I mezzi cingolati

 

Carro M 15/42

 

 

 

 

 

 

 

 

Origini e sviluppo


Il carro armato medio M15/42 è l'ultima evoluzione dei carri medi che ebbero come primo rappresentante l’M11/39. Tutti i modelli di questa serie di mezzi furono sempre afflitti da una cronica inadeguatezza rispetto sia quello che avrebbe voluto il Ministero della Guerra, che le effettive necessità sul campo. Le principali carenze riguardavano la scarsa potenza di fuoco, la protezione offerta all'equipaggio (la corazza tendeva a sfaldarsi quando il carro veniva colpito), la meccanica assai fragile, il basso rapporto peso potenza, la ridotta autonomia, la scarsa velocità rispetto alla mole del mezzo e la tendenza ad sprofondare in terreni sabbiosi o soffici imputabile ai cingoli troppo stretti. Gli unici mezzi alleati cui poteva tener testa, però solo sotto il profilo della corazzatura e della potenza di fuoco, erano gli M3 "Stuart" di produzione americana, che d'altra parte li surclassavano in manovrabilità e velocità. Per cercare di porre rimedio a queste carenze durante la durata del conflitto furono adottati programmi di sviluppo che sembravano essere principalmente rivolti ad incrementarne prestazioni ed affidabilità. Nell'inverno 1940 e 1941 il Regio Esercito, in grande difficoltà per le numerose sconfitte sui vari fronti di guerra, si rivolse al suo più stretto alleato, la Germania, ordinando 800 carri armati francesi catturati durante la Campagna di Francia. Date le difficoltà mostrate dai tedeschi, l'ordine fu successivamente ridotto a 450 carri armati francesi che arrivarono in numero ancora minore. Furono ricevuti 109 Renault R35 , su 350 ordinati, e 33 Somua S35 , su 50 ordinati, mentre i 50 carri pesanti Char B1 non furono mai consegnati. I 142 mezzi furono consegnati nel 1941, ma la mancanza di pezzi di ricambio e di munizioni non ne consentì l'utilizzo e il Regio Esercito fu costretto a cercare un'altra soluzione. Un'altra richiesta di aiuto fu inviata alla Germania nel giugno 1941, la quale rispose proponendo alla FIAT l'acquisto della licenza di produzione del Panzer III, all'epoca il principale carro armato della Wehrmacht. La Fiat accettò la proposta in agosto, ma i tedeschi aggiunsero una clausola secondo la quale gli armamenti e l'ottica dovevano essere acquistati dalla Germania, così come la metà delle materie prime necessarie per produrre i veicoli. Queste restrizioni portarono alla risoluzione del contratto, poiché la FIAT convinse l'Alto Comando del Regio Esercito a non consentire alla Germania di interferire nell'industria italiana. Sempre nel giugno 1941 il Regio Esercito testò il carro medio cecoslovacco Skoda T-21 ma a causa delle pressioni dell'Ansaldo e della Fiat, l'Esercito fu costretto a rinunciare alla valutazione e all'eventuale produzione. Per non perdere il monopolio sulla produzione degli armamenti per il Regio Esercito, Ansaldo e FIAT annunciarono nell'estate del 1941 che avrebbero potuto mettere in produzione il carro armato P26/40 entro la primavera del 1942, data prevista per la produzione su licenza dei primi carri armati italiani Panzer III o Skoda T-21. Tuttavia, il Regio Esercito aveva bisogno di un nuovo carro armato e decise di non affidarsi più alla Fiat e all'Ansaldo, ma di testatare materiale estraneo. Le due aziende leader del settore italiano si misero al lavoro per dissuadere l'Alto Comando del Regio Esercito dalle sue ricerche su veicoli alternativi. Le due società iniziarono a collaborare sul carro armato medio Celere ordinato dal Regio Esercito all'inizio del 1941 che fino ad allora era rimasto allo stato embrionale. Nel giugno 1941 l'Ansaldo presentò il modello del carro armato medio Celere che fu sottoposto con la denominazione di carro armato Celere Sahariano. Questo fu prodotto in fretta montando una sovrastruttura in legno su uno scafo M14/41. Il progetto fu rallentato dallo sviluppo delle sospensioni Christie e il prototipo fu pronto solo nella primavera del 1942. I test durarono fino al 1943, dimostrando che il veicolo era ben progettato, ma era troppo tardi. La campagna del Nord Africa stava volgendo al termine e il veicolo perse il suo scopo. A causa dei ritardi nella produzione del veicolo, la Fiat e l'Ansaldo dovettero escogitare uno stratagemma per evitare che il Regio Esercito risolvesse il contratto a favore di un veicolo straniero. Nel febbraio 1942, infatti, la Germania propose nuovamente la produzione su licenza del Panzer IV. Dopo l'agosto 1942, la nomenclatura ufficiale del Regio Esercito per i carri armati cambiò da tipo di veicolo, peso in tonnellate e anno di produzione a tipo e anno di produzione. Ad esempio, l'M13/40 divenne l'M40, l'M14/41 divenne l'M41 e l'M15/42 divenne l'M42. Tuttavia, gli equipaggi lo chiamavano sempre M15/42 così come poi fecero molte fonti bibliografiche anche contemporanee. Paradossalmente anche se la produzione fu limitata a circa 200 esemplari, il 15/42 è quello sopravvissuto al conflitto in maggiore quantità.

