immolati per la sua grandezza.
La maggiore grandezza della Patria alla quale essi sono legati, rende il
loro eroismo più fulgido ed assicura il loro ricordo imperituro.
In poco meno di un mese tre grandi armate etiopiche sono state battute e
disperse ed i loro comandanti, con pochi armati al seguito, costretti alla
fuga per le vie più recondite e a cercare scampo di caverna in caverna.
Tutto ciò è avvenuto per virtù di capi e per valore di soldati, ai quali
tutti senza distinzione deve andare il pensiero riconoscente della Patria.
Questo è il migliore elogio che faccio alle mie truppe. A. O., 3 marzo
1936-XIV.
Il Maresciallo d'Italia PIETRO BADOGLIO
IL DUCE
BADOGLIO
«Maresciallo Badoglio-Macallè.
L'annuncio della vittoria schiacciante sulle armate di ras Cassa e di ras
Sejum fa esultare l'animo di tutti gli italiani. La vittoria che si deve
alla genialità ed all'energia di V. E., all'indomito coraggio delle truppe
nazionali ed eritree resterà incisa per sempre nella storia dell'Italia
Fascista. Con un ordine del giorno porti il saluto e la espressione della
riconoscenza del popolo italiano a tutte le truppe che hanno vittoriosamente
combattuto.
Viva l'Italia! Viva il Re! 2 marzo XIV. MUSSOLINI»
S. E. Badoglio ha così risposto al Duce:
«L'alta parola di elogio di V. E. ha colmato di orgoglio l'animo di tutti i
combattenti in Africa Orientale che sono decisi, a qualunque costo, a
realizzare con le armi la politica di italiana fierezza del Governo di V. E.
Io personalmente devotamente ringrazio.
4 marzo XIV. BADOGLIO»
Amedeo Tosti