I mezzi di trasporto
Trattore Pavesi P 4 Mod. 30-30A
Origini e sviluppo
Il Pavesi P4 era un innovativo
trattore agricolo italiano progettato dal novarese Ugo
Pavesi. Venne acquisito come trattore d'artiglieria dal
Regio Esercito.
Il P4 fu progettato dall'ingegnere novarese Ugo Pavesi nel
1918, fondatore della società anonima La Motomeccanica
Brevetti Ing. Pavesi, con sede a Milano. Oltre ad essere il
primo trattore italiano a quattro ruote motrici (e tra i
primi al mondo), presentava altre soluzioni innovative ed
avveniristiche, quali le grandi ruote di uguale diametro ed
il doppio telaio snodato. La macchina si distinse subito nei
vari concorsi, tra i quali quello di Lendinara nel 1920, a
Mantova l'anno successivo e poi a Milano nel 1929. In
particolare la sua mobilità si dimostrò appieno a Verona nel
1931 sulle sabbie umide delle golene dell'Adige. Se da una
parte le sue caratteristiche permettevano simili prestazioni
fino ad allora mai viste, dall'altra ne aumentavano la
complessità di gestione e soprattutto il prezzo: nel 1929 il
prezzo di un P4 si attestava sulle 45000 lire italiane,
mentre un più rustico Landini testacalda ne costava 27000;
il modello non trovò quindi successo presso i piccoli e medi
coltivatori. A dimostrazione della bontà del progetto
iniziale, il P4 rimase in produzione, nelle tre versioni
agricole, dal 1918 al 1942 e venne prodotto su licenza in
diverse nazioni europee. Nel 1920 venne offerto anche in
versione autocarro con il Camion trattore Pavesi P4. Nel
1932 l'Opera Nazionale Combattenti acquistò 70 trattrici per
le opere di bonifica agraria dell'Agro Pontino.
Una delle innovazioni maggiori del P4 sta nel suo
autotelaio: esso è costituito da due telai separati, uno
anteriore ed uno posteriore, uniti da un solo longherone
tubolare; i due telai possono così ruotare uno rispetto
all'altro sul piano trasversale in modo da avere sempre
tutte le 4 ruote in trazione, mentre il volante, attivando
un pignone sul longherone che ingrana sulle cremagliere
delle traverse del telaio, fa ruotare i due telai uno
rispetto all'altro sul piano orizzontale, permettendo la
sterzata a "volta corretta". Il motore, il cambio ed il
primo differenziale sono installati sul telaio anteriore,
così come il freno a mano ed a pedale e tutti gli organi di
guida; un albero cardanico trasmette il moto dal cambio,
sull'assale anteriore, al differenziale sull'assale
posteriore. Da ognuno dei due differenziali fuoriescono
lateralmente due semiassi, i cui pignoni trasferiscono il
moto alla corona dalla ruota tramite una catena a bagno
d'olio protetta da un carter in lamiera. Le grandi ruote
metalliche a raggi da 1200 mm di diametro e 250 mm di
larghezza consentono, con la loro grande luce da terra e la
presa garantita da creste fisse, una grande aderenza ed il
superamento di pendenze del 75%. Erano disponibili anche
ruote con anello di gomma piena, dotate di 10 palette
metalliche che venivano ribaltate sui raggi nella marcia su
strada, mentre sui terreni fangosi e sciolti venivano aperte
sul battistrada. Gli assali erano collegati al telaio da
molle spirali, invece che dalle più pesanti balestre. Un
meccanismo a manovelle inoltre permetteva di sollevare le
ruote di un lato, in modo che arando entrosolco comunque il
telaio manteneva l'assetto orizzontale. Il serbatoio del
petrolio è posizionato tra il sedile del conduttore (a
destra) e quello del passeggero/meccanico, mentre il
serbatoio ausiliario per l'avviamento a benzina è montato a
vista sul cofano motore. A richiesta era disponibile la
presa di forza a puleggia per l'azionamento, tramite
cinghia, di trebbiatrici e mulini. Ideale nell'aratura
profonda e nello scasso, poteva trainare un monovomere a 50
centimetri di profondità lavorando un ettaro al giorno,
oppure un esavomere a 15–20 centimetri su 4–5 ettari al
giorno.
Il P4 era rivoluzionario anche nella motorizzazione: per la
sua trattrice Ugo Pavesi realizzò un rivoluzionario motore a
petrolio/benzina a due cilindri contrapposti, da 4520 cm³,
erogante 25 hp. L'anno successivo al lancio del trattore,
nel 1919, fu approntata la versione P4M con motore a
petrolio/benzina da 4700 cm³ da 40 hp.
