La fine delle sanzioni
L'iniziativa Abbiamo considerato nel fascicolo IX come
il tentativo di conciliazione messo in atto per iniziativa francese con le
proposte Hoare-Laval sia rapidamente caduto per il rifiuto del Negus e per
l'opposizione dell'opinione pubblica internazionale e particolarmente
inglese, insorta contro quello che si voleva raffigurare come un premio
concesso all'Italia considerata sempre come aggressore. Quel negoziato
diplomatico ebbe tuttavia come ripercussione immediata una sosta momentanea
nell'azione intrapresa dai più accesi sostenitori del sanzionismo ginevrino.
Ricordiamo come le proposte Hoare-Laval vennero presentate in un momento in
cui da varie parti si chiedeva insistentemente di estendere l'embargo già
stabilito su vari prodotti-chiave, comprendendovi il petrolio, il ferro,
l'acciaio e altri metalli. Il tentativo di conciliazione, per quanto
soffocato, testimoniava tuttavia come persistessero delle forti correnti in
favore di una soluzione pacifica e come l'edificio dell'umanità raggiunta
nelle deliberazioni di Ginevra non fosse ancora sufficientemente
consolidato. La proposta del nuovo embargo venne quindi rinviata ad una
ulteriore data, ritenendosi intanto opportuno esaminare quale fosse
l'atteggiamento sostanziale dei vari Stati nell'applicazione delle sanzioni
già adottate e scandagliare attentamente le correnti dell'opinione pubblica
mondiale, onde non compromettere con un'azione affrettata i risultati già
acquisiti dalla coalizione societaria. Sembrava d'altra parte, molto
importante attendere di conoscere quale sarebbe stato l'atteggiamento degli
Stati Uniti del Nord-America, la cui legge dì neutralità avrebbe dovuto
essere riesaminata in quel torno di tempo. Si giudicava che per rendere
efficace un'even-
tuale embargo sul petrolio e sulle altre materie prime fosse indispensabile
che gli Stati Uniti, che hanno una produzione molto importante di tali
prodotti, si associassero, sia pure per diverse considerazioni, alla linea
di condotta adottata dalla Lega. In realtà una corrente molto notevole
dell'opinione pubblica americana reclamava da tempo delle misure più estese
nei riguardi dei belligeranti, misure che con il divieto di rifornimento di
materie prime, avrebbero mirato a tenere quanto più possibile estranea ad
ogni conflitto la Confederazione nord-americana. Tale corrente che trovava
negli ambienti di governo il favore di uomini responsabili, faceva sperare
ai sanzionisti che. in sede dì revisione della legge sulla neutralità, il
Congresso americano giungesse a comprendere fra i prodotti da sottoporre a
embargo in caso di conflitto anche le materie prime che, come il petrolio e
i metalli, ancora non figuravano nei provvedimenti votati dalla Lega contro
l'Italia.
Ma non sfuggiva invece a molti uomini politici nord-americani e alla gran
massa di quel popolo il pericolo che votando un allargamento della legge
sulla neutralità si sarebbe giunti a identificare nelle sue conseguenze la
politica nord-americana con quella della Lega. E ciò anziché allontanare i
pericoli di complicazioni, li avrebbe sicuramente avvicinati minacciando di
trascinare la Confederazione verso avvenimenti suscettibili di violarne la
neutralità.
Tale corrente, fedele del resto alla tradizione politica prevalente nel Nord
America dalla mancata ratifica dei Trattati dì Pace in poi. di mantenersi
estranea alla Lega delle Nazioni, ebbe la prevalenza nelle discussioni
svoltesi poi al Congresso, talché la vecchia legge sulla neutralità venne
approvata nel febbraio 1936 senza sensibili né sostanziali modificazioni.
Venne cosi a mancare ai fautori più accaniti di un rincrudimento del
sanzioniamo uno dei fattori di maggiore importanza morale, oltreché un
elemento giustamente essenziale di ordine materiale per un'efficace
applicazione delle proposte nuove sanzioni.
