Le armi
Cannone da 149/35
Materiale di artiglieria d'armata adatto al traino meccanico
a lenta andatura, scomponibile per il traino in montagna
Denominazione |
Obice da 149/35 (da 149A) |
Tipo |
Materiale d'artiglieria di armata adatto al traino meccanico a lenta andatura |
Nazione di origine |
Italia |
Nazione utilizzatrice |
Italia |
Produttore |
G. Ansaldo & C., Genova |
Anno di produzione |
1917 |
Quantità prodotta |
- |
Bocca da fuoco |
Di acciaio, a corpo di artiglieria (un ordine di cerchiatura in culatta) |
Congegno di chiusura |
A cuneo, cilindrico; manovra intermittente (tre tempi). Chiusura ermetica ad anello plastico. |
Affusto |
A ruote, rigido; munito per tiro, di rotaie a cingolo e di pancone di coda (con puntello) e cunei freno. |
Origini e sviluppo
Progetto risalente al 1890, fu ideato come miglioramento del cannone 149/23 (denominato all'origine 149G, ossia "in ghisa"): questi, come cannone, era di fatto decisamente corto e poco prestante per l'epoca, essendo infatti, con lunghezza della canna di 23 calibri, al limite inferiore della sua categoria (al di sotto dei 22 calibri si tratta di obici). L'idea era quella di disporre di un pezzo di sufficiente gittata che accompagnasse il suddetto cannone ed il mortaio da 210/8 D.S., che, insieme, formavano la colonna portante dell'artiglieria d'armata.
Il primo
prototipo, realizzato da Arsenale Regio Esercito
di Torino (ARET), fu presentato nel 1896 e nel
1899 si ebbero le prime prove a fuoco con una
batteria sperimentale. Alla sua omologazione nel
1901, il cannone, allora denominato 149A,
risultava già vecchio: dopo ogni sparo, i
serventi dovevano rimettere in posizione a mano
le 8 tonnellate dell'artiglieria in posizione di
tiro, con la conseguente ripetizione di tutte le
operazioni di puntamento, peraltro complicate
dal fatto che l'affusto era a coda unica e
quindi privo di congegni per la regolazione in
direzione (ovvero: per modificare il tiro nel
settore orizzontale, occorreva spostare tutto il
complesso). Inutile dire che questo grave
inconveniente riduceva notevolmente la cadenza
di tiro: su terreno liscio, poteva retrocedere
anche di diversi metri; annullare completamente
il rinculo poteva essere però dannoso, in quanto
avrebbe causato un elevatissimo tormento degli
orecchioni, di tutto l'affusto e della vite
d'alzo, rovinando quindi irreparabilmente tutto
il sostegno. Si potevano solamente piazzare un
pancone alla base della coda e robusti cunei di
legno dietro alle ruote che, opportunamente
puntellati, riportavano il pezzo nella posizione
originaria.
Balisticamente, però, fu un ottimo pezzo,
apprezzato soprattutto per la potenza di fuoco e
la precisione, meno per la gittata (meno di 18
km), quando i pari calibro stranieri, quasi
tutti su affusto a deformazione, sparavano ad
almeno 19–20 km.
Ben presto i comandi militari italiani si resero
conto delle gravi limitazioni conseguenti
all'adozione dell'affusto rigido, per cui
avviarono degli studi, in collaborazione con le
acciaierie tedesche Krupp, per l'adozione di una
culla e di un sistema rinculante per la sola
canna: ciò avvenne nel 1911, e nel marzo 1915
erano stati approvati i progetti definitivi, ma
l'entrata in guerra del Regno d'Italia contro
gli Imperi centrali provocò la cancellazione
degli ordini per i nuovi pezzi.
Da alcune fotografie e da un documentario
dell'Istituto LUCE sembra che alcuni pezzi da
149/35 A. con freni idraulici (del tipo che
armava i forti) siano stati adattati per essere
incavalcati su affusti a ginocchiello molto
basso; in effetti da molti forti, come quello
dello Chaberton, e postazioni, vista la loro
inutilità (ad esempio perché posti al confine
francese) furono ritirati cannoni e
mitragliatrici e non è da escludere che
sistemazioni campali siano state effettuate per
reimpiegare queste armi.
Il Regio Esercito affrontò così tutta la prima
guerra mondiale con il pezzo "vecchio", anzi
riavviandone nel 1917 la produzione, semplice ed
economica rispetto a quella di pezzi di nuova
conduzione. Nel 1918 il Regio Esercito aveva
così a disposizione 598 pezzi.