 

Storia del prototipo
 

Nel 1941 sulla torretta di un M14/41 venne montato un cannone da 47 mm L/40, ma continui ritardi delle forniture rallentarono il progetto. Finalmente nel 1942, grazie all'esperienza maturata con il carro armato Celere Sahariano che montava lo stesso cannone, fu possibile modificare la torretta per resistere al rinculo del fuoco. Anche lo scafo dell'M14/41 venne modificato allungandolo per ospitare un nuovo motore a benzina di maggiore potenza rispetto al FIAT SPA 15T. Anche il portello di accesso laterale fu spostato sul lato destro del veicolo. Dopo i test, il primo lotto del nuovo carro armato M15/42 fu ordinato nell'ottobre 1942.

Produzione

 

Nell'ottobre 1942, dopo i test, furono ordinate 280 unità, interrompendo la produzione dell'M14/41. Nel 1943, però, con il previsto avvio della produzione del P26/40 e con l'evidente arretratezza della serie 'M', l'Alto Comando del Regio Esercito decise di puntare solo su carri pesanti e semoventi e nel marzo 1943 ridussero l'ordine degli M15/42 a 220. Entrato in produzione nell'autunno del 1942, il primo veicolo fu immatricolato il 21 novembre 1942, con targa RE 5022, e assegnato al Centro Carristi di Civitavecchia il 28 novembre per l'addestramento di nuovi equipaggi. I dati sulla produzione dell'M15/42 sono molto discordanti. Alcune fonti sostengono numeri addirittura superiori alle duecento unità prodotte durante la guerra. Una fonte Ansaldo afferma che il primo lotto di 103 veicoli fu prodotto nel 1942 e un secondo lotto di 36 entro marzo 1943. Un terzo lotto di 80 sarebbe stato previsto entro dicembre 1943 ma non fu mai completamente completato.

 

Scafo
 

Anteriormente il coperchio arrotondato della trasmissione presentava due ganci e un anello di traino. C'erano anche due portelli di ispezione sopra la frizione. I due portelli potevano essere aperti o chiusi dall'interno del veicolo anche durante la guida tramite una leva posta sul lato destro del telaio. Ciò consentiva al conducente di raffreddare meglio la frizione durante la guida, se necessario, e quando non era in combattimento. Sul lato destro, la sovrastruttura anteriore aveva un supporto sferico armato con due mitragliatrici. Sul lato sinistro c'era una fessura per il conducente, che aveva anche un iposcopio da utilizzare quando il portello era chiuso. Per la guida notturna erano presenti due fari ai lati della sovrastruttura. Sul lato sinistro della sovrastruttura c'era un foro per la pistola dietro il faro, utilizzato per la difesa ravvicinata. Su questo lato furono montati tre supporti per contenitori. Questi venivano usati per trasportare carburante in modo da aumentare l'autonomia del veicolo. Sul lato destro c'era un grande portello per l'accesso dell'equipaggio. Era inoltre dotato di un foro per pistola per la difesa ravvicinata. Sul lato posteriore della sovrastruttura c'erano altri due fori per le pistole e una presa d'aria. Sui parafanghi, dietro la sovrastruttura, c'erano un vano portaoggetti su ciascun lato e le marmitte dietro. Questi erano dotati di un dissipatore di calore. Per fare spazio al nuovo motore, il vano motore fu allungato di 14 centimetri (5,06 metri di lunghezza contro i 4,92 metri dell'M13/40 e dell'M14/41). A causa dell'allungamento furono aggiunte ulteriori piastre di armatura e il sistema di tensionamento dei cingoli fu modificato. Il ponte motore era dotato di portelli di ispezione che potevano essere aperti a 45° e furono aggiunte le griglie di raffreddamento. Tra le due botole di ispezione si trovavano gli attrezzi, tra cui una pala, un piccone, un piede di porco e un sistema di rimozione dei cingoli. La parte posteriore del veicolo è stata completamente ridisegnata rispetto ai precedenti carri della serie "M". Le griglie di raffreddamento del radiatore erano molto più grandi e la parte posteriore era molto più inclinata ed aveva un anello di traino e due ganci, due ruote di scorta e una targa. C'era una luce di stop sul lato sinistro. Durante la produzione fu aggiunto un lanciafumo nella parte posteriore. Per farle posto fu rimossa una delle due ruote di scorta. Il cric che prima era posizionato nella parte posteriore fu spostato nella parte anteriore, sul parafango sinistro, davanti alla sovrastruttura, così come nella prima serie M13/40.

