Storia delle Unità
Reggimento Lancieri di Vittorio Emauele II 10°
motto: "Per la gloria del nome"
Origini e vicende organiche
I «Lancieri di Vittorio Emanuele II» traggono origine dall'antico «Reggimento Vittorio Emanuele Cavalleria» nato con ordinanza ministeriale del 12 giugno 1859, con la quale il conte Massimo Taparelli D'Azeglio veniva incaricato di costituire in Torino una brigata composta da fanteria, cavalleria ed artiglieria, con elementi esclusivamente volontari.
Il 2 febbraio 1920, in seguito a
riduzione dell'Arma, Vittorio incorpora i «Cavalleggeri di
Aquila», disciolti con. R.D. 20 aprile assume la
denominazione di Reggimento Cavalleggeri di Vittorio Emanuele II,
perde le lance; incorpora due squadroni dei «Lancieri di
Montebello» ed il 20 maggio elementi dei «Cavalleggeri di
Catania», entrambi disciolti.
Il 3 gennaio 1934 il reggimento assume la denominazione di «Lancieri
di Vittorio Emanuele II» (circolare 86, G.M. 1934).
Campagna di Spagna:
Il capitano Romolo Fowst, combattente durante la guerra di
Spagna, è decorato di medaglia d'oro al v.m., alla memoria
(Settore di Vallinguerra, fronte di Tortosa, Alcaniz, 26 marzo
1938).
Guerra 1940-45:
1940 - Il 2 giugno il X Gruppo mitraglieri dei «Lancieri
di Vittorio Emanuele II», viene inviato in Africa
settentrionale, dapprima a Sidi-Azeis. In settembre il Gruppo,
dalla zona di Bardia, si trasferiva oltre Sollum e penetrava
profondamente in Egitto, raggiungendo la zona di Sidi el Barrani,
finchè l'8 dicembre, per l'offensiva inglese, dopo dura lotta,
era costretto a ripiegare con le altre nostre truppe. Il Gruppo
era costituito da:
4 sqd. mitr.,
1 gr. di artiglieria su 3 batterie da 77/28
1 sqd. cannoni anticarro.
Frattanto il reggimento, inquadrato nella 2a Divisione Celere «Emanuele Filiberto Testa di Ferro», con i «Lancieri di Firenze», il rgt. Bersaglieri, il 2° Rgt. Art. Celere ed il Gruppo carri veloci «San Marco», era stato dislocato sul confine orientale, ove rimase sino all'inizio dell'inverno, quando rientrò in sede per svernare. Successivamente, con tali elementi, furono costituiti ed impiegati: I Raggruppamento appiedato Cavalleria «Vittorio Emanuele II», X Gruppo squadroni Cavalleria appiedata «Vittorio Emanuele II», XXVI Gruppo appiedato «Vittorio Emanuele II», XVIII Gruppo appiedato «Vittorio Emanuele II», VII Btg. Movimento Stradale «Vittorio Emanuele II».
1941 - A fine marzo «Vittorio» riparte
per il confine orientale; il 6 aprile Italia e Germania
dichiarano guerra alla Jugoslavia; il 13 Vittorio varca il
confine a Kastua. Finalmente, alle ore 12 del 18 aprile, la
Jugoslavia depone le armi! Termina, così, la corsa affannosa ed
inizia subito il lungo, deprimente ed inglorioso periodo
dell'occupazione, che, in un primo momento fu tranquilla, e che
divenne, poi, movimentata, ed, infine, tragica! «Vittorio» venne
inviato in Bosnia, dove gli Ustascia, i seguaci di Ante Pavelic,
il cosiddetto Poglanik della Croazia, avevano trucidati tutti i
Serbi, maschi e femmine, giovani e vecchi, grandi e piccini! I
boschi erano immensi; insidiosissimi quindi gli agguati,
preparati contro le pattuglie italiane e contro gli Ustascia;
percorribili solo a piedi i sentieri che li tagliavano in ogni
senso. Tutta la zona circostante era praticamente sotto il
controllo dei ribelli, che ostacolavano le ricognizioni, i
rifornimenti, i movimenti. I morti ed i feriti, per i continui
agguati ,aumentavano ogni giorno. Particolarmente colpiti ne
rimasero il 6° Bersaglieri ed i «Cavalleggeri di Alessandria».