Il trattore d'artiglieria P4/100
Mod. 30
Il successo che mancò al P4 in ambito agricolo, arrivò
invece per la versione militare. Il Regio Esercito selezionò
la versione "Pavesi P4/100" come trattore d'artiglieria
pesante nel 1923. La Motomeccanica infatti, che aveva già
sperimentato veicoli corazzati su ruota con il modello
Pavesi 35 PS, presentò la versione militare, P4/100 al
concorso indetto nel 1923 dal Ministero della Guerra per un
«trattore ad aderenza totale per il traino di artiglieria
pesante», sbaragliando la concorrenza della Fiat e
dell'Ansaldo. Il modello prescelto venne leggermente
modificato ed allungato, denominato "Trattore pesante
campale Mod. 25" e ordinato in una piccola pre-serie di 45
esemplari. Ulteriori sperimentazioni sul campo, il mezzo
ricevette ulteriori modifiche, soprattutto al cambio, che
portarono alla versione di serie "Mod. 26". Questo modello
definitivo ricevette una commessa per 1 000 mezzi, che però
non risultava alla portata delle capacità produttive della
Pavesi, motivo per il quale la licenza di produzione del
trattore d'artiglieria venne ceduta alla Fiat e alla sua
controllata Società Piemontese Automobili (SPA), mentre la
produzione del trattore agricolo venne invece mantenuta
dalla Pavesi stessa. Nel 1931 il trattore venne
ulteriormente migliorato con il lancio del "Mod. 30",
seguito nel 1934 "Mod. 30A".
Il mezzo veniva assegnato in ragione di 5 esemplari per ogni
batteria, dei quali 4 per il traino dei pezzi ed uno di
riserva. Nelle varie versioni venne impiegato in 82
esemplari nella guerra civile spagnola dal Corpo Truppe
Volontarie e in 136 nella Guerra d'Etiopia. Allo scoppio
della seconda guerra mondiale era ancora in dotazione
all'artiglieria di corpo d'armata per il traino dei pezzi
105/28, 105/32, 149/12 Mod. 14, Škoda 15 cm Vz. 1914, 149/19
Mod. 1937 e per il traino del pezzo contraereo 75/46 C.A.
Mod. 1934; venne utilizzato su tutti i fronti, fino ad
essere sostituito nel 1942 sulle linee di montaggio e sul
campo di battaglia dal SPA TM40.
Il trattore si affermò anche sul mercato estero. Nel Regno
Unito dal 1929 fu prodotto su licenza dalla Armstrong
Siddeley sia per il mercato civile che per quello militare,
venendo acquisito in 5 esemplari dal British Army, che lo
testò lungamente. La Grecia ricevette, nel 1935, 224
trattori Mod. 30A[4] che, paradossalmente, trovarono poi
impiego sull'accidentato fronte greco-albanese contro le
truppe italiane. L'Ungheria acquistò un primo lotto di
P4/100 nel 1924; in seguito, nel 1934, nell'ambito di una
vasto programma di forniture italiane, che andavano dagli
aerei ai carri armati, l'Ungheria produsse su licenza il
Weiss Manfréd-Pavesi P4/100 per i suoi reparti di
artiglieria pesante. In Svezia il mezzo era conosciuto come Artilleritraktor m/28 typ Pavesi, mentre la Finlandia ai
quattro Mod. 26 ordinati negli anni 1920, fece seguire un
ulteriore ordine per 23 Mod. 26 e un Mod. 30A. I P4
furono i primi mezzi ruotati acquistati dalla Bulgaria dopo
il disarmo imposto dal Trattato di Neuilly, ricevendo nel
1930 il Mod. 26, seguito nel 1935 e nel 1938 rispettivamente
più di 100 Mod. 30 ed oltre 50 Mod. 30A. In Spagna, il P4 fu
impiegato dalle truppe italiane del Corpo Truppe Volontarie,
rimanendo poi in servizio con l'esercito di Francisco
Franco. Dopo l'armistizio, venne impiegato dai tedeschi e
ridenominato Radschlepper Pavesi Typ P 40-100 (i).
Il telaio del P4/100 fu utilizzato come base dalla Ansaldo
per dei prototipi di autoblindo, come la Pavesi 35 PS, e
semoventi controcarri. La Fiat-SPA invece derivò dal P4 il
trattore d'artiglieria leggero Pavesi TL31, che venne
acquisito in pochi esemplari dall'esercito ma non si rivelò
soddisfacente, venendo sostituito dal moderno Fiat-SPA TL37.
