I mezzi cingolati
Carro Veloce Vickers Carden-Lloyd CV 29
Origini e sviluppo
L’Italia fu colpita duramente dalla Prima
Guerra Mondiale, perdendo centinaia di migliaia di uomini e
vedendo paralizzata la sua economia. Gli italiani avevano
progettato e prodotto i propri carri armati ma, invece di
produrli in serie, scelsero invece di produrre una versione
del Renault FT francese. Questo carro armato, noto come
FIAT 3000, costituì la maggior parte dei mezzi corazzati
italiani nel primo dopoguerra, ma non era affatto l'ideale
per le esigenze dell'esercito. Infatti in ambito coloniale
non era in grado di
pattugliare le vaste distese del deserto aperto del Nord
Africa con la stessa facilità con cui aveva supporta gli
attacchi di fanteria nelle Alpi italiane. Verso la fine
degli anni '20 fu identificata la necessità di un veicolo
blindato in grado di operare su tutti i terreni in cui
operavano le forze italiane. All'epoca gli unici carri
armati a disposizione dell'Italia erano il FIAT 3000 , un
solo FIAT 2000, o veicoli stranieri come il Renault FT o
lo Schneider CA1. Il FIAT 2000 era un progetto
che non aveva futuro, troppo grande, troppo pesante e troppo lento. Anche
il FIAT 3000 era molto lento e debolmente armato solo con
mitragliatrici (fino a quando non fu finalmente aggiunto un
cannone da 37 mm). Era necessario quindi un carro armato più
veloce. Il primo passo logico in un programma di questo tipo
fu valutare veicoli stranieri simili per vagliare cosa fosse
disponibile sul mercato per acquistarlo o modificarlo in base
alle proprie esigenze. Nel 1929, il generale Ugo Cavallero
era consapevole di questa necessità e diede il via all'esame
di un certo numero di carri armati leggeri Carden-Loyd Mark
V e VI di costruzione britannica per una valutazione
tecnico-militare. La Gran
Bretagna era considerata dagli italiani all'avanguardia
nella tecnologia dei carri armati e quindi ebbe una grande
influenza sulla nuova filosofia di impiego riguardo ai veicoli corazzati.
L'Ispettorato, incaricato della valutazione delle Carden-Loyd
Mark V e VI, fu l'Ispettorato Tecnico Automobilistico.
Alcuni esemplari di entrambi i veicoli furono acquistati tramite il
Capitano Enrico De Braud a Londra e portati in Italia per i
test. Queste sperimentazioni del 1929 non ebbero il successo
desiderato ma il carro Mark VI, inizialmente privo di armi,
era abbastanza piccolo da poter attraversare alcuni dei
terreni montuosi del nord Italia, oltre ad essere
trasportabile su camion, ecc., e ritenuto ideale per il servizio
coloniale e fu fatto entrare in servizio nel 1929 come carro
veloce con la denominazione Carro Veloce CV 29. Ulteriori prove del CV 29 includevano
quelle svolte a
Genova contro ostacoli anticarro nel 1930 e 1931, prove nel
deserto in Libia nel marzo 1932 e successivamente nel Somaliland italiano nel 1933.
Produzione
Nonostante i difetti del Carden-Loyd Mark VI,
all'epoca non c'erano altri candidati adatti disponibili e,
di conseguenza, furono acquistati 25 veicoli. I veicoli
furono fatti arrivare in due lotti, il primo completamente
assemblato comprendente 21 carri e il secondo
comprendente le parti per altri 4 veicoli si voleva
provvedere a completare l'assemblaggio in Italia. Nel 1934 la Terni
acquistò dalla Carden-Loyd la licenza esclusiva per la
produzione di altri 100 veicoli in Italia. L'esperienza
nell'utilizzo, nei test e nell'assemblaggio del CV 29 sarebbe
stata utilizzata successivamente con lo sviluppo in Italia
del veicolo successivo, la serie CV 33 .