 

Armatura
 

Lo spessore dell'armatura fu leggermente aumentato rispetto ai modelli precedenti della serie "M". La corazza frontale del coperchio della trasmissione era spessa 30 mm. La piastra frontale dello scafo, inclinata di 12°, aveva uno spessore di 42 mm. Le fiancate dello scafo e della sovrastruttura, inclinate di 8°, avevano uno spessore di 25 mm. La parte posteriore della sovrastruttura aveva uno spessore di 25 mm, mentre la parte posteriore dello scafo era di 20 mm. La torretta, invece, aveva una corazzatura massima di 50 mm sul mantello e di 45 mm frontalmente inclinata di 13°. I fianchi e lo schienale erano inclinati di 25 mm a 20°. Il tetto dello scafo, della torretta e del ponte motore avevano uno spessore di 15 mm, mentre il pavimento dello scafo aveva uno spessore di soli 6 mm. L'armatura era imbullonata a un telaio interno, rendendo la struttura più fragile ma con una sostituzione più rapida delle piastre dell'armatura danneggiate rispetto ai modelli con armatura saldata o fusa. L'armatura veniva prodotta con acciaio di bassa qualità perché la richiesta di acciaio balistico per la produzione di veicoli blindati era aumentata a partire dal 1939 e l'industria italiana non era in grado di fornire grandi quantità di acciaio di alta qualità. Ciò fu ulteriormente aggravato a causa degli embarghi che colpirono l’Italia nel 1935-1936 a causa dell’invasione dell’Etiopia e del quasi totale isolamento dopo il 1940. Il Regno d'Italia contava infatti sul fatto che, in caso di entrata in guerra da parte tedesca, i suoi nuovi alleati avrebbero fornito la maggior parte delle materie prime necessarie per produrre acciaio di alta qualità. Ovviamente, a partire dal 1942, la Germania non poteva fornire queste grandi quantità poiché doveva compensare le proprie perdite.

Sospensione
 

La sospensione era del tipo a balestra semiellittica. Su ciascun lato c'erano quattro carrelli con otto ruote stradali in gomma doppiate accoppiate su due sospensioni in totale. Questo tipo di sospensione era obsoleto e non consentiva al veicolo di raggiungere un'elevata velocità massima. Inoltre, era molto vulnerabile al fuoco nemico o alle mine. A causa dell'allungamento dello scafo, una delle due sospensioni fu montata qualche centimetro più indietro. Il carro aveva cingoli larghi 26 cm con 86 maglie per lato, 6 in più rispetto agli altri carri armati della serie 'M' a causa dell'allungamento dello scafo. Le ruote dentate di trasmissione erano nella parte anteriore e le ruote tenditrici con regolatori della tensione del cingolo modificati nella parte posteriore, con tre rulli di ritorno in gomma su ciascun lato. La ridotta superficie dei cingoli (20.800 cm²) provocava una pressione al suolo di 0,76 kg/cm², aumentando il rischio che il veicolo si impantanasse nel fango, nella neve o nella sabbia.

Torretta
 

La torretta biposto aveva uno stretto mantello armato con un cannone da 47 mm e una mitragliatrice coassiale a sinistra. C'era un cestello attaccato alla torretta, con un supporto collegato ad una piattaforma circolare sopra l'albero di trasmissione. Sullo stesso supporto erano saldati due sedili ribaltabili per il caricatore e il comandante. Oltre alla culatta dell'arma e alla mitragliatrice, a destra si trovava il mirino, mentre all'estrema sinistra si trovava una piccola rastrelliera per 13 caricatori per la mitragliatrice. Sul tetto della torretta erano presenti un portello rettangolare sdoppiato, due periscopi monoculari panoramici prodotti dalla ditta San Giorgio, un rigonfiamento che consentiva una migliore depressione per il cannone e un supporto per la mitragliatrice contraerea. Ai lati c'erano due fori per le pistole, per la visione dell'esterno e per la difesa ravvicinata. Nella parte posteriore erano sistemati i proiettili da 47 mm pronti all'uso in due diverse rastrelliere.