Tecnica
Il trattore d'artiglieria è basato sulla meccanica della
versione agricola, su due telai con trazione integrale. Le
modifiche riguardano l'installazione di carrozzerie aperte
sui due telai, con ampi parafanghi. Il telaio anteriore
ospitava una carrozzeria aperta con copertura amovibile in
tela, a soffietto, ed anteriormente montava un motore a 4
cilindri in linea da 4700 cm³, a petrolio con avviamento a
benzina, potenziato a 57 hp a 1500 giri al minuto. Sul lato
destro venne installato un verricello per il recupero e lo
spostamento dei pezzi, da 3800 kg di sforzo massimo,
aumentabili a 5000 kg con una puleggia di rinvio. La
carrozzeria del telaio posteriore era più ampiamente
modificata; il cassone ospitava sei sedili per i serventi
nel Mod. 26 e quattro nel Mod. 30, che quando ribaltati
lasciavano un vano di carico da 1000 o 2000 kg nei due
modelli rispettivamente. Anche il cassone poteva essere
coperto con un telone impermeabile su archetti amovibili. I
grandi parafanghi, bordati lateralmente, potevano ospitare
il bagaglio dei serventi o altri materiali. Le ampie ruote
munite di anello di gomma piena e palette ripiegabili erano
ottime sui terreni sconnessi italiani, sprofondavano invece
sui terreni sabbiosi e soffici delle colonie; così nel 1937
furono adottati, sui Mod. 30 e 30A, gli pneumatici Pirelli
"Sigillo verde".
Il prototipo P4/100 selezionato fu leggermente allungato nel
Mod. 25 della preserie. Il mezzo definitivo di serie, il
Mod. 26 differiva per modifiche al cambio. Il successivo
Mod. 30 incorporava un carburatore Zenith e miglioramenti
nella trasmissione; per quanto riguarda la carrozzeria, il
serbatoio ausiliario, installato sul cofano, era più
appiattito e la pedana posteriore era rinforzata. Nel Mod.
30A veniva introdotta una strumentazione più completa con un
indicatore del livello carburante "Azimut" ed un tachimetro,
mentre l'installazione della dinamo (senza batteria) permise
la sostituzione delle fanalerie a carburo con fanali
elettrici.
Il 3 aprile 1923 l’Ufficio Tecnico Superiore Automobilistico
bandì un concorso per un trattore ad aderenza totale per il
traino di artiglieria pesante. Tra le specifiche che secondo
il bando avrebbe dovuto avere tale veicolo, c’era la
trasmissione cardanica, la distanza delle ruote dal telaio
non inferiore a 5 cm. anche in sterzata e la possibilità di
usare diversi tipi di carburante.
Il 26 giugno 1924, la Commissione dell’UTSA si riunì per
valutare i concorrenti. Al concorso partecipò però solo la
Motomeccanica Ing. Pavesi. La macchina presentata superò di
molto le specifiche richieste e colpì favorevolmente la
possibilità di accoppiare più trattori e quella di
utilizzare anche miscele di alcool.
Venne ordinata una piccola pre-serie di 45 veicoli con
alcune modifiche rispetto ai prototipi. La denominazione
ufficiale di questi mezzi fu: Trattore pesante campale Mod
25.
Più tardi la produzione di serie(1000 esemplari) venne
affidata alla Fiat perché ritenuta più affidabile della Casa
madre. Con alcune ulteriori modifiche al cambio nacque il
Mod. 26.
Nel 1931 il Mod. 26 venne di nuovo migliorato nella
trasmissione; nei comandi; nella carrozzeria e
nell’alimentazione (carburatore Zenith), divenendo prima
Mod. 30 e poi, nel 1934 con l’adozione della dinamo senza
batteria, della presa di moto per il tachimetro e del
regolatore del livello benzina Azimut, Mod 30A.
Il trattore pur non essendo provvisto di avviamento
elettrico ne era però predisposto alla dotazione.
L’avviamento a mano poteva avvenire dal davanti come al
solito, oppure lateralmente quando il veicolo si trovava in
una posizione scomoda per la messa in moto tradizionale. Nel
1941 tutti i P4 vennero dotati di fari elettrici Carello
accanto a quelli ad acetilene.
I trattori p.c. Pavesi parteciparono a tutte le campagne che
hanno visto l’Italia in guerra: dalla Spagna all’Africa alla
Russia. Furono prodotti dalla Fiat fino al 1943, anno in cui
entrò in produzione il TM 40.
Alla fine di aprile 1943 erano in servizio ancora 1620
macchine. Dopo la guerra diversi esemplari furono utilizzati
in Piemonte per scopi civili.
