La stampa mondiale e l'Italia nel conflitto italo-etiopico

 

 

 

 

 

 

Dall'adunata del 2 ottobre all'entrata delle nostre truppe in Addis Abeba

 

La gigantesca impresa dell'Italia in A. O. compiuta in soli sette mesi, contro ogni previsione dei critici militari di tutto il mondo, che portava alla conquista di un territorio vasto quasi quattro volte la nostra penisola, in gran parte inesplorato e irto di grandi difficoltà, questa guerra combattuta e vinta a molte migliàia di chilometri della Patria contro eserciti di guerrieri temerari e feroci, modernamente armati, mentre l'Italia era stretta nella morsa dell'assedio economico di cinquanta nazioni, è stata seguita con vivo crescente interesse in tutti i Paesi dell'estero, destando sentimenti alternati di ammirazione, di sorpresa e d'invidia, come si può rilevare consultando gli organi più diversi della stampa mondiale.
Perfino la stampa inglese — in gran parte a noi ostile — ha dovuto fare parecchi riconoscimenti : ha dovuto ammettere che la campagna coloniale italiana si è svolta con un ritmò sconosciuto alle campagne coloniali di altri paesi, che le nostre truppe erano animate da un ardore indomito, che i servizi logistici e i lavori stradali avevano del sorprendente. Soltanto
qualche organo, come il Manchester Guardian, sembrava non volersi arrendere alla realtà : per esempio, all'annuncio della occupazione di Gondar, non esitava a scrivere: «Gli italiani affermano di aver occupato Gondar, di avere combattuto l'imperatore e di essere entrati nell'Aussa: certamente si tratta soltanto di affermazioni italiane, molto probabilmente esagerate o anche false». Ma la verità si è fatta strada, certamente con grande disappunto del giornale antifascista inglese.
La stampa di oltreoceano, salvo qualche voce discorde, ha segnalato le azioni militari italiane con espressioni ammirative. La New York Herald Tribune, per nominare uno degli organi americani più importanti, riconosceva che le audacissime avanzate delle nostre truppe avevano del miracoloso. « Un giorno, quando si scriverà la storia di questa straordinaria spedizione militare — osservava — si sarà senza dubbio sorpresi, non tanto dal racconto del coraggio fisico e della bravura militare, quanto dallo spiegamento delle austere virtù romane degli italiani, che sono la determinazione e la perseveranza risoluta».
La Washington Post, esaminando i risultati ottenuti dalle vittorie italiane, rilevava cbe in meno di sette mesi, superando ostacoli formidabili, gli eserciti italiani, ave-
vano praticamente sottomesso un regno finora mai conquistato. Si noti che la Washington Post è considerata fra i giornali più teneri per la Lega.
Ma più che l'atteggiamento della stampa mondiale nei riguardi delle diverse fasi della nostra azione militare, è interessante esaminare l'atteggiamento degli organi dei Governi e dell'opinione pubblica dei di-vsrsi Paesi di fronte al provvedimento che, in omaggio all'articolo 16 del Covenant, han creduto di prendere cinquanta nazioni contro l'Italia, rea di difendere i suoi interessi e di realizzare le sue legittime aspirazioni.
Le sanzioni economiche e finanziarie hanno diviso là stampa mondiale in due tendenze, in due settori, in due partiti: sanzionisti e antisanzionisti.
Poiché il provvedimento delle sanzioni contro l'Italia ha finito col danneggiare gli interessi di molti paesi sanzionisti, si può dire che in quasi tutti i paesi che hanno aderito alle sanzioni si sono manifestate correnti di stampa antisanzioniste.
E' noto che l'Austria, l'Ungheria e l'Albania hanno rifiutato di associarsi alle sanzioni. La stampa di questi paesi naturalmente ha criticato severamente il provvedimento ginevrino e ha esaltato il contegno dell'Italia tutta tesa a difendere la sua economia assediata.
La stampa austriaca e quella ungherese, rilevava l'appassionato sdegno degli italiani contro le sanzioni e l'ammirabile spinto di sacrificio con cui l'Italia sopportava l'assedio economico: «Voler umiliare l'Italia — esse affermavano — significherebbe colpire il cuore d'Europa: del resto non vi è da contare su un indietreggia-mento del Governo fascista».