Armamento principale
 

L'armamento principale dell'M15/42 era il cannone da 47/40 Mod. 1938. Era un cannone significativamente più potente del cannone 47/32 Mod. 1935 utilizzato sul Semovente L40 da 47/32 e sui precedenti carri medi M13/40 e M14/41. Questo cannone fu utilizzato anche sull'AB43 e sul carro armato Celere Sahariano. Fu sviluppato a partire dal 47/32 Mod. 1935 nel 1938 e fu prodotto solo per veicoli e costruito dallo stabilimento Ansaldo-Fossati di Genova. L'elevazione nella torretta M15/42 era di +20° e la depressione era di -10°. La cadenza massima di sparo, grazie alla culatta semiautomatica, era di 14 colpi al minuto. A causa dello spazio ridotto all'interno del veicolo, in pratica questa scendeva a circa 8-10 colpi al minuto. Il cannone aveva una gittata massima di circa 9.000 m, ma la sua portata anticarro effettiva era di soli 1.200-1.500 m. Oltre alla canna più lunga di 38 cm (1,88 metri contro 1,5 metri), la culatta era più grande. Ciò significava che poteva sparare con un bossolo più lungo, aumentando la velocità della volata, la precisione a lungo raggio e la penetrazione.

Armamento secondario
 

L'armamento secondario era costituito da quattro Breda Mod. da 8 mm. 38 mitragliatrici, una montata coassialmente sul lato sinistro del cannone, due nell'attacco sferico dello scafo e una quarta che poteva essere montata sul supporto antiaereo sul tetto della torretta. Queste mitragliatrici erano la versione automobilistica della Breda Mod. 37 usata dalla fanteria italiana e aveva un caricatore da 24 colpi ricurvo nella parte superiore. Nel 1943 furono introdotti i lanciagranate fumogene. Le granate fumogene erano conservate in una scatola montata sul lato destro della parte posteriore del vano motore. Una scatola per il trasporto delle granate fumogene era montata anche sul retro della sovrastruttura, sopra la piastra protettiva della presa d'aria. Una volta attivata, la scatola lanciava una granata fumogena, mascherando la posizione del veicolo. Non è chiaro quanto fosse efficace questo sistema montato posteriormente, ma fu montato su tutti i veicoli prodotti dal 1943 in poi, compresa l'ultima serie di autoblindo AB41 e AB43.

 

Munizioni
 

Il Cannone da 47/40 Mod. 1938 utilizzava le stesse munizioni del precedente Cannone da 47/32 Mod. 1935, ma le sue cartucce erano più lunghe di 10 centimetri (32,8 centimetri contro 22,7 centimetri). Ciò aumentò la velocità della volata del 43%. Ciò ha anche aumentato la precisione e la penetrazione. I tipi di munizioni consistevano in:
 

Nome

Tipo

Spoletta

Cartoccio Granata da 47 mod. 35

Alto esplosivo Percussione

mod. 35 o mod. 39

Perforante mod. 35

Perforazione dell'armatura

Tracciante Percussione mod. 09

Proietto Perforante mod. 39

Composito perforante rigido

Tracciante Percussione mod. 09

Proietto Controcarri Effetto Pronto

Anticarro ad alto potenziale esplosivo

Mod. interno. 41

Proietto Controcarri Effetto Pronto Speciale

Anticarro ad alto potenziale esplosivo

Spoletta anteriore IPEM


Il vantaggio era che il nuovo cannone aveva una culatta più grande. Ciò consentì l'utilizzo di bossoli lunghi 328 mm, invece di quelli da 227 mm del cannone precedente. Il Proietto Perforante mod. 35. sparato dal 47/32 Mod. 1935 aveva una velocità iniziale di 630 m/s, mentre le stesse munizioni sparavano dal 47/40 Mod. Il cannone del 1938 aveva una velocità iniziale di 900 m/s. Il Proietto Controcarri Effetto Pronto Speciale poteva penetrare 112 mm a 100 m e 43 mm a 1.000 m, invece dei 30 mm a 1.000 m del 47/32 Mod. 1935. L'M15/42 trasportava a bordo un totale di 111 proiettili disposti in tre diverse rastrelliere. I primi due contenitori non protetti erano nella torretta e contenevano 9 colpi ciascuno. Il terzo, contenente 93 proiettili da 47 mm, era posizionato sul fondo dello scafo. Nessuna delle rastrelliere era blindata. Spesso, quando venivano colpite le cremagliere sul retro della torretta, il risultato era un'esplosione catastrofica che distruggeva il mezzo. La stessa cosa valeva per la rastrelliera nello scafo anche se, a causa della sua posizione più bassa, veniva colpita raramente. Per le mitragliatrici Breda i caricatori erano 108 da 24 colpi ciascuno, per un totale di 2.592 colpi. La cartuccia RB Breda 8×59 mm aveva due tipi di proiettili. Si trattava di munizioni standard e dell'M.39 AP che pesava 12 grammi e, con una velocità iniziale di 780 m/s, poteva penetrare una piastra da 16 mm a 90° ad una distanza di 100 M. Le munizioni standard, con la stessa velocità alla volata, penetravano 11 mm a 100 m. Gli scaffali
Breda erano montati sui lati della sovrastruttura, 54 sul lato sinistro e 41 sul lato destro, con altri 13 portati nella torretta.

