Le armi
Obice da 75/13
Materiale di artiglieria leggera someggiabile e trainabile
Denominazione |
Obice da 75/13 |
Tipo |
Obice da montagna |
Nazione di origine |
Austria-Ungheria |
Nazione utilizzatrice |
Italia |
Produttore |
Skoda |
Bocca da fuoco |
Di acciaio, composta di tubo anima e manicotto di cerchiatura portante l’otturatore |
Congegno di chiusura |
A cuneo orizzontale parentesi verso destra (manovra rapida con leva di maneggio, manovella e biella). – Chiusura ermetica a bossolo metallico |
Affusto |
A coda unica, a scorrimento sulla sala per il puntamento in direzione; orecchioni arretrati e rinculo variabile; aumento di massa rinculante con slitta a minicotto. – Freno di sparo a manicotto rotante; ricuperatore a molla |
Origini e sviluppo
L'Impero Austriaco era
consapevole dell'importanza della sua frontiera meridionale, che era
dominata dalle Alpi, inoltre anche le frontiere meridionali (in particolare
la Bosnia) erano prevalentemente montuose come la buona parte dei Balcani;
quindi era necessario produrre artiglierie che fossero in grado di operare
in ambiente montuoso, quasi privo di strade, ma fornito prevalentemente di
mulattiere. Il pezzo da montagna allora in servizio, il 7 cm Gebirgsgeschütz
M. 99, era di progettazione obsoleta, ad affusto rigido. Date queste
premesse il pezzo doveva essere scomponibile in carichi di peso non
eccessivo per un mulo e, dal punto di vista balistico, doveva avere un
angolo di tiro quanto più elevato possibile, pur non arrivando ad essere un
mortaio. Il primo pezzo prodotto fu il 10 cm Vz. 10, ma, successivamente,
per aumentare la maneggevolezza, il calibro fu diminuito a 75 mm, producendo
il materiale da montagna 7,5 cm Vz. 13 , che ebbe un limitato successo di
esportazione. Del Vz. 13 furono utilizzati dall'Imperial-Regio Esercito solo
52 pezzi, sequestrati all'inizio della prima guerra mondiale, con la
denominazione M.14 tipo Cina. Intanto era stato progettato un pezzo simile,
ma scomponibile più facilmente, denominato 7,5 cm Vz. 15
La tecnica
La bocca da fuoco era realizzata per forzamento a caldo dell'anima alla
parete resistente, la culatta e l'alloggiamento per l'otturatore erano
ricavati nel tubo resistente. L'anima aveva una rigatura destrorsa a passo
costante. La slitta a manicotto era unita alla canna per aumentarne la massa
e quindi diminuire la velocità di rinculo. L'otturatore era a cuneo a
scorrimento orizzontale con estrattore a forchetta. Il dispositivo di sparo
era organizzato per la ripetizione, cioè bastava un solo movimento per
armamento e scatto del percussore.
L'affusto era a coda unica ed era fornito di uno scudo di 4 mm di spessore.
L'energia del rinculo era assorbita in massima parte dal freno idraulico ed
in parte minore dalla molla del recuperatore, la lunghezza del rinculo era
variabile in funzione dell'alzo del pezzo. Gli orecchioni erano in posizione
arretrata per permettere un maggiore angolo di tiro, con un ginocchiello di
80 cm, quindi erano necessari due equilibratori per compensare il
preponderante di volata. La testata dell'affusto supportava la culla tramite
due orecchioniere ed era fornita di due piastre per il collegamento alla
coda di due seggiolini per i serventi.
La regolazione della bocca da fuoco per quanto riguardava direzione e
inclinazione era ottenuta tramite appositi congegni presenti sulla testata,
per un elevato movimento in direzione dell'affusto, scorreva sull'assale,
facendo perno sulla punta del vomere, posto all'estremità della coda.
Il meccanismo di puntamento era a cannocchiale indipendente dal meccanismo
di alzo, integrato da un dispositivo di livello a bolla d'aria.
Il someggio era su sette carichi per altrettanti muli, il carico massimo era
di 106 kg (testata dell'affusto) ed il carico minimo di 100 kg (coda e
ruote), il peso di basto e bardatura dei muli sommava circa altri 45 kg al
carico dell'animale[3]. Le munizioni erano someggiate su apposite cassette
contenenti ciascuna tre colpi, con il proiettile tenuto separato dal bossolo
da una traversa. Il pezzo poteva anche essere trainato, su strade con
pendenza non troppo elevata, data la mancanza di un freno di via.