A causa delle difficoltà economiche e sociali
del dopoguerra, solo nel 1922 vennero ripresi i
progetti precedenti al conflitto da parte
dell'Arsenale Regio Esercito di Napoli (AREN),
ma fu scartato; l'unica modifica di rilievo
consistette nell'applicazione di carrelli
elastici che permettessero il traino meccanico a
velocità un po' più elevate rispetto al periodo
precedente.
Tecnica
La canna era in
acciaio, con rigatura sinistrorsa a passo
costante (48 righe) o misto (36 righe); ha
diametro della bocca di 149 mm e, nonostante il
nome 35, la lunghezza effettiva della canna è di
5464 mm (pari a 36,6 calibri); tale
caratteristica è dovuta ad una modifica
successiva della canna rispetto ai primi
esemplari messi in circolazione senza più
modifica al nome; esternamente alla culatta era
presente una cerchiatura che portava anche gli
orecchioni per il posizionamento della bocca da
fuoco. Il congegno di chiusura della culatta
consisteva in un classico otturatore cilindrico
(privo di rigatura) a tre manovre con chiusura
ermetica ad anello plastico, mentre l'innesco
era a cannello a frizione.
L'affusto "d'assedio", di tipo rigido in acciaio
a coda unica con pedana per i serventi, era a
ruote con razze di legno da 1560 mm di diametro
e 1480 mm di carreggiata. L'elevazione era
regolata tramite un volantino sulla coda
dell'affusto, i cui ingranaggi agivano su un
settore dentato solidale con la culatta. Come
organi di mira il pezzo era dotato di cerchio di
puntamento Mod. Cortese.
Per facilitare il traino e per contenere il
rinculo, negli anni precedenti alla guerra sui
battistrada delle ruote vennero installate le
"rotaie a cingolo" brevettate dal capitano
italiano Crispino Bonagente. Visibili in quasi
tutte le fotografie di pezzi d'artiglieria di
molte nazioni coinvolte nella Grande Guerra, i
cingoli "Bonagente" erano formati da 12 piastre
rettangolari unite da 12 elementi su ogni ruota,
che allargavano il piano d'appoggio delle ruote
permettendo il transito su terreni soffici e
cedevoli e soprattutto rendendo superfluo
l'impiego delle pesanti piattaforme di legno
(dette paioli), sulle quali venivano messe in
batteria le artiglierie d'assedio. Altre
dotazioni erano i cunei ed il pancone. I cunei
erano due piani inclinati, più grandi di quelli
usati con la piattaforma, che venivano
posizionati circa un metro e mezzo dietro alle
ruote. Al momento dello sparo il cannone
rinculava sui due cunei, che grazie al suo peso
ne frenavano la corsa, esaurita la quale il
cannone per gravità tornava nella posizione di
partenza. Il pancone era una sorta di slitta in
legno e metallo posizionata sotto alla coda
dell'affusto; esso accompagnava la coda nel
rinculo evitando, di concerto con i cunei, il
disallineamento del pezzo; contemporaneamente,
per attrito, ne frenava la corsa retrograda.
Il traino
meccanico (tramite trattrice Pavesi-Tolotti Tipo
B o Breda TP32) era effettuato tramite un
avantreno, previo arretramento della canna sulle
orecchioniere "di via" situate sulla coda
dell'affusto, in modo da spostare indietro il
baricentro, tra la sala dell'affusto e quella
dell'avantreno. Sui percorsi lunghi era eseguito
scomponendo il pezzo e caricando la canna su un
rimorchio trainato da trattrice e l'affusto su
un altro rimorchio trainato da autocarro.
La batteria da 149/35 Mod. 1901 era composta,
negli anni trenta, da 4 cannoni, 4 trattori
d'artiglieria, 10 autocarri, 10 rimorchi e 2
mitragliatrici per la difesa ravvicinata del
pezzo. Su strada la batteria si estendeva per
400 metri e si muoveva a 6-8 km/h.
Impiego
Il cannone da
149/35 fu ampiamente utilizzato durante tutta la
guerra; ne furono perduti molti pezzi durante la
ritirata da Caporetto, ma i vuoti furono
ricolmati entro la battaglia di Vittorio Veneto.
Fra gli anni 1920 e 1930 furono inviati
solamente in Spagna con il Corpo Truppe
Volontarie, durante la guerra civile, in ragione
di appena 6 pezzi. Il loro invio in Etiopia fu
evidentemente scartato in quanto non necessario,
contro un esercito che non disponeva che di
pochi pezzi leggeri.