Altri elementi, che vanno tenuti presenti per rendersi conto della
sospensiva che si verifica nell'azione sanzionista nei mesi di gennaio e
febbraio, sono da ricercarsi: o) nella convinzione che l'applicazione
integrale delle sanzioni già votate fosse per sortire in breve termine un
effetto decisivo di arresto delle possibilità offensive dell'Italia,
attraverso un rapido depauperamento delle sue finanze per l'esodo di oro
necessario al rifornimento delle materie prime indispensabili; b) nella
quasi certezza, fondata sui giudizi dei più ispirati o cosidetti seri
esperti militari stranieri che le operazoni militari italiane in Etiopia si
sarebbero arrestate dinanzi alle insormontabili difficoltà dell'impresa —
l'apparente ristagno delle operazioni militari nei mesi di gennaio e
febbraio sembrava quasi confermarlo — e che comunque nella migliore delle
ipotesi non avrebbero certo potuto essere portate a termine se non in un
minimo di due o tre anni.
Ma se queste -erano le convinzioni e i più o meno palesi argomenti di
sicurezza e di baldanza degli ambienti politici ginevrini, nondimeno la
macchina burocratica societaria, rappresentata dal Comitato di Coordinamento
per l'applicazione delle sanzioni, non intendeva desistere a lungo dal
portare a compimento, attraverso l'ingranaggio dei suoi voti delle sue
numerose sedute e delle incoscienti proposte, la nefasta sua attività
sanzionista.
Del resto tutta la cronistoria di questo periodo societario deve
necessariamente mettere in evidenza come sovente l'opinione pubblica abbia
per parte sua influito sulle deliberazioni dei Congressi ginevrini e come
d'altra parte le procedure dei Comitati societari abbiano ben sovente
forzato la mano ai vari governi e oltrepassato nel superincanto delle
iniziative societarie lo spirito stesso dei proponenti.
Nel mese di marzo in una delle periodiche sedute del Comitato di
Coordinamento tornava all'ordine del giorno la questione delle nuove misure
da adottare contro l'Italia e benché i più considerassero tali misure come
un atto di pura follia, vi era da pensare anche che, per l'insipienza
colposa e per la irresponsabilità politica dei Delegati tecnici, qualche
tendenza oltranzista potesse nuovamente affermarsi, mettendo a repentaglio
la pace che sussisteva ancora per esclusivo merito dell'Italia, che aveva
sempre cercato di circoscrivere il conflitto.
La Francia si assunse in tale circostanza di ricordare al Comitato come il
fallimento del tentativo di conciliazione del dicembre non dispensasse la
Lega dal rinnovare a tre mesi di distanza quei tentativi che nello spirito
del Patto erano altrettanto necessari quanto l'applicazione delle misure
repressive. La proposta francese, che si tradusse poi in un invito ai
belligeranti ad avviare trattative di pace, faceva rinviare nuovamente
dall'ordine del giorno del Comitato di Coordinamento la questione delle
sanzioni sul petrolio. Frattanto la situazione politica europea era lungi da
potersi considerare scevra di preoccupazioni e avvenimenti di grande portata
maturavano nel Continente, in conseguenza della denuncia tedesca del
Trattato di Locamo e della conseguente rimilitarizzazione del Reno. Il
riserbo dell'Italia di fronte a tali avvenimenti, riserbo impostole
dall'attitudine della Lega nei suoi confronti, non poteva non indurre le
Potenze interessate allo Statuto -di Locamo, a riflettere quanto fosse
urgente poter contare sulla collaborazione di una Italia amica o quanto meno
non ostile.
In questo clima internazionale si staglia il prevalere della nostra
travolgente azione militare in Etiopia, che dopo le battaglie dell'Endertà.
dello Scirè e del Tembien e la sosta del mese di marzo durante le trattative
avviate in seguito alla proposta francese di negoziati di pace, riprendeva
la sua marcia vittoriosa nel mese di aprile sconfiggendo il Negus al Lago
Ascianghi, invadendo e occupando le provincie più importanti dell'Etiopia,
spazzando ogni traccia di resistenza, incontrando anzi ovunque il favore
delle popolazioni liberate e giungendo nel cuore dell'Impero ad Addis Abeba
il 5 maggio.
Le vittorie militari, come sono state elemento decisivo della situazione
politica interna dell'Impero, sono state altresì l'elemento risolutivo
inequivocabile della situazione politica internazionale, così come si è
sempre verificato da che la Storia considera il divenire dei popoli.
Vittorie militari e successo politico tenacemente agognati e conquistati per
virtù e passione del nostro popolo, infervorato ed entusiasta per la grande
impresa voluta dal Duce ma assolutamente inattesa in tutto il mondo. Ond'è
che quel senso di sicuro e facile ottimismo societario e ginevrino nella
riuscita della azione sanzionista veniva a perdere improvvisamente ogni base
di calcolo, ogni punto di riferimento e qualsiasi speranza nella sua
politica utopistica nei nostri confronti.