L'impiego nel Regio Esercito
Il Regio Esercito fin dal 1915
utilizzò sul fronte albanese un numero imprecisato di pezzi Skoda vz 13 75
mm, destinati originariamente al governo cinese, trasportati dal piroscafo
Bayern, internato a Napoli nel 1914 (cioè nel periodo di neutralità
dell'Italia) e successivamente sequestrato all'atto dell'ingresso in guerra.
Una volta constata l'efficienza del pezzo vz 15, ed avendone catturati
alcuni esemplari, lo Stato Maggiore ne decise la riproduzione dando una
commessa all'Ansaldo nel 1918, commessa che fu interrotta a causa della
conclusione della guerra.
Al termine della prima guerra mondiale furono recuperati 392 pezzi come
preda bellica mentre altri 268 pezzi completi e 55 bocche da fuoco furono
ceduti dall'Austria in conto riparazioni dei danni di guerra, questi pezzi
furono distribuiti alle batterie da montagna a partire dal 1920. Rispetto al
pezzo da 65/17, che era l'arma standard per l'artiglieria da montagna
italiana nel corso della Grande Guerra, questo pezzo presentava sensibili
vantaggi balistici (maggiore angolo di elevazione e possibilità di
utilizzare cariche di lancio multiple), ma aveva un peso superiore, che
richiedeva il someggio su 7 carichi, invece dei 5 del 65/17.
Nell'ambito del riordinamento dell'artiglieria italiana, avvenuto nel 1933,
si decise la riproduzione del pezzo, che aveva mostrato la sua utilità,
oltre che come artiglieria da montagna, anche come artiglieria da campagna.
Nel corso degli anni successivi, l'arsenale di Napoli produsse parti di
ricambio sia per gli affusti sia per le bocche da fuoco. Nel 1937 erano
disponibili per il Regio Esercito 840 pezzi, nel 1938 fu emessa una commessa
per altri 96 pezzi. Ancora nel 1941 lo stato maggiore del Regio Esercito
ipotizzava una commessa per 500 pezzi da passare all'industria italiana.
Alcuni di questi pezzi furono usati nelle casematte dei bunker del Vallo
Alpino.
Il pezzo venne utilizzato sia nella guerra di Spagna (una batteria) sia, in
quantità sensibilmente maggiori, nella guerra d'Abissinia. In questa guerra
ne furono schierati 252 sul fronte settentrionale e 42 in Somalia.
Fin dall'inizio degli anni trenta sia gli enti tecnici militari sia
l'industria italiana riconoscevano la sostanziale obsolescenza di questo
pezzo, tuttavia la progettazione di un nuovo modello per sostituirlo andava
molto a rilento, quindi, allo scoppio della seconda guerra mondiale, il
75/13 equipaggiava ancora sia le divisioni alpine sia le divisioni di
fanteria per le quali era previsto l'impiego in ambienti montuosi, per un
totale di 1167 pezzi, nonostante le perdite subite nel corso della guerra al
settembre 1942 la disponibilità era salita a 1213 pezzi. Considerando solo
le divisioni campali nel giugno del 1943 erano presenti nell'organico dei
reggimenti di artiglieria da campagna 46 gruppi da 75/13 (quindi circa 550
pezzi).
Il 75/13 venne utilizzato su tutti i fronti su cui operò il Regio Esercito,
eccettuata l'Africa settentrionale italiana, il maggior dispiegamento fu sul
fronte greco-albanese con 608 pezzi (aprile 1941). In AOI operarono 36 pezzi
in batterie inquadrate nelle formazioni da campagna e in formazioni
coloniali, che utilizzavano ascari come serventi. In Russia furono presenti
72 pezzi, inquadrati nei gruppi delle divisioni alpine (Julia, Tridentina e
Cuneense), nell'ambito delle operazioni di queste divisioni fu frequente
l'utilizzo del pezzo in funzione controcarri.
Un pezzo catturato fu portato e testato, con esiti positivi, all'Aberdeen
Proving Ground, dove rimase esposto per un certo tempo.