Interno
 

Nella parte anteriore del compartimento di combattimento c'erano la trasmissione e l'impianto frenante. Sul lato sinistro della sovrastruttura si trovava il sedile del conducente, dotato di schienale ribaltabile per facilitare l'accesso. Davanti a questa postazione il conducente aveva un'ampia feritoia con una leva che serviva per aprirla o chiuderla. Sopra la fessura c'era l'iposcopio. L'autista disponeva inoltre di due timoni per spostare il veicolo. La leva del freno a mano era a sinistra, mentre la leva del cambio era a destra. Sul lato sinistro c'era il cruscotto, una scatola con iposcopi di riserva e il foro per la pistola. Dietro il cruscotto c'erano degli scaffali per i caricatori delle mitragliatrici. Sul lato destro c'era il mitragliere, anche lui seduto su un sedile ribaltabile. Davanti al mitragliere c'erano le mitragliatrici mentre, a destra, c'erano i caricatori per le due armi e la radio. Al centro del lato destro c'era il portello di accesso. Sul lato inferiore si trovava il vano per la mitragliatrice antiaerea, che era fissata allo scafo con cinghie. Al centro del veicolo si trovava l'albero di trasmissione, che era in gran parte coperto dalla piattaforma circolare che fungeva da pavimento per i due membri dell'equipaggio nella torretta. Sul lato sinistro, nella parte inferiore dello scafo, c'era la più grande rastrelliera per munizioni da 47 mm. Nella parte posteriore della sovrastruttura erano presenti due grandi filtri cilindrici e il serbatoio del liquido refrigerante del motore. Sul pavimento e sui lati della sovrastruttura c'erano altri scaffali per i caricatori delle mitragliatrici.

Motore
 

Il motore del carro medio M15/42 era stato ereditato dai precedenti carri armati della serie "M". Tuttavia, oltre all'aumento di cilindrata che aumentava le prestazioni complessive del veicolo, la novità consisteva nel fatto che il nuovo motore funzionava a benzina. Il passaggio dal gasolio alla benzina fu dovuto al fatto che le riserve italiane di gasolio erano ormai quasi del tutto esaurite. Il nuovo motore FIAT-SPA T15B a benzina raffreddato ad acqua da 11.980 cm³ sviluppava 190 CV a 2.400 giri/min. Fu progettato dalla FIAT e da una delle sue società controllate, la Società Piemontese Automobili, o SPA. La velocità massima del veicolo era di 38 km/h su strada e di 20 km/h fuori strada. Aveva un'autonomia su strada di 220 km e un'autonomia fuoristrada di 130 km, ovvero 12 ore di funzionamento. Grazie all'aumento dello spazio nel vano motore, la capacità del serbatoio del carburante fu aumentata a 367 litri nei serbatoi principali, più 40 litri nel serbatoio di riserva portando il totale a 407 litri. Il consumo di carburante era di quasi due litri di benzina per chilometro. Il motore era più adatto al nuovo veicolo, con un rapporto peso/potenza di poco inferiore a 13 CV/tonnellata. Era collegato ad una nuova trasmissione prodotta dalla FIAT, con cinque marce avanti e una retromarcia, una marcia in più rispetto ai veicoli precedenti.

Equipaggio
 

L'equipaggio era composto da quattro persone. Un autista sul lato sinistro dello scafo e un mitragliere/operatore radio alla sua destra. Dietro di loro, seduti nella torretta, c'erano il comandante/artigliere del carro armato a destra e il caricatore a sinistra. L'equipaggio di 4 persone era insufficiente. Il comandante del carro armato doveva svolgere troppi compiti, dover dare ordini al resto dell'equipaggio, esaminare il campo di battaglia, trovare bersagli, mirare e sparare.
 

