La Campagna di Libia

 

La riconquista della Tripolitania

 

Le nostre Colonie sul finire del 1922. - Anche da un semplice sguardo complessivo ben poco confortanti apparivano, alla fine del 1922, i risultati della politica coloniale italiana nell'immediato dopo guerra.
In Tripolitania, dopo avere sopportato spese ingenti e subito umiliazioni, eravamo stati costretti, dopo meno di due anni dalla concessione dello Statuto, ad impugnare nuovamente le armi e ad intraprendere con scarse forze quella restaurazione del nostro prestigio che non avevamo creduto di imporre al momento in cui erano disponibili nella Colonia ben maggiori forze.
In Cirenaica, nonostante lo sforzo per conservare un illusorio accordo con la Senussia, la situazione poteva dirsi compromessa ed era imminente una rottura completa.
L'Eritrea e la Somalia, per fortuna. forse a causa della distanza, avevano risentito meno del triste periodo post-bellico. In Eritrea sventuratamente, nell'agosto-settembre 1921, un terribile terremoto aveva distrutto quasi completamente Massaua. ma il Governo del tempo aveva preso ben scarse misure per sollevare la popolazione e rimediare ai danni recati all'importantissimo porto. Per la Somalia, si attendeva ancora, dal 1919, la promessa cessione da parte dell'Inghilterra della sponda destra del Giuba quale rettifica di frontiera spettanteci in compenso della nostra partecipazione alla grande guerra.

L'avvento del Governo Fascista. - Dopo il lungo periodo gli sventure, di abbandoni, di incomprensioni, che oltre a procurarci tanti danni avevano concorso a diffondere per il mondo la convinzione di una grave incapacità colonizzatrice italiana, nell'ottobre 1922 l'on. Benito Mussolini, compiuta la travolgente marcia su Roma sostenuta dai voti di tutta la Nazione, saliva al potere e nominava Ministro delle Colonie l'on. Federzoni, fervido sostenitore da oltre un ventennio della necessità di espansione del popolo italiano.
Tutta una nuova condotta veniva instaurata, nel fermo proposito di giungere gradualmente a tutte quelle rivendicazioni materiali e spirituali che i sacrifici compiuti dall'Italia, le vittorie decisive conseguite nella grande guerra e le stesse necessità della sua vita assolutamente imponevano.
Dalla guerra eravamo usciti a mani vuote. A beneficio della Grecia ci era stata tolta quella sfera d'influenza in Asia Minore che il trattato di San Giovanni di Moriana ci aveva solennemente assegnato e, ancora alla fine del 1922, non avevamo ottenuto i modesti compensi promessici dall'art. 13 dei Patto di Londra, eccezion fatta d'una lieve rettifica della frontiera occidentale della Tripolitania fra Gadames, Ghat e Tummo: lembi di territorio, di ben scarso valore, che non erano mai stati francesi, se non sulle carte.
S'imponeva, dunque, al nuovo Governo - e la fermezza dei suoi propositi dava già allora pieno affidamento di felice riuscita - la soluzione di vasti e delirati problemi che possono riassumersi:
- spiritualmente, raggiungere nel Mediterraneo una posizione veramente adeguata all'importanza dell'Italia;
- territorialmente, regolare la questione delle frontiere e del retroterra libico, ampliare la nostra Colonia somala con la cessione, già promessaci, del Giuba e ottenere una revisione dei trattati vigenti con l'Abissinia per una pacifica espansione economica in quel territorio ancora selvaggio e per nulla sfruttato.
Vastissimo programma che poteva allora far tremare le vene e i polsi a qualunque Governante che non possedesse la tenacia, la fede ed il genio del nuovo Condottiero a cui erano affidati i destini d'Italia.
Nel corso di appena quindici anni l'opera è stata compiuta come qui descriveremo.
Prima la riconquista della Libia e l'occupazione della Somalia settentrionale, poi l'annessione dell'Oltre Giuba. la rettifica della frontiera Cirenaica e la conseguente occupazione di Giarabub. Poi il rafforzamento del nostro prestigio nel Mediterraneo e nel Mar Rosso con l'annessione definitiva del Dodecaneso e di Castelrosso, la definizione della questione di Tangeri e i trattati con lo Yemen e con l'Hegiaz.
Giusta ed intensa attività veniva esplicata anche per giungere ad un accordo economico con l'Etiopia a vantaggio di entrambi i Paesi, ma le incomprensioni e le ostilità delle autorità etiopiche e l'avversione da parte di Stati europei, dai quali l'Italia aveva ogni diritto di attendersi ben diverso comportamento, provocheranno il grandioso conflitto col quale l'Italia, tagliando ogni nodo gordiano. si assicurerà il possesso dell'intera Etiopia, con rilevante vantaggio del suo progresso economico e civile e del suo prestigio nel Mondo.