Significativi gli articoli dei giornali jugo-slavi denuncianti il disastro economico che anche per la Jugoslavia le sanzioni rappresentavano.
La stampa germanica è tutta favorevole all'Italia. «Il Fascismo lotta per il suo diritto all'esistenza — notava la Deutsche Zukunft — e la Lega si è mostrata uno strumento delle Potenze occidentali contro il fascismo». «II popolo italiano è il meno accessibile all'odio — soggiungeva il Ber-liner Tageblatt — e le sue manifestazioni sono soltanto la sensibilità dell'onore e del diritto violati. L'indignazione per l'assedio economico, si è trasformato nella volontà di resistere ad ogni costo ». Secondo la Kol-nische Zeitung, « le sanzioni da una parte aggravano il conflitto e dall'altra accelerano la soluzione a causa degl'inevitabili danni che procureranno ai paesi sanzionisti». Il berlinese Angriff, giornale nazista, ha fatto compiere un viaggio in Italia da una «redazione volante», la quale in una serie di corrispondenze ha constatato il saldo spirito del nostro Paese.
In Svizzera, il fatto di ospitare la Società delle Nazioni non impedisce a molti giornali di biasimare la Lega e di constatare, come la Gazette de Lausanne, che essa ha perduto il suo credito perché l'idealità che essa rappresentava si è trasformata in una realtà meno soddisfacente. Le sanzioni colpiscono il sentimento della solidarietà europea. Contrari alle sanzioni si manifestarono il Courrier de Genève, la Neue Ziircher Zeitung e altri. Il Journal de Genève non ha aspettato la fine della guerra per prevedere che l'edificio delle sanzioni sarebbe miseramente crollato. Si era detto che i paesi più danneggiati dall'applicazione delle sanzioni avrebbero ricevuto dei compensi. Invece nessun compenso è stato mai concesso. La Tribune de Lausanne aveva preveduto che i giorni dell'impero del Negus erano contati. «Soltanto un miracolo — aggiungeva — poteva salvarlo, e non l'Inghilterra che si vuoi prendere l'incarico di compierlo».
La stampa polacca ha accenni entusiastici all'indirizzo del Duce. In politica internazionale la coraggiosa spedizione africana voluta da Mussolini ha stroncato l'inconsistente ideologia ginevrina e le vittorie del Maresciallo Badoglio equivalgono alla completa disfatta delle varie internazionali, le quali, in combutta con l'Inghilterra, stoltamente ritenevano di poter rovesciare il fascismo. Il Kurijer Polski, l'organo della grande industria polacca, esaminando le sanzioni nello sfondo dei rapporti economici italo-polacchi, osservava che la Polonia non rinunciava ai suoi obblighi a carattere internazionale, ma non poteva altresì rinunciare alla difesa dei propri interessi. «La Polonia non ha alcun interesse per rinunciare alla propria amicizia con l'Italia, come non può in alcun modo esporre a rischi di sorta la propria esportazione che deve già superare non poche difficoltà».
La stampa dei Paesi dell'Europa Centrale segnalò i gravi inconvenienti derivanti dall'applicazione delle sanzioni, non soltanto per la 'perdita del mercato italiano, ma anche per la perdita del credito che questi paesi godevano in Italia.
Ma un particolare interesse riveste l'at-teggiamento dei giornali della Gran Bretagna, la quale da Londra e da Ginevra ha capeggiato il movimento sanzionista. Anche in Inghilterra il giornalismo era diviso in due campi: sanzionista e antisanzionista. La pattuglia di punta sanzionista era rappresentata dal laburista Daily Herald, dal Manchester Guardian, dal News Cronicle e da altri giornali di marca antifascista, nonché da alcuni organi conservatori come il Daily Telegraph, i quali accentuarono il loro atteggiamento ostile agli interessi italiani quando Anthony Eden, da semplice ministro leghista divenne ministro degli esteri e unico dominatore del Foreign Office per le dimissioni di Sir Samuel Hoare, in seguito al siluramento del progetto di conciliazione Hoare-Laval.