Intanto il reggimento, con i cavalli insellati e le armi
cariche, era attestato ai margini di Velika Kladusa, pronto ad
intervenire, se necessario.
1942 - In conseguenza della decisione di trasformare
subito 3 reggimenti di cavalleria in carristi, essendo uno di
essi «Vittorio»,
questo, il 12 novembre, rientrò a Bologna. I cavalli andarono a
rafforzare i reggimenti falcidiati sul fronte greco albanese;
giunsero vari complementi e si iniziò la trasformazione in
reggimento corazzato «Lancieri
di Vittorio Emanuele II».
I carri erano gli M 15, ultimissimo modello e nuovissimi, come i
semoventi, ma, tecnicamente, già superati da quelli in dotazione
ai Germanici ed ai nemici. Analogamente si trasformarono «Montebello»
(in raggruppamento esplorante corazzato) e «Lucca» (in
reggimento autoportato): insieme a «Vittorio»,
ad un Rgt. di Art. celere corazzato, a reparti genieri,
trasmettitori, a servizio, etc., costituirono la divisione
corazzata di cavalleria «Ariete»,
nel luglio 1943. Intanto, nel novembre 1942, il X Gruppo
squadroni appiedati «Lancieri
di Vittorio Emanuele II» veniva impiegato
per il movimento stradale in Liguria ed il XVIII Gruppo di
Vittorio in Croazia.
1943 - La
Divisione «Ariete» venne
imbarcata per raggiungere la Sicilia, dove già era sbarcato il
nemico, ma, mentre i primi scaglioni erano giunti a Roma,
essendo caduto il Fascismo e Mussolini, la divisione fu fermata
intorno alla capitale. «Vittorio» fissò
il comando ad Anguillara Sabazia, sul lago di Bracciano, con i
gruppi a Monterosi, a Manziana, all'Olgiata. Dichiarato
l'armistizio la divisione fu spostata a Tivoli, cannoni rivolti
verso Roma, per proteggere la colonna che trasportava, verso gli
Abruzzi, i Reali ed il Governo. Il reggimento lottò, il 9
settembre, valorosamente contro i tedeschi: a Monterosi il
Gruppo tattico non arretrò d'un passo ed infisse dure perdite ai
tedeschi, che avevano chiesto di passare per raggiungere Roma, e
che, negato loro il permesso, avevano attaccato con fanteria e
carri. A Manziana, dopo accanita resistenza, le truppe che ne
costituivano il caposaldo, aggirate sulla loro sinistra, dove un
fitto bosco aveva favorito gli attaccanti, dovettero ripiegare;
l'8° sqd. semoventi di «Vittorio» contese,
palmo a palmo, il terreno al nemico, subendo gravissime perdite,
ma consentendo agli autotrasportati di «Lucca» di
sganciarsi e rientrare. «Vittorio»
venne, poi, spostato su Tivoli, dove rimase compatto, ed al
completo, per tutto il tempo durante il quale durarono le
trattative per la costituzione di «Roma città aperta», per il
disarmo delle truppe che si trovavano nell'interno della
Capitale, per definire gli accordi, in base ai quali i tedeschi
assumevano il potere in Italia. Con disperazione, col timore di
venire catturati e deportati e col desiderio di ricongiungersi
ai propri cari, tutti rimasero al loro posto e nessuno si
allontanò. In nessuno si allentò il senso di disciplina e
dell'onore. Allorchè si vide che proprio non c'era più nulla da
fare il col. Raby decise di mettere tutti, indistintamente, in
libertà. Però, prima di prendere tale tristissima decisione, si
recò al Comando di divisione e si offrì di partire, con i soli
carri e semoventi, abbandonando tutto l'autocarreggio, per gli
Abruzzi, ove avrebbe potuto rifornirsi di carburante presso il
campo di Aviazione di Pescara. Era sicurissimo che i suoi uomini
lo avrebbero seguito. Ma non fu incoraggiato! Il comportamento
del reggimento sarebbe stato condannato da Roma, dato che Roma
si era impegnata a porre fine a qualsiasi azione contraria agli
interessi dei tedeschi; e le conseguenti, immancabili
rappresaglie sarebbero ricadute sulla cittadinanza romana. Il
Colonnello comprese; e tornò indietro.