LA RICONQUISTA DELLA TRIPOLITANIA

Alla fine del 1922, per merito del conte Giuseppe Volpi, governatore della Tripolitania, Misurata Marina e tutta la Tripolitania fino al ciglio del Gebel erano già nelle nostre mani. Occorreva ora proseguire nella benemerita opera.


Riconquista di Tarhuna. - Veniva pertanto deciso di cominciare da Tarhuna, l'importante centro carovaniero a sud-est di Tripoli.

Alla fine del gennaio 1923 venivano fatte convergere su Tarhuna tre colonne:

  • la colonna della Msellata (colonnello Pizzari: 3.100 fucili, 300 cavalieri, 4 pezzi) partiva il 29 gennaio da Tagiura e procedendo lungo la costa per Gasr Garabulli, il 29 stesso vi respingeva un violento attacco dei ribelli e altro vittorioso combattimento sosteneva il 1° febbraio a Fondug el Naggaza. Il 2 si univa a forze mobili uscite da Homs, il 4 raggiungeva el Gusbat, dove catturava armi e bestiame;

  • la colonna della Gefara (tenente colonnello Belly: 1.400 fucili, 220 cavalieri, 4 pezzi) muoveva da Azizia per l'Uadi Milga e il 2 febbraio si impadroniva di Sidi el Uled, alquanto ad occidente di Tarhuna;

  • la colonna del Gebel (colonnello Graziani: 3.700 fucili. 350 cavalieri, 4 pezzi) dal Garian muoveva il 31 verso sud-est sino ai pozzi di Magleb el Me evi disperdeva gruppi di armati nemici, il 4 attaccava le forti posizioni di Gasr el Hagera che sbarrano la via di accesso a Tarhuna e se ne impadroniva nella giornata stessa, lanciando la cavalleria all'inseguimento. Proseguiva il 5 avanzando sino a pochi chilometri da Tarhuna.

Le torbe arabe che fronteggiavano la colonna della Gefara, minacciate così alle spalle, erano costrette a ripiegare. E la mattina del 6. la colonna Graziani puntava celermente su Tarhuna e, abbattendo le ultime resistenze dell'avversario, vi entrava alle ore 18, issando subito il tricolore sull'alto del castello.
I ribelli fuggivano nel massimo disordine, abbandonando armi e munizioni e in parte arrendendosi. Nel corso di quelle operazioni avevano perduto ben 1.500 uomini.
Subito dopo veniva provveduto alla sistemazione della nuova importantissima zona. procedendo al disarmo delle popolazioni che si presentavano in massa a fare atto di sottomissione.

 

Rioccupazione di Sliten e di Misurata città. - Riordinate le truppe, il governatore Volpi ordinava il proseguimento delle operazioni verso Sliten e Misurata.
Partecipavano alle nuove operazioni due colonne: il gruppo Pizzari, forte di 3.900 fucili, 300 cavalieri e 4 pezzi, e il gruppo Graziani, forte di 3.500 fucili, 350 cavalieri e 4 pezzi.
Mentre il gruppo Pizzari avanzava direttamente su Sliten lungo le vie costiere, la colonna Graziani per la via più interna di Bir Summit e Mager doveva minacciare il fianco ed il rovescio delle bande ribelli che avessero tentato di opporsi all'avanzata della colonna Pizzari.
Entrambe le colonne, superando frequenti e ostinate resistenze, riuscivano ad avanzare: il 22 febbraio, la colonna Pizzari era a Sidi Saldi e la colonna Graziani a Ras el Gattar. I1 23, la prima raggiungeva Sliten e la seconda Mager. Nella giornata del 25, entrambe le colonne procedevano verso Misurata. ove la colonna Pizzari entrava la sera del 26 unitamente alle truppe del presidio di Misurata Marina. Contemporaneamente, la colonna Graziani circondava da sud l'oasi di Misurata.
Cadeva, così, in mano nostra - e definitivamente - l'importante sede della Giamuria.

Nel maggio veniva raggiunta Taorga, dove i ribelli, quantunque superiori di numero, venivano travolti presso Bir Tagemut.
L'estate passava tranquilla, ma nella seconda quindicina di agosto, nonostante le gravi disfatte subite, l'avversario dava nuovi segni di attività.
Veniva allora deciso dal Governatore un'altra energica azione da parte di nostre tre colonne agli ordini dei colonnelli Mezzetti. Marghinotti e Gallina. I gruppi ribelli venivano battuti in numerose località, lasciando complessivamente sul terreno 1.300 morti.
Le nostre colonne subivano anch'esse perdite sensibili - 204 morti e 474 feriti - il che sta a dimostrare l'ostinatezza degli avversari e il valore dei nostri.
Più tardi, gli Arabi tentavano ancora alcune sorprese, nell'ottobre contro il nostro presidio di Zintan, nel novembre contro Ulad Mahamud, nel dicembre contro Nalut, ma venivano sempre respinti con gravi perdite.