Impiego operativo
 

La vita operativa degli M15/42 fu estremamente breve e si concentrò nel periodo il 1942 ed il 1943. Assegnati alla Cavalleria ed ai Carristi, vista la ridotta quota di produzione, non andarono mai a costituire reparti omogenei a livello reggimento, ma equipaggiarono unità a livello squadrone (o compagnia) in reparti a fisionomia corazzata. Nel dettaglio, l'M15/42 servì ad equipaggiare una compagnia del XVIII° e del XIX° Battaglione carri e in più 3 gruppi blindati misti del 10° Reggimento Cavalleria Corazzata Lancieri di Vittorio Emanuele II (ognuno su 2 squadroni di semoventi da 75/18 e uno squadrone di M15/42), aggregato alla divisione corazzata Ariete II. Il X° Gruppo (corazzato) Vittorio Emanuele II, creato il 1° agosto 1943 e destinato a completare il 10° Rgt., aveva in dotazione 12 M15/42. Il Plotone Carri Centro Radio, anche lui aggregato alla Divisione Corazzata Ariete II, aveva in carico 5 M15/42. Sulla carta l'M15/42 era dotato di un armamento a tiro rapido con alta velocità iniziale in grado di insidiare bersagli di pari categoria, anche se nella realtà non ne esistevano ed era penalizzato anche da problemi di scingolamento dovuti alla accresciuta potenza del propulsore senza che trasmissione e rotolamento venissero adeguatamente potenziati. Nella realtà dei fatti si dimostrò assolutamente inadeguato a fronteggiare i mezzi tedeschi che gli si contrapposero durante la difesa di Roma o quelli alleati che si trovarono a fronteggiare combattendo nelle fila della R.S.I o della Wehrmacht.

Nel settembre 1943 il Regio Esercito ricevette circa un centinaio di M 15/42 ma questi mezzi non furono mai utilizzati se non durante gli scontri contro i tedeschi tra l'8 e l'11 settembre 1943. Infatti in Sicilia e nel Sud Italia l'M15/42 non fu mai utilizzato. Il Regio Esercito li utilizzò solo per l'addestramento degli equipaggi e nei nuovi reparti corazzati che aveva creato dopo la perdita della Tunisia. 85 M 15/42 furono assegnati alla 135ª Divisione Corazzata “Ariete II” insieme a 12 M 15/42 Centro Radio, 164 altri carri armati (medi e leggeri) e cannoni semoventi e 80 autoblindo AB 41 e camion AS 42 e AS 43. Questa unità fu costituita nel luglio 1943 e faceva parte del Corpo d'Armata Motocorazzato che era di stanza a Roma. Dopo il 25 luglio 1943, per volere del re d'Italia Vittorio Emanuele II, al comando dell'esercito fu posto il maresciallo italiano Pietro Badoglio. Il Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito, Vittorio Ambrosio, trasferì il Corpo Corazzato a Roma per due motivi. Il primo era difendere la capitale da un possibile sbarco alleato. Il secondo era difendere Roma da un possibile tentativo di colpo di stato da parte dei fascisti ancora fedeli a Mussolini. Il Corpo Motorizzato Corazzato era formato dalla 10ª Divisione fanteria “Piave”, dalla 136ª Divisione Corazzata “Centauro II” e la 21ª Divisione Fanteria “Granatieri di Sardegna”. Era equipaggiato con 11 cannoni semoventi e 31 carri armati della serie "M", compresi probabilmente alcuni M15/42. Ovviamente c'erano altre unità a Roma, come la 220ª e 221ª Divisioni della Difesa Costiera, la 103ª Divisione fanteria “Piacenza”, il X° Reggimento Arditi, nonché unità più piccole, come quelle del Corpo dei Carabinieri Reali, del Corpo della Regia Guardia di Finanza e della Polizia dell'Africa Italiana. Le forze in tutto ammontavano a 88.137 soldati, 124 carri armati, 257 cannoni semoventi, 122 auto blindate e camion e 615 cannoni e obici nella capitale. La proclamazione della resa fu fatta da Pietro Badoglio a Radio Algeri alle 19.45 dell'8 settembre 1943, cogliendo impreparate le truppe italiane che non si aspettavano la resa.
I tedeschi, tuttavia, non erano impreparati alla defezione italiana. Già alle 22 la 2. Fallschirmjäger-Division “Ramke” attaccò l'aeroporto di Pratica di Mare, che si trovava a 30 km a sud di Roma. Nella mattinata del 9 settembre reparti tedeschi attaccarono ripetutamente un caposaldo della 135ª Divisione corazzata “Ariete II”. Questa posizione resistette per tutta la giornata, perdendo 4 carri armati e 20 soldati. Altri reparti della 135ª Divisione corazzata “Ariete II” erano presenti nella zona tra Bracciano e Menziana. Bloccarono la 3. Divisione Panzergrenadier, che dovette rinunciare all'attacco contro Roma, dirigendosi verso Napoli. Gli uomini della 2. Divisione Fallschirmjäger riuscirono il 9 settembre a costringere le truppe italiane a ritirarsi all'interno della città e ripresero l'attacco il 10 settembre. Presso Porta San Paolo, parte delle antiche mura romane, si era stabilita la 21ª Divisione Fanteria “Granatieri di Sardegna”, insieme ad alcuni gruppi di Allievi Carabinieri e ad altri reparti del Regio Esercito che furono aiutati anche da diversi civili. La 2. Divisione Fallschirmjäger fu notevolmente rallentata e solo alle 17.00 riuscì a penetrare le difese italiane piuttosto mal organizzate. Nella lotta per Porta San Paolo e nella difesa del vicino Forte Ostiense, alcuni carri armati serie 'M' della 135ª Divisione corazzata “Ariete II” furono danneggiati o distrutti dalle truppe tedesche e si può solo supporre che tra loro ci fossero alcuni M15/42. Alle 16.00 del 10 settembre 1943 il comando italiano proclamò Roma “Città Aperta”, anche se alcuni reparti italiani combatterono fino a sera. Nella battaglia per Roma morirono 1.167 italiani, di cui tra i 200 e i 400 civili. A Porta San Paolo caddero 597 italiani, di cui 414 militari e 183 civili. Oltre che a Roma, il Regio Esercito si difese anche a Piombino, cittadina costiera della Toscana, dove il 9 settembre erano sbarcati i tedeschi per occupare la città. Il XIX Battaglione del 31° Reggimento Carristi, equipaggiato con 20 carri armati della serie "M", tra cui probabilmente alcuni M15/42, e 18 cannoni semoventi M42 conteneva le forze tedesche truppe fino all'11 settembre con pesanti perdite. A Fidenza si trovava il CCCCXXXIII Battaglione Complementi Carri M che aveva compiti di addestramento. Dopo aver ricevuto la notizia che i tedeschi stavano assediando Parma, alle 13 del 9 settembre, in assenza di ordini, il reparto prese unilateralmente la decisione di sostenere le truppe parmensi. Alle 17.30 l'unità partì con 1 carro armato M15/42, 7 Semoventi da 75/18 e 12 Autocannoni da 20/65 su SPA Dovunque. Avendo svolto compiti di addestramento, i veicoli avevano scaffali pieni di proiettili di tiro al bersaglio e avevano a bordo solo 5 proiettili veri. I tedeschi scoprirono la colonna e organizzarono un'imboscata fuori Parma, abbattendo 3 cannoni semoventi e catturandone un altro. Gli altri mezzi riuscirono ad entrare in città, creando un perimetro difensivo fino alle 08.00, quando finirono le munizioni ed il CCCCXXXIII Battaglioni Complementi Carri M fu costretto ad arrendersi dopo aver sabotato i mezzi.