La maggior parte dei pezzi fu destinata ad
operare nei raggruppamenti d'artiglieria da
posizione della Guardia alla frontiera (GaF): al
10 giugno 1940, data dell'entrata in guerra
dell'Italia, si contavano infatti più di 60
batterie a disposizione dei reparti di confine;
nel complesso si contavano ben 870 cannoni, di
cui 28 dotati di installazione particolare in
torrette corazzate. I cannoni da 149/35 (in
particolare quelli in carico alla batteria dello
Chaberton) intervennero contro le truppe
francesi durante la Battaglia delle Alpi
Occidentali, ma il più delle volte l'impiego di
proietti convenzionali non perforanti non
permetteva di aver ragione delle fortificazioni
transalpine. Sempre inquadrati nella GaF,
svariati pezzi operarono contro la Grecia e la
Jugoslavia: si contavano 72 pezzi all'aprile
1941.
Poiché la distribuzione dell'Ansaldo 149/40 Mod.
1935, destinato a sostituire il Mod. 1901, era
lungi dall'essere completata, nel 1940 il pezzo
era ancora in carico all'artiglieria d'armata.
Numerose batterie furono dislocate anche in
Libia, per un totale di 48 bocche del 5º
Raggruppamento d'artiglieria d'armata e 37
appartenenti alla GaF e dislocate soprattutto
come difesa delle piazzeforti più importanti (Tobruch,
Bardia, Tripoli). Nel gennaio 1942 figuravano
ancora 46 cannoni ed almeno 16 parteciparono
alla disperata difesa della Tunisia dal febbraio
1943, nonostante i numerosi rovesci e i continui
spostamenti del fronte; talvolta furono talmente
veloci, come durante l'operazione Compass, che i
britannici non facevano nemmeno in tempo a
recuperare i cannoni abbandonati (tra l'altro di
calibri diversi dai loro standard) né a
manometterli, cosicché gli artiglieri italiani
li ritrovavano esattamente al loro posto. Per
quanto riguarda la madrepatria, il cannone da
149/35 fu utilizzato per la difesa costiera,
come in Sicilia (analogo ruolo svolsero in
Albania, Francia, Grecia, Dalmazia e nel
Dodecaneso italiano), per un complesso di 16
gruppi completamente armati ed efficienti al
giugno 1943.
Munizionamento
Il munizionamento del 149/35 era il seguente:
granata monoblocco da 149/35: corpo bomba in acciaio, carica in miscela binitrofenolo-tritolo (MBT) o miscela nitrato ammonico-dinitronaftalina-tritolo (siperite o MNDT) o miscela schneiderite-tritolo (MST), peso: 37,93 o 36,24 o 37,1 kg a seconda dell'esplosivo usato
granata da 149/35 inglese modificata: corpo bomba in acciaio, carica in tritolo o MST, peso: 41,45 o 42,8 kg
granata da 149/35 inglese originale: corpo bomba in acciaio, carica in tritolo o MST o liddite, peso: 42,2 kg
granata di ghisa acciaiosa da 149/12-35: corpo bomba in ghisa acciaiosa, carica in miscela acido picrico-tritolo (MAT) o MBT o MNDT, peso: 38,45 o 37,52 kg
granata da 149/35 Mod. 32: corpo bomba in
acciaio, carica in tritolo, peso: 42,527 o
42,498 kg
shrapnel da 149/12-35: corpo bomba in
acciaio, carica con pallette di
piombo-antimonio, peso: 42,35 o 43 kg
granata a d.e. (doppio effetto) da 149/35: corpo bomba in acciaio, carica in tritolo, peso: 45,117 kg
Dati numerici principali
Cannone |
Lunghezza totale |
mm. 5464 |
Rigatura |
sinistrorsa - a passo costante righe: 48 - mista righe: 36 |
|
Peso del cannone |
(con otturatore) kg. 3700 |
|
Meccanismo di sparo |
per cannello a frizione |
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Affusto |
Altezza del ginocchiello |
- con rotaie mm. 1940 - senza rotaie mm. 1880 |
Settore orizzontale di tiro |
- |
|
Settore verticale di tiro |
-10° +35° |
|
Lungh. Totale del pezzo in batteria |
mm. 7960 |
|
Lunghezza di rinculo massima |
mm. 1430 |
|
Carreggiata |
mm. 1480 |
|
Diametro delle ruote |
mm. 1560 |
|
Peso del pezzo in batteria (con scudi) |
Kg. 8200 |
|
Velocità iniziale proietto |
700 m/s |
|
Gittata (massima) |
m. 16500 |
|
Traino |
||
Per i percorsi brevi si può eseguire con e senza rotaie a cingolo, ed applicando all'affusto un avantreno dopo aver disposto il cannone in posizione di via. Per i percorsi lunghi si esegue trasportando ogni pezzo su due carri rimorchio di cui uno porta l'affusto scomposto, l'altro il cannone. I carri portanti i cannoni sono trainati da trattrici; quelli portanti gli affusti, da autocarri trattori |
||
Composizione della batteria |
La batteria è composta di:
Sono portati dal Gruppo 70 colpi per pezzo |
|
Velocità oraria stradale |