Rioccupazione della regione degli Orfella. - Restava da occupare, ad oriente, la regione degli Orfella e ad occidente le importanti località di Gadames e Misda.
Per agire nella regione degli Orfella, nella quale si aggiravano numerose mehalle capeggiate dal capo degli Orfella, Abd en Nebi Belcher, venivano costituite ben sei colonne:
- Graziani (colonna del Gebel): forte di 400 fucili, 530 cavalieri. 4 pezzi;

- Mezzetti (colonna orientale): 3.500 fucili, 520 cavalieri, 4 pezzi;
- Mariotti: 850 fucili, 130 cavalieri, 2 pezzi;
- Malta: 800 fucili;
- Volpini: 500 fucili, 50 cavalieri;
- Galliani: 250 fucili, 90 cavalieri.
A disposizione del comando, assunto dal generale Graziani, rimaneva una riserva generale composta di un battaglione eritreo e due squadroni savari.
Le operazioni si svolsero in due periodi.
Nel primo - 15/22 dicembre - le colonne Mezzetti e Marghinotti da oriente convergevano su Sedada, catturandovi grande quantità di armi e munizioni.

Nel secondo periodo - 23/28 dicembre - le colonne Graziani e Malta, partendo rispettivamente da Tarhuna e Garian, avanzavano la prima su Beni Ulid, verso cui convergevano anche le colonne Mezzetti e Marghinotti. Nella giornata del 27, superate fiere resistenze, la colonna Graziani entrava in Beni Ulid, dove veniva alzata la bandiera sul Castello dallo stesso battaglione libico che nel 1915, agli ordini del magg. Brighenti, vi era stato fatto prigioniero.
Il 28, la colonna Malta, avanzando dal Garian per Gasr Tininai, giungeva a Scemech, dove disperdeva altre mehalle ribelli.
Così anche il territorio degli Orfella ritornava in nostro possesso, con limitatissime perdite da parte nostra, mentre assai gravi erano quelle inflitte ai ribelli.


Rioccupazione di Gadames e Misda. - Nel febbraio dello stesso anno, il Governatore aveva fatto iniziare una metodica battuta da parte di meharisti e cavalieri su tutto il territorio di Nalut. Il 4, una colonna agli ordini del maggiore Volpini, forte di un migliaio di fucili, 240 meharisti e 70 cavalieri, avanzava verso Sinauen, che occupava il 7, e, lasciato colà un presidio, muoveva verso Gadames, che occupava il 15, dopo aver superato qualche resistenza presso Bir el Uotia.
Il 10 aprile, anche Misda veniva facilmente rioccupata da un gruppo sahariano.
L'occupazione delle regioni di Gadames e di Misda dava ben presto altri vantaggi, poiché potevano essere riallacciate le relazioni con le popolazioni di Ghat, del Fezzan e coi tuareg e fin d'allora si poteva concretare il disegno di nuove operazioni verso le regioni più interne.


Rioccupazione della Sirtica. - Per riavere il possesso della Tripolitania settentrionale non mancava più che la rioccupazione della Sirtica, nella quale si erano rifugiati capi ed armati (lei territori nuovamente conquistati.
Il Governatore giustamente ritenne opportuno questa volta far precedere una breve preparazione politica, mediante la quale si ottenne di far rientrare nei loro paesi numerose genti del Misuratino e degli Orfella. Poi, come al solito. decideva di procedere energicamente.
Ne veniva dato l'incarico al colonnello Mezzetti, che concentrate le sue forze - 3 battaglioni, 3 squadroni, 1 batteria, e altri elementi - nei pressi di Misurata, avanzava lungo la costa occidentale della gran Sirte e, dopo aver superato qualche resistenza avversaria a Gasr Bu Hadi, il 23 novembre 1924 entrava in Sirte.
Con tali azioni veniva chiuso, dopo 35 mesi di avveduta azione politica e militare, il mirabile ciclo che riconduceva sotto il nostro diretto dominio tutta la Tripolitania settentrionale. Ma tale situazione, pur così favorevole, non poteva essere fine a se stessa. Già si imponeva il «problema del sud».
L'esperienza però consigliava di non internarsi nel sud senza prima aver provveduto alla riconquista delle regioni costiere e alla sutura della Tripolitania con la Cirenaica mediante una solida occupazione della Sirtica.

In attesa dell'ora opportuna, l'attività del Governo della Tripolitania si dedicò alla preparazione delle truppe e specialmente alla costituzione di speciali reparti sahariani, nonchè alla organizzazione politico-militare del territorio con la istituzione di «Commissariati civili» nel Gebel e con la creazione del «Comando dei territori del sud tripolitano», comprendente sin da allora, oltre ai territori del Gebel e degli Orfella, anche quelli più lontani: la Ghigla, la Giofra e il Fezzan.