Mimetizzazione e marcature
 

Il Regio Esercito italiano ricevette la maggior parte dei suoi M15/42 in kaki sahariano. Solo alla fine del 1943 alcuni M42 ricevettero la mimetica tricolore continentale Questo era un colore base kaki sahariano con macchie verde scuro e bruno-rossastre. Alcune foto mostrano un insolito mimetismo bicolore, sicuramente applicato autonomamente da alcuni equipaggi durante gli addestramenti in Italia nell'estate del 1943. I veicoli del Gruppo Corazzato “Leoncello” erano verniciati in mimetica standard color kaki sahariano con lo stemma del reparto sui lati della torretta, un tricolore sui lati della torretta e sulla piastra anteriore dello scafo.

 

Varianti

 

Carro Centro Radio - L'unica variante di produzione dell’M15/42 fu quella del carro centro radio, mentre sugli esemplari di tarda produzione comparvero i tubi lanciafumogeni, una cassetta esterna che conteneva la riserva di candelotti e cinque supporti esterni per alloggiare fusti di carburante supplementari. Come nelle versioni precedenti, il telaio M15/42 fu utilizzato per una variante del carro comando modificata (carro centro radio/carro armato radio). Per la modifica fu rimossa la torretta, le mitragliatrici gemelle della sovrastruttura furono talvolta sostituite con una mitragliatrice pesante da 13 mm e, infine, furono aggiunte apparecchiature radio aggiuntive. Al momento dell'armistizio di settembre erano stati costruiti circa 45 veicoli M15/42 centro radio. Altri 40 veicoli furono costruiti dopo il settembre 1943 sotto il controllo tedesco.