Dopo l'armistizio il pezzo rimase in servizio nella RSI e nel CIL. In
Albania una batteria di questi pezzi già del 41º Reggimento artiglieria
divisionale "Firenze" operò contro i tedeschi fino al loro ritiro da quel
teatro di operazioni. Invece i pezzi rimasti nell'Italia meridionale e nelle
isole (32 in Sardegna) furono utilizzati per equipaggiare il IV ed il V
Gruppo someggiato da 75/13 della 1ª e 2ª brigata del CIL alla fine
dell'estate 1944. Nell'Esercito Nazionale Repubblicano 36 pezzi furono
utilizzati dal 1º Reggimento artiglieria della Divisione Alpina Monterosa e
due batterie furono inquadrate nel gruppo Gran Sasso della Divisione
Littorio. Nella Decima furono utilizzati 12 pezzi (III gruppo San Giorgio) e
altri nel X gruppo speciale del raggruppamento Anti Partigiani, un'altra
batteria operò a Fiume e qualche sezione operò nei gruppi costieri[20]. Un
numero imprecisato di pezzi fu utilizzato dalla Wehrmacht e dalla 29.
Waffen-Grenadier Division der SS con la denominazione di 7,5 cm GebK 259(i)
(cannone italiano da montagna 259 da 75 mm).
L'impiego nell'Esercito Italiano
Terminate le ostilità i 203 pezzi sopravvissuti alla guerra furono
ricondizionati presso l'Arsenale di Torino. Successivamente, quando fu
ricostituito l'Esercito Italiano, furono rimessi in servizio nelle batterie
da montagna delle brigate alpine (Taurinense, Tridentina, Julia e
successivamente Orobica e Cadore), fino alla sua sostituzione con il 105/14
Mod 56, alla fine degli anni sessanta[20].
Munizionamento del 75/13 nel 1943
granata da 75 (370 g di tritolo, vo 354 m/s)
granata da 75 ad alta capacità (670 g di tritolo, vo 378 m/s)
granata 75/13 mod 32 (610 g di tritolo, vo 349 m/s)
shrapnel da 75 (216 pallette Ø 12,7 mm e 13,4 mm, vo 356 m/s)
granata perforante da 75 mod 32 a innesco posteriore (270 g di esplosivo, vo 350 m/s)
granata EP (a carica cava)
granata EPS mod 42 (vo 396 m/s)
granata a gas (lacrimogeno, vescicante, irritante)
granata fumogena
granata a grande capacità caricata a fosforo bianco
granata per scuola di tiro (fumogena)
Dati numerici principali
Obice |
Lunghezza totale |
mm. 1155 |
Rigatura |
(a passo costante destrorsa) righe 28 |
|
Peso del cannone |
(con otturatore) kg. 106 |
|
Affusto |
Altezza del ginocchiello |
mm. 706 |
Settore orizzontale di tiro |
7° |
|
Settore verticale di tiro |
-10° +50° |
|
Lungh. Totale del pezzo in batteria |
mm. 3570 |
|
Lunghezza di rinculo massima |
mm. 900 |
|
Carreggiata |
mm. 900 |
|
Diametro delle ruote |
mm. 800 |
|
Peso del pezzo in batteria (con scudi) |
Kg. - |
|
Velocità iniziale proietto |
m. 354 |
|
Gittata (massima) |
m. 6700 |
|
Someggio e traino |
Il pezzo da 75/13 è someggiabile, scomposto in 7 carichi: obice – testata – slitta – culla - coda e ruote – scudo d’affusto – scudi mobili Il pezzo da 75/13 è anche trainabile mediante timonella a stanghe. Le munizioni della batteria sono trasportate a soma. Ogni mulo porta 4 cassette, ciascuna delle quali contiene 3 colpi. Peso medio di carico: kg. 110 |
|
Composizione della batteria |
La batteria (someggiata)1 è com-posta di 4 obici e 2 mitragliarici |
|
Velocità oraria stradale |
Km. 4 In montagna: 350 m. di dislivello orario |
|
Profondità della colonna della batteria |
m. 265 |
|
Tempo della messa in batteria |
Pochi minuti |
|
Cariche di lancio |
n. 4 |
|
Munizionamento (dati al 1938) |
Granata da 75/13 Mod. 32 |
Di acciaio – peso del cartoccio granata kg. 6,331 – carica di tritolo fuso. |
Granata da 75/13 Mod. 32 a d.e. e G.G. |
Di acciaio – peso del cartoccio granata kg. 6,329 – carica di tritolo fuso |
|
Celerità di tiro |
Normale |
da 5 a 6 colpi al minuto |
Massima |
12 colpi al minuto |
1) la batteria da montagna è analoga. Però lo scaglione munizioni di batteria porta 120 colpi per pezzo
Fonte
F. Grandi, "Dati sommari sulle artiglierie in servizio e sul tiro", Ed. fuori commercio, 1934.
F. Grandi, "Le armi e le artiglierie in servizio", Ed. fuori commercio, 1938.
Wikipedia