Dettagli tecnici
Il Carden-Loyd Mark VI fu inserito in servizio italiano con
il nome "Carro Veloce 29". Il nome
da solo identifica quale fosse il deficit che gli italiani
stavano cercando di colmare; quello della velocità. La
potenza del CV29 era data da un motore a benzina Ford Model
T a 4 cilindri da 2,9 litri che produceva da 20 a 22 CV a
1600 giri/min e consentiva velocità fino a 48 km/h su una
superficie dura. Il serbatoio del carburante da 27 litri era
sufficiente per un'autonomia di 100 km su strada o 2 ore fuoristrada. La protezione era fornita da una
piastra antiproiettile imbullonata a un telaio in acciaio e variava da uno spessore da 4 mm a 9 mm
che, essendo ancora molto sottile, a malapena a prova di
proiettile. L'armamento del veicolo italiano era
una mitragliatrice aeronautica FIAT Modello 1914 da 6,5 mm
al posto della mitragliatrice Vickers calibro .303
raffreddata ad acqua e, sebbene sufficiente per scopi
contro la fanteria, era insufficiente per l'uso contro i mezzi
corazzati nemici. La mitragliatrice era montata nella parte
anteriore sul lato destro e utilizzata dal comandante.
Tuttavia, l'Istruzione Provvisoria sui Carri Armati Veloce
forniva poche
indicazioni su come avrebbero dovuto essere utilizzati
questi nuovi carri armati veloci. Nonostante la necessità di
carri armati veloci fosse abbastanza importante da
giustificare l’acquisto, il test e la produzione
italiana di
questi carri armati, fornivano poche indicazioni aggiuntive su
come dovevano essere schierati. L'unica differenza degna di
nota del Carro Veloce rispetto ai carri armati già esistenti
era che erano visti come ideali per lavorare con la
cavalleria e i bersaglieri grazie alla maggiore
mobilità. Non era previsto quindi che il carro armato venisse
utilizzato nel ruolo di assalto diretto alle posizioni
nemiche o anche per contrastare i mezzi corazzati nemici. La
filosofia era che i carri armati nemici sarebbero stati
sufficientemente affrontati dall'artiglieria italiana.
Varianti
Il CV 29 era effettivamente un carro armato pensato per un
utilizzo a breve termine,
destinato a soddisfare le esigenze dell'esercito mentre
veniva preparato un nuovo carro armato; così ne furono
acquistati solo 25. Anche in queste condizioni una
variante fu utilizzata per trainare un rimorchio in grado di
produrre una cortina fumogena. Il rimorchio in cui veniva
collocata l'unità fumogena, poteva essere utilizzato anche
per altri scopi, ad esempio per il trasporto di munizioni.
Questo rimorchio sembrava essere identico al rimorchio Carden-Loyd che
poteva
essere utilizzato sia su ruote che con cingoli. Il numero di
questi rimorchi acquistati dagli italiani non è noto e
potrebbe essere stato prodotto anche in Italia.
Conclusione
Il CV 29, come il Carden-Loyd Mark VI, era molto piccolo,
leggermente corazzato e leggermente armato. Aveva la
mobilità di cui gli italiani avevano bisogno sia
tatticamente per la sua velocità che strategicamente con le
sue dimensioni ridotte e la facilità di trasporto. Non era
l’ideale ma era disponibile e costituiva le basi per lo
sviluppo futuro. Tecnicamente i veicoli furono ancora in
servizio fino al dicembre 1940.
Specifiche tecniche CV29 |
|
Dimensioni |
2,5 x 1,7 x 1,28 metri |
Peso totale, pronto per la battaglia |
1,7 tonnellate |
Equipaggio (Comandante/Artigliere, Autista) |
2 |
Propulsione |
Ford Modello T da 2,9 litri a benzina |
Potenza del motore |
20-22 CV a 1.600 giri/min |
Velocità (su strada) |
40 chilometri all'ora |
Armamento |
Mitragliatrice aeronautica FIAT Modello 1914 da 6,5 mm |
Armatura |
9-14 mm |
Fonti
tanks-encyclopedia.com articolo di Andrew Hills
Falessi e Pafi, Veicoli da Combattimento dell'esercito
italiano dal 1939 al 1945
Italie1939-45.com
John Sweet, Iron Arm: The Mechanization of Mussolini's Army,
1920-1940
Cappellano e Battistelli, Italian Light Tanks 1919-1945
Christopher Foss. “Enciclopedia illustrata dell'esercito
World´s Tanks and Fighting Vehicles”, 1978.
Storia Militare Magazine, Carro Veloce CV33 e CV35, marzo
1994
Pignato e Cappellano, Gli Autoveicoli da Combattimento
dell'Esercito Italiano V.2
Nicola Pignato, Veicoli blindati italiani della seconda
guerra mondiale
Ceva e Curami, La Meccanizzazione dell'Esercito Italiano