Semovente M15/42 Antiaereo - Sulla base del telaio M15/42, gli italiani costruirono un veicolo antiaereo semovente sperimentale. Mentre la maggior parte delle parti del carro armato, comprese le sospensioni e lo scafo, rimasero invariate, ricevette una torretta ampliata armata con quattro cannoni Scotti da 2 cm. Forse furono costruiti uno o due prototipi e il loro destino è ignoto.

Semovente M42 da 75/18 e M42M da 75/34 - A causa della generale inefficacia dei loro progetti di carri armati, gli italiani introdussero una serie di veicoli chiamati semovente. Questi utilizzavano il telaio del carro armato (a partire dall'M13) sostituendo la sovrastruttura e la torretta con una casamatta chiusa e un cannone da 75/18 mm. Anche il telaio M15/42 fu utilizzato in questo modo. Al momento della resa italiana nel settembre 1943 furono costruiti circa 200 veicoli. Sotto la supervisione tedesca furono costruiti altri 55 veicoli con i materiali disponibili. Il Semovente basato sull'M15/42 fu ulteriormente migliorato aggiungendo il cannone 75/34 più lungo. Nel maggio 1943 erano stati completati circa 60 mezzii. Altri 80 nuovi veicoli sarebbero stati costruiti dai tedeschi dopo l'armistizio italiano.

 

Conclusione
 

L'M15/42 fu costruito dagli italiani come soluzione improvvisata alla loro esigenza di un migliore design del carro armato. Sebbene offrisse alcuni miglioramenti rispetto alle precedenti serie M13/40 e M14/41, quando fu pronto per il servizio era già obsoleto. La sua corazzatura e la sua potenza di fuoco erano semplicemente insufficienti rispetto ai carri armati nemici contro cui sarebbero stati utilizzati. Anche se ne sarebbero stati costruiti meno di 200, ironicamente, il loro utilizzo da parte degli italiani era nella migliore delle ipotesi minimo. I tedeschi riuscirono a mettere le mani su quasi tutti gli M15/42. Questi furono usati contro i partigiani jugoslavi nei Balcani. Le loro prestazioni erano limitate a causa di molti fattori, tra cui la mancanza di pezzi di ricambio e i frequenti guasti, che impedivano a molti veicoli di essere utilizzati in combattimento. Ottennero un certo successo contro i partigiani scarsamente armati, a cui mancavano armi anticarro adeguate. Una volta che i sovietici iniziarono a sostenere da vicino questi combattenti con carri armati moderni, l’M15/42 non fu più in grado di fare molto. Alla fine l'M15/42 si dimostrò una rapida soluzione alla necessità italiana di un carro armato adeguato, ma alla fine fallì in questo senso.
 

Specifiche tecniche carro armato M15/42

Dimensioni

5,06 x 2,28 x 2,37 mt

Peso totale, pronto per la battaglia

15 tonnellate

Equipaggio

4 (1 capocarro tiratore; 1 porgitore; 1 tiratore mitragliere; 1 pilota)

Propulsione

FIAT-SPA T15B, benzina, raffr. ad acqua 11.980 cm³, 190 CV a 2400 giri/min

Cambio

4 rapporti normali, 4 con riduttore, 2 retromarce

Velocità

40 chilometri all'ora su strada; 20 km/h fuori strada

Pendenza massima

100%

Scalino

0,8 m

Trincea superabile

2 m

Guado

1 m

Autonomia

220 km su strada; 10 ore fuori strada

Serbatoio

367 lt di cui 40lt di riserva

Armamento primario

1 cannone da 47/40 1 mitragliatrice coassiale Breda 38 cal 8mm in torretta

2 mitragliatrice Breda 38 cal 8mm in casamatta

Armamento secondario

1 mitragliatrice Breda 38 cal 8mm per tiro c. a.

Munizioni

111 colpi per cannone

2640 per mitragliatrice cal. 8 mm (108 caricatori da 24 colpi)

Corazzatura

Torretta: frontale 42 mm; laterale 25 mm; posteriore 25 mm; cielo 15 mm

Scafo: frontale 30+15 mm; laterale 25 mm; posteriore 25 mm; cielo 15 mm; fondo 6 mm

Apparato radio

RF1CA

Apparecchi visivi

1 iposcopio per pilota, 2 periscopio per capo carro, 1 cannocchiale da alzo ottico, 1 cannocchiale di puntamento

Produzione totale

167 esemplari (esclusi quelli in servizio con i tedeschi)

Fonte

tanks-encyclopedia.com articolo di Arturo Giusti e Marko Pantelic

S.M.R.E. - "Nozioni di armi, tiro e materiali vari", Edizioni Le "Forze Armate", Roma, 1942.

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