da 6 a 8 Km. |
|
Profondità della colonna della batteria |
m. 400 |
|
Tempo della messa in batteria |
circa 2 ore. Se però il pezzo è già sulle orecchioniere di via e le ruote hanno i cingoli, il tempo si riduce ad 1/4 d'ora |
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Cariche di lancio |
51 (petardetto d'innescamento da g. 25) |
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Sistema di puntamento |
Apparecchio di puntamento |
|
Munizionamento (dati al 1938) |
Granata monoblocco da 149/35 |
di acciaio, peso medio kg. 37,930 o 36,240 o 37,100 - carica di esplosivo M.B.T. o M.N.D.T. o M.S.T. |
Granata da 149/35 inglese modificata |
di acciaio, peso kg. 41,450 o 42,800 - carica con tritolo o esplosivo M.S.T. |
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Granata da 149/35 originale inglese |
di acciaio, peso kg. 42,200 - carica di polvere M.S.T. o di tritolo o di liddite |
|
Granata di ghisa acciaiosa da 149/12-35 |
di ghisa acciaiosa, peso medio kg. 38,450 o 37,520 - carica di esplosivo M.A.T. o M.B.T. o M.N.D.T. o polvere nera e colofonia per il caricamento fumogeno |
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Granata da 149/35 Mod. 32 |
di acciaio, peso kg. 42,527 o 42,498 - carica di tritolo |
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Shrapnels da 149/12-35 |
di acciaio, peso kg. 42,350 o 43,000 - con pallette di piombo e antimonio |
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Granata a d.e. da 149/35 Mod. 32 |
di acciaio, peso kg. 45,117 - carica di tritolo |
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Celerità di tiro |
Normale |
1 colpo ogni 6 minuti |
Massima |
1 colpo ogni 2 minuti |
(1) Le cariche sono 3 per lo shrapnel per cannoni e obici da 149
NB i pesi delle single granate variavano in funzione dell'esplosivo di caricamento
Cannone da 149/35 A
Materiale di artiglieria per installazione fissa, in pozzo
Bocca da fuoco |
Ha la stessa costituzione interna della bocca da fuoco della specialità pesante. Esternamente è modificata (a culla) per l'adattamento alla speciale installazione. Ha il freno idraulico e ricuperatore a molle. Peso della bocca da fuoco: kg. 4160 |
Installazione |
Installazioni in pozzo tipo A; tipo A.M.; tipo G. Tutte le installazioni sono contenute in pozzi cilindrici, ricavati in gettata in calcestruzzo. Le installazioni tipo A. e tipo G. sono protette superiormente da una copertura in acciaio, ruotante su sfere sistemate sul ciglio del pozzo protetto a sua volta da una avancorazza di ghisa indurita emergente dal calcestruzzo. La copertura è collegata, elasticamente, alla testata anteriore dell'affusto. Le installazioni tipo A.M. sono protette, solo contro pallette di shrapnels e scheggie di granate, da una casamatta in lamiera di acciaio, collegata alla piattaforma dell'affusto. Le installazioni sono provviste di una cannoniera anteriore, e di uno (o due) finestre posteriori, con sportello manovrabile dall'interno. |
Munizionamento |
Quello del cannone da 149/35 |
Cannone da 149/35 S
Materiale di artiglieria per installazione corazzata
Bocca da fuoco |
Di acciaio. Congegno di chiusura a vitone cilindrico smussato (tipo Schneider) |
Installazione |
Installazioni in pozzo: L'affusto ad aloni è sistemato su una piattaforma (a tamburo) girevole sopra un rocchio centrale fisso al calcestruzzo. Una calotta di acciaio è girevole solidalmente con l'affusto e con il cannone, sopra una rotaia circolare assicurata essa pure al calcestruzzo e protetta da una avancorazza di ghisa affondata nella massicciata. L'insieme della installazione è contenuto in un pozzo ricavato in una massa di calcestruzzo, e vi sporge per la sola corazza che dà passaggio a mezzo di una cannoniera, alla volata del cannone. |
Dati numerici principali
Cannone |
||
Rigatura |
sinistrorsa costante righe: 48 |
|
Peso del cannone |
(con otturatore) kg. 3800 |
|
Meccanismo di sparo |
|
|
Affusto |
Altezza del ginocchiello |
mm. 1450 |
Settore orizzontale di tiro |
360° |
|
Sistema di puntamento |
Apparecchio di puntamento |
|
Munizionamento |
Quello del cannone da 149/35 |
Fonte
F. Grandi, "Dati sommari sulle artiglierie in servizio e sul tiro", Ed. fuori commercio, 1934.
F. Grandi, "Le armi e le artiglierie in servizio", Ed. fuori commercio, 1938.
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