I memorabili discorsi del Duce del 5 maggio sulla cessazione delle ostilità
e del 9 maggio sull'annessione dell'Etiopia e la proclamazione dell'Impero,
annunziarono al mondo quale fosse la soluzione definitiva e totalitaria che
l'Italia vittoriosa intendeva dare al conflitto.
Nella riunione del Comitato della Lega dell'll maggio, venendo la questione
etiopica all'ordine del giorno, il Delegato italiano Barone Aloisi
abbandonava Ginevra perché si era consentito che un pseudo rappresentante
etiopico dell'ex-Negus continuasse ancora ad essere ammesso alle sedute del
Consiglio. I lavori ginevrini di quella sessione si concludevano in una
risoluzione che, constatando le gravi iniziative prese dal Governo italiano
e riconoscendo la necessità di lasciar tempo ai membri del Consiglio di
esaminare la nuova situazione, rinviava ogni deliberazione al 15 giugno,
Grande smarrimento ed incertezza continuano a regnare nell'opinione pubblica
internazionale durante il periodo che va dal maggio alle metà di giugno. Ma
mentre i governi non si pronunciano, si fanno ovunque più forti le voci di
coloro che riconoscono fallita pienamente la politica di errori seguita a
Ginevra, ingiuste e dannose le misure adottate contro di noi, che non hanno
neppure più una base giuridica nel Covenant. Si afferma ormai apertamente il
concetto che le sanzioni sono previste dal Patto con un compito preventivo
della guerra, mentre la guerra è ora finita e non si sa quindi a quale scopo
esse possano esser mantenute. Probabilmente esse danneggiano più i
sanzionisti che il sanzionato, che ha dimostrato di poter bastare a sé
stesso e di avviarsi verso una completa autarchia economica. Si diffonde
insomma la sensazione che è necessario uscire dalla assurda situazione
diplomatica creata dalla politica ginevrina nei confronti di una grande
Nazione, piena di prestigio, forte nelle armi e nel diritto, senza di cui
non è possibile costruire alcunché di durevole in questa Europa travagliata.
Ma non è agevole. Non è sopratutto possibile uscirne con dei compromessi che
l'Italia non ammette perché contrari ai principii e alla realtà per cui si è
battuta a viso aperto. Occorre una soluzione netta e lineare : l'abolizione
delle sanzioni, il riconoscimento ufficiale dell'errore, il rinnega-mento
non tanto dei principii societari quanto della bestiale loro applicazione al
caso etiopico, cioè di tutta l'azione ginevrina dall'inizio del conflitto.
Chi si assumerà il compito di prendere l'iniziativa chiarificatrice? Il Cile
fa a Ginevra una proposta per l'abolizione delle sanzioni, ma essa non trova
ancora un terreno favorevole. E' tuttavia un passo, ma occorre che una delle
maggiori potenze continentali si pronunci. La Francia sarebbe la più
indicata: i suoi uomini politici hanno spiegato sempre un'attività
conciliatrice, gran parte del paese ha condannato le sanzioni, l'interesse
politico dovrebbe portarla a compiere un passo che le concili le simpatie
dell'Italia: ma il nuovo Governo del fronte popolare si lascia sfuggire
un'occasione preziosa e dichiara non esser disposto a prender nessuna
iniziativa né prò né contro le sanzioni.
E' invece Flnghilterra che dopo la dura esperienza degli errori commessi in
tutta la questione etiopica, avrà finalmente la sensazione realistica del da
farsi.
Non è il consiglio della Lega che dovrà prendere una decisione perché
l'Assemblea viene convocata su richiesta dell'Argentina, per il 30 giugno.
Questa iniziativa argentina è una delle ultime manovre di carattere
societario : la discussione riaperta a tutti i membri della Lega può servire
a molte cose, anche all'abolizione delle sanzioni se tutti vi consentono, ma
si può prestare altresì a manifestazioni inopportune, a nuove condanne di
principio, ad affermazioni di non riconoscimento dell'annessione
dell'Etiopia, a deplorazioni ed altro. Sono però gli ultimi aneliti di una
esaltazione collettiva che la realtà sta piegando.