Ad alcuni di questi giornali le notizie ormai non più mascherabili delle strepitose vittorie italiane facevano l'effetto che al toro fa il panno rosso. Essi si scagliavano con ridicoli furori contro l'Italia, sostenendo che essa compieva un'opera scellerata e diabolica, se la prendevano anche contro i membri della Lega accusandoli di vigliaccheria perché non avevano il coraggio di torcere il collo all'Italia e incitavano i governi sanzionisti a mettere il nostro Paese al bando del consesso europeo e a prendere contro di esso le più gravi misure.
Il Daily Herald era irritatissimo per il passo compiuto a Roma dall'Ambasciatore britannico recatosi a conferire con Mussolini e anche per il contegno di Lavai. « A ogni nuova occasione Lavai scava nuove trappole per rendere vani gli sforzi delle sanzioni che cercano di mettere in moto la macchina della Lega ». Strano il contegno dei laburisti e socialisti inglesi, di questi « pompieri incendiari », i quali, pur dichiarandosi strenui fattori della pace, propugnavano misure che avrebbero condotto diritto alla guerra, come misure militari e la chiusura del canale di Suez.
Consapevole dei pericoli che questo atteggiamento poteva rappresentare, il Times — pur attaccato al Foreign Office e al Colonial Office — manteneva un linguaggio riservato. Rilevava la decisione dell'Italia a resistere ad oltranza all'assedio economico e al suo proposito di procedere a misure di rappresaglia. «L'Italia farà il possibile — avvertiva il giornale —-per riorganizzare il suo commercio con gli Stati antisanzionisti e mantenere queste relazioni commerciali anche quando sarà terminata la vertenza etiopica. Essa inoltre aumenterà i suoi sforzi per una economia nazionale autonoma riducendo le importazioni superflue dall'estero». Il Times perdette il consueto stile riservato quando gli parve che col l'occupazione di Gondar, fossero minacciati gli interessi inglesi al lago Tana.
Il Daily Mail e gli altri organi di Lord Rothermere conducevano una campagna accanita contro la «follia sanzionista». Sempre apertamente favorevole per l'Italia l'Observer con gli articoli di Garvin ed altri collaboratori. Degna di menzione la rivista The Round 'fobie, dagli articoli sempre anonimi, dal linguaggio freddo e austero, che si rivolge specialmente ai diplomatici, ai funzionali coloniali e agli uomini politici inglesi. Leggendo questa rivista si penetra qualche po' nella coulisse della politica estera britannica. Ebbene: fino dal primo inizio delle sanzioni questa rivista giudicava l'atteggiamento del Governo inglese come nuovo, inatteso e grave di conseguenze se esso non avesse rettificato i suoi punti di vista.
La stampa francese, eccetto gli organi del cartellismo, della massoneria e del socialcomunismo (Oeuvre, Quotidien, Ere nouvelle, Populaire, Humanité, ecc.) si è fatta interprete dello stato d'animo della enorme maggioranza del popolo francese. Non soltanto nel campo militare, ma anche in quello economico, i giornali equilibrati di tendenza media vedevano e denunciavano nell'applicazione delle sanzioni un pericolo di guerra. A un certo punto, quando di fronte al fermo contegno dell'Italia, si minacciava l'embargo sul petrolio, la stampa francese, delusa e irritata contro il contegno dei sanzionisti di Francia e di oltre Manica, intraprese una campagna vivacemente antisanzionista e antisocietaria. Parigi si rivolse di nuovo all'amicizia italiana, riconoscendo in essa la garanzia vera e unica non soltanto del fronte da ricostituirsi contro la minaccia tedesca, ma di quella pace europea le cui fondamenta sono state minate dall'assurda e iniqua politica ginevrina. A questa campagna prende parte il Temps, il magno organo del Quai d'Orsay, il quale, pur con uno stile cauteloso, si oppone a un inasprimento delle sanzioni e si leva contro la possibilità di misure succettibili a condurre a disastrose conseguenze.