Fece consegnare ai lancieri tutto il corredo di scorta
esistente; fece distribuire fino all'ultima galletta, all'ultima
scatoletta di carne; consegnò a ciascuno di essi una
dichiarazione, da lui stesso firmata, del seguente tenore:
«Reggimento corazzato Lancieri Vittorio Emanuele II, Comando.
P.M. 160 - 12 settembre 1943 - Dichiaro che il .... è restato al
mio reggimento ed ha compiuto interamente il suo dovere sino al
momento in cui gli ho dato tassativo ordine di ritenersi in
libertà. Il ten. col. comandante del reggimento Guido Raby». Il
mattino del 17 settembre la colonna delle autovetture degli
ufficiali del reggimento, tutti armati della loro pistola (i
tedeschi avevano concesso che essi non venissero disarmati),
stendardo in testa, rientrarono in Roma e, tutti insieme, lo
deposero in Castel S. Angelo. Prima di lasciare Tivoli, il
Colonnello consegnò le drappelle reggimentali agli ufficiali
superiori ed ai capitani più anziani. Ciascuno di essi firmò una
dichiarazione, con la quale si impegnava, «sull'onore», di
custodire la reliquia e di restituirla al reggimento, in caso di
ricostituzione dello stesso. Un Gruppo appiedato partecipò alla
guerra di liberazione nella zona del Garigliano.
Unità maggiori
Il Reggimento era così composto:
1940-1943 |
Comando Squadrone Comando 2 Squadroni Lancieri di Vittorio Emanuele II 2 Squadroni Lancieri di Montebello X Gr. cost. Lancieri di Vittorio Emanuele II XI Gr. cost. Lancieri di Vittorio Emanuele II XVIII Gr. app. Lancieri di Vittorio Emanuele II XXVI Gr. app. Lancieri di Vittorio Emanuele II Cdo 1° Rgpt. app. Lancieri di Vittorio Emanuele II I Gr. Carri M II Gr. Carri M III Gr. Carri M Squadra c/a da 20 mm Squadra riparazioni e recuperi 66a officina mobile pesante II Btg. Movimento Stradale Lancieri di Vittorio Emanuele II VII Btg. Movimento Stradale Lancieri di Vittorio Emanuele II |
Campagne di guerra (1940-1943)
Data |
Divisione |
Corpo |
Armata |
Gruppo d'Armata |
Area di operazioni |
1940 |
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Africa Settentrionale, Albania |
1941 |
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Jugoslavia, Bosnia |
1942-43 |
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Territorio metropolitano |
Comandanti (1920-1943)
Col. Carlo Orero (1920-1926)
Col. Guido Vanzetti (1926-1930)
Col. Barone Edoardo Gautier (1930-??)
C
ol. Giuseppe Paglieri (1935-??)C
ol. Arturo Kellner OnferoC
ol. Goffredo RicciC
ol. Weiss PoccettiC
ol. Dardano Fenulli (1942)Col. Guido Raby (1943)
Sede
Brescia (1920-1926)
Bologna (1926-1940)
FONTE
Gen. Edmondo Zavattari, "I nostri reggimenti", in "Rivista di Cavalleria", annate 1968-1976, su gentile concessione dell'ANAC sez. di Milano "Savoia Cavalleria".
Scuole di Applicazione d'Arma, "L'Arma di Cavalleria - Cenni storici", 1964 2a Edizione,
su gentile concessione dell'ANAC sez. di Milano "Savoia Cavalleria".Dell'Uomo F.-Puletti R., "L'Esercito italiano verso il 2000", vol. I, USSME, Roma, 1998.
Dell'Uomo F.-Di Rosa R., "L'Esercito italiano verso il 2000", vol. II, USSME, Roma, 2001.