Tocca all'Inghilterra, responsabile di aver suscitato questa esaltazione
societaria, il compito di diradare l'atmosfera della Lega riconoscendo
apertamente il fallimento dell'esperimento. Vi è a ciò incoraggiata dalle
dichiarazioni che il Duce fa al principio di giugno in due sensazionali
interviste di stampa a Ward Price e Gordon Lennox : l'Italia è soddisfatta
avendo risolto il problema
coloniale — essa è pronta a collaborare al risanamento dell'Europa se cessa
l'ingiustizia ginevrina.
La parola è all'Inghilterra. E Eden che ha capitanato il sanzio-nismo la
prende coraggiosamente : le sue dichiarazioni ai Comuni a metà giugno sono
un'anticipazione dell'atteggiamento che il suo paese prenderà a Ginevra
dinanzi l'Assemblea: — la guerra è finita, l'Etiopia ha cessato di esistere
come stato, i pochi predoni che rimangono nell'ovest etiopico non
rappresentano nessun governo, le sanzioni non hanno più ragione d'essere.
Nelle schiere dei sanzionisti ad oltranza queste dichiarazioni vengono
accolte con puritano orrore. Protesteranno ancora, indi-srnati del
tradimento, i piccoli stati nordici che erano stati mobilitati all'attacco
sanzionista e che ora dovranno ripiegare senza esser neppur consultati. Ma
nessuno si fa più soverchie illusioni: è la fine. Rapida, come lo sfacelo
dell'Impero etiopico dinanzi ai nostri legionari.
L'Italia non presenzia alle sedute dell'Assemblea e riconferma il suo
riserbo fintante che non cesseranno tutte le misure decretate a suo carico.
A nulla serve la presenza dell'ex-Negus a Ginevra, se non a metter a
confronto l'imperatore fuggiasco e incendiario, strumento della manovra
societaria, con i responsabili dell'aberrazione ginevrina.
L'Assemblea si apre il 30 giugno e vien data subito lettura della nota che
riassume il punto di vista del governo italiano. E' un documento
fondamentale con cui l'Italia prende posizione : rifa brevemente la storia
delle operazioni e delle condizioni in cui l'Etiopia si è venuta a trovare
dopo la fuga del Negus, afferma il dovere e il diritto del nostro paese a
portare in Etiopia l'ordine e il progresso, vivamente desiderati dalle
popolazioni che si sono sottomesse plebiscitariamente, assume l'impegno
solenne di assicurare la pace, la giustizia e la sicurezza nel paese,
dichiara di votarsi a tale impresa inspirandosi ai principi del Patto. Sarà
per l'Italia un titolo d'onore d'informare la Società dei progressi
realizzati nell'opera di civilizzazione dell'Etiopia.
All'ex Negus, che è presente, vien data la parola, ed egli pronuncia in
amarico una lunga omelia che cade nel silenzio. Poi è la volta di vari
delegati, tra cui solo quello del Sud Africa chiede il mantenimento delle
sanzioni mentre quello dell'Australia ne dimostra l'inutilità. I delegati
della Svizzera, Lituania, Olanda, Cile, Svezia ed altri riconoscono che le
sanzioni hanno finito di esistere. I discorsi si succedono nei giorni 2 e 3
luglio e il 4 viene messa a votazione una deliberazione con la quale —
constatando come diverse circostanze hanno impedito l'applicazione del
Patto, ai cui principi tuttavia rimane fedelmente attaccata, l'Assemblea
emette il voto che il Comitato di Coordinamento faccia tute le proposte
utili per metter fine alle misure prese in esecuzione dall'ari. 16. Dei 49
presenti, 44 l'approvano, 4 si astengono, 1 (l'Etiopia) è contrario.
Non è ancora finito il calvario della Lega, perché Nasibù chiede che si voti
su due sue proposte di risoluzione: la prima secondo cui l'Assemblea
proclama di non riconoscere alcuna annessione ottenuta con le armi — la
seconda per raccomandare ai Governi di garantire un prestito all'ex Negus di
10 milioni di sterline!
La procedura usata contro di noi viene ora impiegata contro la prima
proposta di Nasibù. Se tutti i Membri tacciono si intenderà respinta e così
avviene infatti. La seconda richiesta, quella del prestito, vien messa ai
voti : dei 49 votanti, 23 rispondono no, 25 si astengono, e uno (Nasibù)
l'approva.
Il Comitato di Coordinamento riunitesi poco dopo fissa la cessazione delle
sanzioni al 15 luglio.
Sugli spalti del sanzionismo si alza infine la bandiera bianca.
A. C.