Oggi due esemplari di trattori Pavesi P4-100 sono conservati
al Museo della Motorizzazione Militare della Cecchignola di
Roma e altri due al Museo di Piana delle Orme in provincia
di Latina.
Il trattore d'artiglieria P4/100 Mod. 30/A
La tecnica
Il trattore Pavesi P4-100 era dotato di 2 telai indipendenti uniti fra loro da una barra di collegamento agganciata anteriormente al basamento del motore, e posteriormente alla scatola del secondo differenziale. Questo particolare accorgimento permetteva ai due telai di ruotare sia sul piano longitudinale che trasversale, garantendo alle ruote la massima aderenza anche su terreni molto sconnessi. Agendo sul volante si faceva ruotare un albero a cannocchiale terminante in un rocchetto ingranato ad una delle due cremagliere poste sulle traverse dei telai stessi. Siccome la barra di collegamento era incernierata all’altezza dei centri degli assali, i telai ruotavano facendo girare le ruote posteriori su quelle anteriori, generando la “volta corretta”. Nel telaio anteriore si trovavano: il motore; il radiatore; il serbatoio principale posto fra i due sedili dell’abitacolo; l’abitacolo stesso; il serbatoio ausiliario dotato di una piccola riserva che permetteva di accendere il motore con la benzina quando questo funzionava a petrolio; il cambio; il 1° differenziale ed il verricello di alaggio oltre al freno a mano e a pedale e a tutti gli organi della guida. Su quello posteriore trovava posto il secondo differenziale e, sopra, il cassone con sei sedili per altrettanti serventi. Questi sedili potevano essere rimossi per ottenere un discreto piano di carico. Per quanto riguarda la trasmissione, ad ogni coppia di ruote corrispondeva un differenziale collegato con l’altro per mezzo di un albero. Da ciascuno dei due differenziali, uscivano i semiassi che trasmettevano il moto alle ruote attraverso pignone, corona e catena. Le ruote erano costituite da un grosso cerchione di 250 mm. di larghezza, parzialmente ricoperto da un anello di gomma piena. Dal mozzo partivano dei raggi radiali e tangenti che potevano essere registrabili facilmente con lo stesso sistema di quelli delle biciclette. Ogni ruota era dotata di 10 palette ribaltabili incernierate direttamente al cerchione che, in caso di operazioni su terreni difficili, potevano essere estratte in poco tempo per aumentare l’aderenza. Nel 1937 i P4 vennero dotati di ruote gommate con battistrada molto profondo per operare su terreni sabbiosi.
Specifiche tecniche trattore Pavesi P/100 Mod. 3a e Mod. 30/A |
|
Costruttore |
FIAT |
Anno di costruzione |
1924 |
Passo e carreggiata |
- |
Dimensioni |
4,10x2,05x1,45 m (con copertura h. 2,40 m) |
Luce da terra |
- |
Peso a vuoto |
4,6 tonnellate |
Portata utile |
- kg |
Equipaggio |
2 + 6 |
Motore |
a petrolio/benzina, 4 cilindri in linea da 4720 cm³ |
Potenza del motore |
57 hp a 1500 giri/min |
Potenza alla barra |
- |
Potenza alla puleggia |
- |
Serbatoio |
- |
Consumo orario |
- |
Velocità |
22 km/h |
Trazione - Marce |
4x4; 3 marce avanti, 1 retromarcia |
Pendenza massima |
75% |
Alesaggio e corsa |
- |
Rapporto peso/potenza |
12,39 hp/t |
Velocità media stantuffo |
- |
Pressione media effettiva |
- |
Testa cilindri |
- |
Numero e posizione valvole |
- |
Diametro luce valvole |
- |
Basamento |
- |
Albero motore |
- |
Numero e tipo cuscinetti di banco |
- |
Tipo cuscinetti di biella |
- |
Albero distribuzione |
- |
Comando valvole |
- |
Comando distribuzione |
- |
Alimentazione |
a petrolio/benzina |
Accensione |
- |
Lubrificazione |
- |
Raffreddamento |
- |
Trasmissione |
- |
Frizione |
- |
Rapporti del cambio |
- |
Ponte posteriore |
- |
Sospensioni |
anteriori:
indipendenti |
Ammortizzatori |
- |
Freni |
- |
Guida e sterzo |
a mano con volante |
Ruote e pneumatici |
- |
Impianto elettrico |
- |
Serbatoio carburante |
- |
Autonomia |
180 km |
Serbatoio lubrificante |
- |
Circuito acqua |
- |
Verniciatura |
Grigio verde militare opaco, kaki coloniale |
Esemplari |
- |
Fonte
Wikipedia