Questo atteggiamento della maggioranza della stampa francese, in gran parte insofferente delle sanzioni e preoccupata per le sorti dell'amicizia con l'Italia, non subì notevoli mutamenti per i cambiamenti nei titolari al Governo francese avvenuti nel giro di pochi mesi, durante il conflitto ita-io-etiopico. Il gabinetto Sarraut-Flandin non si differenziò molto da quello del gabinetto Lavai; durante la campagna elettorale che condusse al potere Leon Blum, gli stessi organi del fronte popolare moderarono la loro virulenza nella campagna contro 1 Italia.
A proposito dell'embargo sul petrolio, gli Stati e i giornali sanzionisti d'Europa seguivano con fiduciosa speranza l'atteggiamento dell'America. Pressioni e propaganda vennero disposte per indurre la Casa Bianca a uscire dalla neutralità. Ma il realismo degli uomini di Stato americani prevalse. Essi non si prestarono al gioco di Ginevra, che avrebbe potuto coinvolgere l'America in una pericolosa avventura. Il Congresso, respingendo il progetto Mr. Reynold per la riforma della legge della neutralità, riaffermò rigidamente la sua politica isolazionista. E' stato questo uno scacco per la politica societaria, ma una fortuna per le sorti dei due continenti. Rappresentò una grande delusione specialmente per il capo dei laburisti inglesi, il maggiore Attlee, il quale, non soltanto nei giornali di Londra ma anche in quelli affini di Parigi, andava gridando che soltanto l'embargo sul petrolio avrebbe indotto l'Italia a por fine alla guerra con l'Etiopia.
Quale l'atteggiamento dei giornali americani nella questione delle sanzioni e specialmente in quella dell'embargo? Sostenitori della tesi leghista si manifestarono la Washington Posi, il New York Times, il Christian Science Monitor; la tesi contraria fu sostenuta dalla New York Herald Tribune, dalla Chicago Tribune e da altri autorevoli giornali i quali proclamavano che la volontà del popolo americano era di mantenersi estraneo al conflitto e criticavano coloro che avrebbero voluto trasformare la legge sulla neutralità in una collaborazione con la Lega ginevrina, a beneficio dell'Inghilterra e dell'Etiopia.
I giornali dell'America del Sud e dell'America latina, nella quale svolgono la loro attività numerose importanti collettività italiane, segnalarono gli inconvenienti economici e politici derivanti dalla applicazione delle sanzioni contro l'Italia. A capo di essi, entusiasta per l'Italia, il Correlo Paulistano, il quotidiano- di San Paolo del Brasile. Non mancarono giornali che, per l'occasione, sfogarono il loro antifascismo. Ma vi fu anche qualche giornale
appartenente a partiti estremi che mostrò di riconoscere le ragioni dell'Italia. Per esempio, la Libertad, organo del partito socialista indipendente di Buenos Ayres, dopo aver messo in rilievo che la politica degli alleati aveva favorito lo sviluppo delle tendenze ultranazionaliste nei popoli vinti, riconobbe come particolarmente degno di considerazione il caso dell'Italia, la quale appariva come una nazione vinta nel tempo stesso in cui celebrava la vittoria a fianco delle sue alleate della vigilia.
Mentre i giornali di tutto il mondo si sbizzarrivano in commenti dei comunicati del nostro Ministero per la Stampa e Propaganda e battagliavano prò e contro le sanzioni e per la validità o meno degli accordi navali nel Mediterraneo, ecco l'annuncio del trionfale arrivo delle nostre truppe nella capitale dell'Etiopia.
«Il Maresciallo Badoglio mi telegrafa: Oggi 5 maggio, alle ore 16, alla testa delle truppe vittoriose sono entrato in Addis Abeba».
Questo l'annuncio dato dal Duce al popolo dell'Urbe radunato a piazza Venezia la sera del 5 maggio.
A questo annuncio seguiva, il 9 maggio, l'annuncio della riapparizione dell'Impero sui colli fatali di Roma.
Nel terzo e ultimo articolo segnaleremo le ripercussioni che gli storici eventi, determinati dalle vittorie delle nostre armi in A. O., hanno avuto nell'opinione pubblica dell'estero e nella stampa mondiale.



 

 

GIOBIA